di Martina Oliviero
È passato un anno dalla riappropriazione dei territori appartenenti alla comunità nahua di Santa María Ostula, situata all’interno del municipio di Aquila, nella zona costiera dello stato di Michoacán, Messico. Nel febbraio del 2014, infatti, grazie al ritorno di un piccolo gruppo di persone che erano state obbligate a lasciare la propria terra natale, e grazie alla decisione di queste ultime di organizzarsi per poter rientrare in possesso delle terre che il crimine organizzato aveva loro strappato, ha avuto inizio la riconquista della comunità di Ostula e dei piccoli villaggi che la circondano, come La Ticla e Xayacalan. Questi stessi territori, in realtà, vennero recuperati nel giugno del 2009, ma è solamente da un anno che si può parlare di “autonomia” ed “autogestione” delle zone in questione. Negli anni ’60 la parte della comunità chiamata Xayacalan, ovvero l’incantevole territorio costiero estremamente ricco e fertile che si estende ad ovest di Ostula, venne sottratta con l’inganno ai territori comunitari e venduto a sei privati.
Il narco-cartello dei Templarios e le risorse
Nel 2009, a seguito del Comunicato per il Diritto all’Autodifesa emanato dal Congreso Naciónal Indigena (CNI), durante la sua venticinquesima Assemblea Nazionale, e del Manifesto di Ostula, firmato dalle comunità indigene di differenti stati della Repubblica Messicana, ebbe inizio la riconquista di Xayacalan. Il 26 giugno 2009 i suoi territori tornarono ad essere ejidos, termine che indica la proprietà comunitaria del terreno, prevista dalla Costituzione Messicana. Venne dato il via alla costruzione di una cinquantina di abitazioni, assegnate a famiglie di Ostula, ed in breve tempo circa duecento persone s’instaurarono presso Xayacalan. Ma gli anni che seguirono furono tutt’altro che sereni per la comunità. A partire dal 2010, in particolare, il cartello dei Templari, ovvero l’organizzazione criminale che attualmente controlla gran parte dello stato di Michoacán, tentò di imporre il proprio dominio sulla zona, estendendo l’immenso potere di cui già godeva in altre aree vicine.
I Cavalieri Templari nacquero nel 2009 a seguito della scissione avvenuta all’interno del cartello che precedentemente governava la zona, ovvero la Familia Michoacana. A partire da questo momento la creazione di gruppi paramilitari e l’aperta collaborazione con il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), cioè il partito che ha governato per oltre settant’anni il Paese e che dal 2012 è tornato al potere, nonché con tutti i maggiori partiti istituzionali, spianarono il cammino da un lato all’organizzazione di narcotrafficanti e dall’altro al partito stesso, che riuscì a riappropriarsi del governo di uno stato storicamente legato al Partito della Rivoluzione Democratica (PRD).
Il Michoacán è uno stato estremamente fertile e grazie alla presenza di zone montuose e pianeggianti, di climi temperati e tropicali si presta alle più svariate produzioni agricole. È inoltre un territorio ricco anche dal punto di vista della produzione di legname e delle risorse minerarie. Si tratta, in particolare, di giacimenti di ferro, argento, zinco e oro che da anni attirano centinaia di investitori e sfruttatori stranieri nonché le attenzioni del crimine organizzato della zona. Circa il 23% del ferro estratto nell’intera Repubblica proviene da questi giacimenti e le concessioni minerarie sono in continua e spaventosa crescita. Non risulta difficile intuire gli immensi interessi economici che ruotano attorno a tutto ciò e comprendere quindi il tentativo dei Templari di allungare le mani sul municipio di Ostula e sulla strategica zona costiera limitrofa. Quest’ultima, in particolare, rappresenta uno snodo nevralgico per il trasporto di stupefacenti già dagli anni ’90.
Santa María Ostula: la comunità assediata si organizza
I successivi quattro anni vennero ripetutamente macchiati dal sangue innocente dei membri della comunità di Santa María Ostula, colpendo, senza distinzione, adulti e bambini. Ben trentadue persone, in gran parte leader della comunità, persero la vita in questo breve lasso di tempo; di altre sei non si hanno notizie. Le torture e gli omicidi commessi rimasero per anni impuniti, data la spudorata indifferenza con cui i vari apparati statali reagirono. Molti furono obbligati a lasciare le proprie case e a trasferirsi in altre zone della Repubblica per poter garantire sicurezza alle proprie famiglie, per sfuggire alle imposizioni del crimine organizzato e per non essere più costretti a vivere in un clima di terrore, in cui non è facile distinguere gli amici dai nemici ed in cui lo stesso vicino di casa poteva, da un momento all’altro, trasformarsi nel proprio assassino. Ostula si trasforma in breve tempo in un covo di Templari e solamente cinque famiglie continuano a vivere presso Xayacalan.
Ma nel febbraio del 2014, grazie anche alla graduale crescita di altre organizzazioni per l’autodifesa dei territori e alla nascita di diversi gruppi di polizia comunitaria in altre zone dello stato di Michoacán, alcuni esiliati decidono di far ritorno alle proprie terre e di organizzarsi per riconquistare ciò che spettava loro. Grazie all’aiuto e alla collaborazione delle forze di autodefensa dei vicini municipi di Coalcomán, Cohuayana e Chinicuila, riuscirono a riappropriarsi di Ostula e delle aree costiere, quali Xayacalan e La Ticla. In breve tempo vennero pubblicamente individuati ed allontanati coloro che avevano collaborato con il crimine organizzato e partecipato ai delitti: il 29 novembre 2014 l’Assemblea Comunale Permanente di Santa María Ostula divulgò una lettera in cui comparivano i nomi completi di chi aveva preso parte all’organizzazione dei Templari e ai crimini da questi commessi. A seguito di questa identificazione, i soggetti vennero cacciati con la forza ed ebbe inizio il lungo e tortuoso processo di riorganizzazione della comunità.
È la prima volta che i Templari si trovano a dover affrontare una situazione di questo tipo: un fronte forte e compatto non disposto a compromessi, bensì pronto alla lotta. In quest’ultimo anno la comunità ha lavorato duro per riconquistare la propria normalità, la propria routine. Si tratta di un percorso lungo e difficile, che tutt’ora attraversa una fase estremamente delicata e sensibile: la completa riorganizzazione di un sistema sociale e politico non è cosa da poco. Lentamente le famiglie hanno fatto ritorno a Xayacalan e attualmente sono circa trecentoventi le persone che la abitano.
Le loro vite si dividono tra il tentativo di ricominciare, tra la quotidianità che l’agricoltura richiede e la protezione armata delle terre duramente riconquistate. Alle forze di polizia comunitaria di ogni villaggio appartenente alla comunità spetta, inoltre, la responsabilità di coprire un turno di ventiquattro ore presso il posto di blocco recentemente istituito proprio all’ingresso di Xayacalan, ovvero dove ha inizio il territorio comunitario, sino alla completa rotazione tra i vari centri abitati. Lo scopo della creazione di questo check-point è controllare gli spostamenti attraverso l’area comunitaria e garantirne la sicurezza. Sono frequenti le perquisizioni agli automezzi che lo attraversano, ma il tutto viene svolto nella maniera più rispettosa possibile, diversamente da ciò che accade nei vicini posti di blocco presidiati da esercito e polizia federale in cui la sensazione di insicurezza e pericolo imminente sono costanti.
Inevitabilmente le armi hanno giocato e tutt’ora svolgono un ruolo importante, in quanto unico mezzo di difesa diretta contro un’organizzazione criminale equipaggiata militarmente e che gode dell’appoggio di paramilitari e forze armate regolarmente riconosciute. Anche nell’ultimo anno non sono mancati gli episodi di violenza delle forze nemiche contro gli abitanti delle zone liberate: il 14 dicembre 2014 un gruppo di Templari, apertamente appoggiato dal PRI, e collegato all’omicidio di Don Trino, leader comunitario che venne torturato e ucciso il 6 dicembre 2011, organizzò un’imboscata contro il comandante della polizia comunitaria di Ostula, Semeí Verdía, con l’intento di eliminarlo. Fortunatamente colpirono il furgone sbagliato e, nel rendersi conto dell’errore, decisero di risparmiare la vita ai malcapitati.
La lucha va a seguir
Nonostante i molti obiettivi raggiunti il cammino verso una normalità è ancora lungo. Per celebrare questo primo anno di riconquista dei territori, il 22 febbraio 2015 la comunità ha deciso di riunirsi presso il centro di Ostula. Dopo un primo ritrovo presso l’auditorium, accompagnato da un breve discorso introduttivo e da un pranzetto realizzato grazie alla collaborazione dei partecipanti, i membri delle forze di autodifesa e della polizia comunitaria, assieme agli abitanti provenienti dai diversi villaggi della comunità e alle forze comunitarie appartenenti ad altri municipi, giunte per i festeggiamenti, si sono diretti in processione verso la chiesa di Ostula per assistere alla celebrazione delle messa.
Tutto sembrava andare per il verso giusto. L’entusiasmo e l’orgoglio generale erano palpabili. Ma in un mondo in cui niente è bianco o nero ed in cui la corruzione dilaga, l’attenzione dei soliti approfittatori viene continuamente richiamata, a maggior ragione in momenti di delicata incertezza come questo. In Messico, come nella maggior parte dei paesi del mondo, i grandi partiti istituzionali, da sempre, applicano il “divide et impera” come regola fondamentale ed è proprio nelle situazioni di seppur minima instabilità che questi individuano l’occasione dalla quale è possibile trarre vantaggio.
La “sorpresa”
La serenità con cui il tutto si stava svolgendo viene improvvisamente interrotta dall’arrivo di furgoni dell’esercito, della polizia federale e della forza di sicurezza pubblica di Tancitaro, un controverso gruppo armato nato come forza paramilitare ma attualmente riconosciuto dal governo messicano. Questi mezzi, carichi di individui con tanto di passamontagna, non sono altro che la scorta che accompagna le automobili su cui viaggia Luisa María Calderón Hinojosa, detta Cocoa, ex-deputata ed ex-senatrice del Partito di Azione Nazionale (PAN, di destra), candidata governatrice alle prossime elezioni federali e sorella dell’ex-presidente della Repubblica Felipe Calderón, ovvero l’ideatore della cosiddetta “guerra al narco” che ebbe inizio nel 2006 e le cui conseguenze furono ben diverse e decisamente più drammatiche di quanto inizialmente propagandato.
La gran parte dei partecipanti all’evento assolutamente non si aspettava quest’ospite a sorpresa e quando quest’ultima viene invitata sul palco dell’auditorium per prendere la parola alcuni presenti decidono di non salire su quello stesso palco e di lasciare la sala, rifiutando qualunque contatto con la politica istituzionale. Ma se María Calderón si trova lì, in quel momento, è perché le è stato permesso arrivarci, perché qualche membro della comunità le ha aperto la strada verso questo mondo che tutti pensavano non volesse avere niente a che fare con le solite facce corrotte. Il tutto si conclude in un clima ben diverso da quello con cui l’evento aveva avuto inizio, tra la perplessità di molti e la rabbia di altri.
Immagino non sia facile mantenere una rigida coerenza in casi come questo, in cui gli interessi in gioco sono molti e l’insicurezza e la violenza hanno spesso la meglio. Ma nella comunità di Ostula centinaia di persone hanno lottato duramente, per anni, perdendo lungo il cammino amici e parenti, e l’atteggiamento collettivo che fino ad ora era stato mantenuto penso dovrebbe tradursi nel rispetto di chi ha sacrificato tanto. Gli eventi recenti non significano la vanificazione di ogni sforzo né la vittoria della corruzione. Si tratta però di qualcosa che può portare a cambi radicali all’interno di Santa María Ostula e nel futuro della comunità.