di Gian Filippo Pizzo
[Quella che pubblichiamo è l’introduzione a AA. VV., Il prezzo del futuro, a cura di Vittorio Catani e Gian Filippo Pizzo, La Ponga edizioni, 2015, € 16,90).
Non ha avuto molta fortuna il termine “fantaeconomia”, usato per indicare un sottogenere della fantascienza (come fantapolitica, fantastoria, fantabiologia, eccetera). In effetti lo si ritrova più spesso negli articoli sui quotidiani, per confutare le tesi economiche espresse da qualche ministro esperto in “finanza creativa” o da altri uomini politici. Il motivo di ciò è banale: la fantaeconomia è un argomento molto ma molto marginale rispetto alla massa della produzione fantascientifica. Passa quindi inosservato, anche perché le ipotesi immaginarie sull’economia del nostro futuro si trovano spesso all’interno del genere utopico o di quello sociale, e l’attenzione dell’autore e dei lettori si concentra di più su altri aspetti quali la struttura politica, la morale, l’organizzazione della società. Inoltre, come vedremo, molta produzione classificata come fantaeconomia è in realtà più vicina alla satira politica da una parte e alla narrativa di spionaggio dall’altra, piuttosto che alla fantascienza.
L’espressione “fantaeconomia” ha comunque una origine ben precisa: fu coniata nella seconda metà degli anni Settanta per etichettare un romanzo di un certo successo, I soldi in Paradiso (Rizzoli 1976). L’autore di questo libro era presentato come “Anonimo” (si saprà più tardi che si trattava del giornalista fiorentino del “Corriere della Sera” Gianfranco Piazzesi) e aveva avuto pochi anni prima un enorme successo con un altro romanzo satirico, Berlinguer e il Professore (Rizzoli 1974), che fu classificato di fantapolitica perché raccontava come in Italia si sarebbe arrivati al “compromesso storico” tra il segretario del Partito Comunista e quello della Democrazia Cristiana Amintore Fanfani (il “Professore” del titolo). I soldi in Paradiso aveva come protagonista il presidente della FIAT Gianni Agnelli e metteva alla berlina gli intrecci politico-finanziari della maggiore industria italiana.
Questo filone narrativo ebbe in quegli anni un certo successo e altri libri furono definiti con la stessa etichetta. Per esempio Greggio e pericoloso (Mondadori 1976) di Roberto Vacca, che prendeva spunto dalla coeva crisi petrolifera e cercava di immaginare come i paesi industrializzati avrebbero potuto condizionare quelli produttori di petrolio in modo da avere sempre la disponibilità dell’“oro nero” a prezzi ragionevoli (come dimostra la storia recentissima, il problema è senza soluzione). Se questo romanzo, come dicevamo sopra, è maggiormente vicino alla spy-story che alla fantascienza, è più fantascientifico il successivo, dello stesso Vacca: La suprema Pokazuka (Sugar 1980), che raccontava la “vera” storia della Rivoluzione Russa d’Ottobre, spiegando come un paese quale l’Unione Sovietica restasse povero nonostante la grande disponibilità di risorse naturali, mentre un paese privo di risorse come la Svizzera fosse ricchissimo. Roberto Vacca è noto come futurologo e il suo approccio, più che squisitamente economico, è globale, basato sulla storia e sull’analisi del presente in tutti i campi: ciò nulla toglie alla validità dei suoi romanzi, sempre scorrevoli e appassionanti.
Ancora in quegli anni, un certo successo mondiale lo ottenne anche Paul Erdman, un economista di professione che aveva ben presente lo scenario che doveva considerare. Il suo romanzo Il crack del ’79 (Rizzoli 1976) prendeva sempre spunto dalla crisi petrolifera degli anni Settanta e si proiettava solo di un triennio avanti nel tempo per mostrare i risultati catastrofici di quella crisi. Per fortuna gli scrittori dell’immaginario non sono profeti, ma si limitano a speculare sulla realtà contemporanea soprattutto a scopo didattico: cioè per mettere in guardia l’umanità dal proseguire secondo una certa tendenza. Erdman ha continuato in tal senso la sua attività narrativa e nel corso degli anni ci ha dato altri romanzi, speculativi ma sempre basati su premesse concrete: Gli ultimi giorni dell’America (Rizzoli) nel 1981, Il panico dell’89 (Mondadori, 1986), che è una specie di remake letterario del primo romanzo, e Zero coupon nel 1992. Quest’ultimo sarebbe arrivato in Italia solo nel 2003, pubblicato non a caso da “Il Sole 24 ore” (nella collana di gialli edita dal nostro maggiore quotidiano finanziario, a ulteriore dimostrazione del fatto che la fantaeconomia è meno fantascientifica di quanto si possa credere). Sulla stessa linea si muove un romanzo più recente, Il gioco estremo, di Adriano Casassa (Fanucci 2008), che ben mostra le relazioni internazionali tra economia, finanza, gioco politico, servizi segreti, gruppi terroristici, governi corrotti e nazionalità in rivolta; come Erdman, anche Casassa è un economista di professione (anche se ha abbandonato l’attività finanziaria per gestire un ristorante a Barcellona) che conosce la materia di cui parla, pur se trasformata dalla finzione narrativa.
Abbiamo parlato finora di scrittori che non sono specialisti della science fiction: questi ultimi in genere non hanno dato molta enfasi all’aspetto economico. Nei romanzi e nei film vediamo i personaggi pagare regolarmente con carte di credito (anzi, l’unità monetaria si chiama spesso “credit”) o con altri sistemi ancora più futuristici (a volte basta comunicare verbalmente il proprio nome al robot o al computer di turno, perché l’importo relativo al pagamento venga scalato dal conto corrente, come succede in molte opere di Philip Dick), ma non ci viene spiegato come il reddito venga prodotto, come la ricchezza sia ridistribuita, quale sia l’incidenza delle tasse, insomma tutte le piccole questioni che assillano noi cittadini. C’è qualche eccezione, marginale e per nulla significativa: per esempio nel romanzo La società Amaranto di Jack Vance (Editrice Nord) i pagamenti avvengono con gettoni colorati, e ogni colore consente di pagare certi prodotti e non altri (chissà perché, la social card istituita qualche anno fa dal nostro Governo ci ha ricordato questa idea). In genere si tratta di particolari inseriti nel testo solo per arricchire la narrazione con dettagli curiosi o folkloristici (come nel caso citato), ma non c’è nessuna vera spiegazione di come l’economia sia organizzata nel mondo futuro descritto dai fantascrittori.
Tra le eccezioni più rilevanti ci sono sicuramente alcune opere di Robert Sheckley e del duo Pohl & Kornbluth, anche se il loro lavoro non è direttamente sull’economia ma su alcuni suoi aspetti, quali la pubblicità, il consumismo, il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori, la mercificazione, il potere dei media, e quindi gioca più sul “sociale”. In ogni caso, se pur vecchie di almeno mezzo secolo, queste opere conservano una loro vitalità e la loro lettura può ancora oggi essere illuminante per comprendere come il potere economico possa condizionare le masse. In particolare segnaliamo, i romanzi I mercanti dello spazio e Gladiatore in legge, del duo Pohl-Kornbluth, e i racconti “Le ragioni di Rafferty” e “Buon compleanno caro Gesù”, oltre a Il morbo di Mida e Il tunnel sotto il mondo del solo Frederik Pohl; e “Il costo della vita” di Robert Sheckley. Da ricordare anche “Il boom delle bovine” di Damon Knight e “Pioggia di stringhe” di Lloyd Biggle jr., entrambe molto ironiche. Queste opere sono apparse quasi tutte negli anni Cinquanta sulla rivista “Galaxy”, rimasta famosa per ospitare storie dal taglio satirico e estremamente critiche nei riguardi della società, ivi compreso quindi l’aspetto economico. Nella fantascienza degli ultimi tempi, talora viene sfiorato – ma non più di tanto – il tema dell’economia o della finanza, e d’altronde oggi non è più possibile ignorarlo. Accade per esempio in alcune storie di autori emersi più di recente, quali Greg Egan o Charles Stross.
La principale eccezione è costituita da Mack Reynolds, uno scrittore spesso non particolarmente profondo, ma in grado di costruire narrazioni ben architettate e piacevolissime da leggere, che a volte si elevano sopra lo standard, rivelandosi impegnate e valide. Autore molto prolifico, aveva iniziato la sua carriera come giornalista economico ed era membro attivo del Partito Socialista Americano, quindi le sue storie avevano sempre un sottofondo sociale progressista con particolare riguardo all’aspetto economico. Aspetti che, sebbene presenti in svariate opere (i romanzi Vacanze a Satellite City, Genoa-Texcoco: zero a zero, Le comuni del 2000, Ed Egli maledisse lo scandalo, considerato il suo capolavoro) trovano la migliore espressione nei racconti Interesse composto (come arricchirsi con gli interessi viaggiando nel tempo!) e soprattutto La congiuntura, quest’ultimo ampliato a romanzo con il titolo Effetto valanga, ripubblicato poi da Delosbooks, e addirittura ampiamente citato da Milena Gabanelli in una puntata della trasmissione televisiva di RaiTre “Report” (novembre 2011) basata sull’attuale crisi. Riassumiamo in poche parole la trama del romanzo: nell’America ultraconsumistica dell’immediato futuro (grosso modo ai tempi nostri, visto che la prima stesura del racconto è del 1968) Marvin Sellers si rende conto che non può pagare le rate del nuovo frigorifero che ha ordinato: quello vecchio funziona benissimo, e non c’è motivo reale di cambiarlo con uno più moderno. Lo rimanda quindi indietro, ma ciò costringe il proprietario del negozio di elettrodomestici – che a sua volta non naviga in buone acque – a rinunciare all’acquisto della terza automobile; a sua volta il concessionario auto decide di fare a meno di una nuova casa, e questo provoca il licenziamento di alcuni dipendenti della società edile… Si innesca quindi un “effetto domino” che nel giro di pochi mesi arriva a mettere in ginocchio l’economia americana e poi a rischio quella mondiale. Un meccanismo, in sostanza, simile a quello delle “bolle speculative” di cui ormai ben sappiamo. Nel finale, il problema verrà risolto in modo brillante ma paradossale tramite lo stesso Marvin Sellers.
Per l’economia reale non sarà così semplice…
Poscritto
Tra la stesura di questa introduzione e la pubblicazione della relativa antologia è passato del tempo e nel frattempo sono apparsi un paio di libri che avrei potuto citare (se mi fosse venuto in mente di rivederla).
Uno è Crisis, a cura di Alberto Cola e Francesco Troccoli (Edizioni della Vigna, 2013), l’altro Terra promessa, a cura del sottoscritto (Tabula fati, 2014); in entrambi sono presenti alcuni degli autori che appaiono anche ne Il prezzo del futuro. Nessuno dei due, per la verità, ha il taglio ampio di quest’ultima, che vorrebbe affrontare nel complesso il tema dell’economia futura, ma non è colpa nostra se l’economia è in questi anni un elemento molto negativo e dunque i racconti siano molto problematici! Crisis, come denunciato dal titolo, si occupa della crisi che stiamo vivendo, dovuta all’immigrazione, alle politiche sociali, alla globalizzazione, e ovviamente anche all’economia (che poi è il motore di tutto) quindi una citazione ci sta. Terra promessa, che come sottotiolo recita Racconti di fantadecrescita, affronta un problema particolare dell’economia con importanti risvolti nel campo dell’ecologia, dell’ambiente e della qualità della vita – aspetti questi che sono in primo piano nelle tesi degli autori – cioè quello della “decrescita felice” teorizzata tra gli altri da Serge Latouche, e anche qui pur essendo il tema economico più secondario (ma, ripeto, è questo all’origine di tutto il resto) la citazione è doverosa.