di Simone Scaffidi L.
Il tempo della poesia privata per inguaribili egoromantici non è mai cominciato. La poesia, da che tempo è tempo, si legge a voce alta e in pubblico: nelle piazze, in montagna, negli spazi sociali e agli animali. La poesia tramanda storie, non è amore e sentimento silenzioso, o meglio è anche amore e sentimento silenzioso, ma non solo quello, è le storie che racconta e che il lettore, sia esso l’autore o meno, rende sue.
Poeta orale e cantastorie Simone Torino ha il culo ben saldo sulla strada. La sua opera si sviluppa dalla prospettiva orizzontale della terra e si contraddistingue per un linguaggio chiaro e diretto, semplice all’ascolto e alla lettura, ma complesso nell’elaborazione. Un linguaggio che per sua struttura e incisività sembra ricordare alle lettrici e ai lettori che le parole sono importanti per tutti: grandi e piccini, oppressi e oppressori, allevatori, farmaciste, assistenti sessuali e poeti. «Tutti gli usi della parola a tutti. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo» annotava Rodari nella sua Grammatica della fantasia. La parola come liberazione dall’apnea che ti coglie in appartamento, dalla rabbia che sale quando l’ultima oliva sguiscia dal piatto, dagli stereotipi e dai suicidi non tollerati.
La parola in Simone Torino vive più che mai di silenzi e pause, frenate e ripartenze, in un amplesso necessario che risalta la complessità dei significati. Alcune delle sue poesie sono raccolte in Tempopermettendo (End Edizioni 2013), un testo che cammina al di fuori delle pagine del libro grazie all’ostinazione alla lettura dell’autore, la cui voce e fisicità fungono da megafono ai suoi testi e a una teatralità originale. Vincitore del Murazzi Poetry Slam 2013 e finalista all’International Poetry Slam 2013 di Trieste, Simone Torino nell’arte del reading si attesta una spanna sopra il ben più celebre Guido Catalano.
Poesie, reading ma anche un romanzo: L’anno delle B (End Edizioni 2012). Titolo più che mai appropriato perché in Valle d’Aosta funziona così, c’è l’anno delle A: Adelaide, Alice, Adelina, Aurelia, Anna, Augusta, Angela. E c’è l’anno che viene dopo, quello in cui le vacche le devi chiamare con la lettera B per ricordarti che son nate in quell’anno lì e non l’anno prima. In quest’opera Simone Torino srotola dalla lingua di un allevatore valdostano e della sua mucca Bianca una storia divertente dove il ritmo della narrazione, foraggiato da un linguaggio ironico e a tratti frenetico incalza il lettore e si afferma come uno degli elementi marcanti del testo. I pensieri scorrono veloci sulla pagina e nella testa di Ugo – l’allevatore protagonista e narratore di questa storia – nel tentativo di darsi un ordine e una consequenzialità. Non ci riescono quasi mai, eppure l’anarchia del pensiero semplice è una forza creativa in continuo divenire, generatrice di umanità e di significati mai banali.
L’incedere lento dell’Ape guidata da Ugo per le inerpicate stradine di frazioni alpine sconosciute entra solo in superficie in contraddizione con la corsa dei pensieri a cui si è sottoposti durante la lettura. L’autore, guardando negli occhi il lettore, sembra invitarlo a pensare forte e osservare piano, senza lasciarsi fuggire le imperfezioni del mondo, siano queste incastrate tra le pieghe di una grassa farmacista o tra le macerie di un’alluvione.
L’ironia, componente essenziale della narrativa dell’autore – in questo romanzo come nelle poesie – si manifesta in maniera seria e mai seriosa, assumendosi con grande leggerezza la responsabilità di decostruire lo stereotipo di un ambiente alpino idilliaco e l’immagine del montanaro ignorante e conservatore. In questo modo l’autore, non cadendo mai in paternalistici moralismi o in rassicuranti elogi del ritorno alla natura, restituisce complessità e dignità a un territorio e alla gente che lo abita.
Poesie, reading, un romanzo ma anche racconti, alcuni pubblicati su riviste letterarie cartacee, altri su riviste online. E poi due brevi reportage che sono diventati ebook: Quando mucche e capre se le danno di santa ragione e Revolution. L’amore è un casino per tutti (entrambi Zandegù 2013). Nel primo l’autore descrive l’esotica quanto pittoresca pratica diffusa in Valle d’Aosta, Canton Vallese e Alta Savoia di far combattere tra loro mucche incinte contro mucche incinte – e capre contro capre – in un’arena popolarmente denominata vaccodromo. Non è fantascienza, ma se non ci credete per riportarvi alla realtà sappiate che esiste anche la Champions League della Bataille de Reines (Battaglia delle Regine in patois) dove le migliori reines, ovvero vacche gravide, si sfidano a cornate per vincere il titolo europeo. Considerate inoltre che la Rai Valle d’Aosta trasmette per tutta la giornata la diretta dei combattimenti.
Revolution. L’amore è un casino per tutti è invece un esercizio di pause e silenzi, di empatia senza compassione, e di ascolto. Il gioco qui si fa più complicato che nei precedenti lavori di Simone Torino. Si parla di assistenza sessuale ai disabili e di prostituzione, due facce che i benpensanti vorrebbero far coincidere in un unico volto che ha i lineamenti del giudizio e del pregiudizio. Si parla anche di OSS, una delle figure professionali più in voga tra i giovani e le giovani precarie italiane. Ma soprattutto a parlare – intervistato dall’autore – è Maximiliano Ulivieri, bolognese affetto da distrofia muscolare che si batte da anni per l’introduzione anche in Italia dell’assistenza sessuale ai disabili (in Germania, Svizzera, Olanda e Danimarca la figura professionale dell’assistete sessuale ai disabili esiste già) e fondatore del sito LoveAbility.it. Il risultato è una breve ma tagliente introduzione alla complessità del tema affrontato, che Torino e Ulivieri sanno benissimo di non poter sviscerare in toto in poche pagine, riconoscendo peraltro tutti limiti di un approccio prettamente maschile all’argomento.
L’uscita di un audiolibro scritto e letto da Simone Torino non è al momento in previsione. Il consiglio è dunque di trovare l’occasione per gustarvelo dal vivo, a tu per tu con i suoi racconti e i suoi deliri poetici, oppure – per i più pigri – saggiare il peso dei suoi scritti. Non ne rimarrete delusi.