di Alexik
[A questo link il capitolo precedente.]
Prosperare sul disastro abitativo
Promuovere e organizzare il disastro abitativo su larga scala non è un’impresa per dilettanti. Nell’esperienza storica italiana ci sono voluti vari decenni di politiche mirate e una notevole determinazione per arrivare al risultato.
C’è voluto il saccheggio dei fondi Gescal, quelli detratti per decenni dalle buste paga dei dipendenti per costruire alloggi destinati ai lavoratori, e deviati dalle loro finalità per tamponare il buco del deficit pubblico o per altre voci varie ed eventuali (il disavanzo della RAI, il sostegno a San Patrignano, l’arredo urbano per il G7 di Napoli, ecc. ecc.). Una stima del ’96 valutava che su £ 200.000 miliardi di fondi Gescal, di 50.000 non si trovasse più traccia né si capisse dove fossero finiti. Un mare di soldi sottratti anno dopo anno alla costruzione di case popolari, e quelli che ancora non sono spariti risultano tuttora inutilizzati per un miliardo di euro1.
Tanta coerenza nella pratica dell’obiettivo a lungo andare ha pagato: l’Italia è riuscita a collocarsi agli ultimi posti in Europa per quantità di abitazioni sociali in % sul patrimonio abitativo, una quantità decurtata ultimamente dalla messa a mercato di migliaia di alloggi di proprietà degli enti previdenziali.
Rispetto alla tendenza nazionale Roma non fa eccezione, dato che la percentuale di case a canone sociale o agevolato raggiunge nella capitale il 4,3 %, contro il 26 % di Londra, il 16,8 % di Parigi e il 12,7 % di Berlino2. Un ottimo risultato per i beneficiari di rendite immobiliari, visto che l’edilizia pubblica popolare ha il pessimo difetto di esercitare sugli affitti privati un effetto calmiere.
Il beneficio però non sarebbe stato colto appieno se negli anni ‘90 non fossero intervenuti prima il governo Amato (1992) e poi quello D’Alema (1998) per distruggere definitivamente la legge sull’equo canone. Nei cinque anni successivi alla sua abrogazione gli affitti romani salirono del 85,2 %, innescando oltretutto una reazione a catena. Visto che ormai la pigione eguagliava la rata del mutuo, chi se lo poteva permettere si orientò verso l’acquisto dei quattro muri, e l’aumento della domanda delle famiglie contribuì a spingere al rialzo anche il prezzo del metro quadro.
Ma non ne fu l’unica responsabile. La distruzione dell’equo canone aveva dato infatti la stura alle speculazioni, accellerando un processo di finanziarizzazione che poneva i patrimoni immobiliari in mano a società emettitrici di titoli, la cui redditività poteva essere ottenuta solo spingendo sempre più sulla crescita dei canoni e dei prezzi delle case. Il risultato su Roma fu di un aumento del 83,9 %3, dal 1999 al 2004, del costo del mq.
Ovviamente chi non poteva più permettersi né l’affitto né il mutuo era fuori, con un ritmo medio degli sfratti eseguiti nella capitale di oltre 2500 famiglie l’anno4. Decine di migliaia di persone che sono andate – e vanno tuttora – ad aggiungersi ad altre migliaia che al mercato degli affitti non hanno mai avuto nemmeno accesso.
Non erano per loro, infatti, le decine di milioni di metri cubi di nuove edificazioni piovute sulla città sotto le giunte Rutelli, Veltroni e Alemanno, che trasformarono Roma in un’immensa fiera dell’edilizia ad uso e consumo di quelli che, in definitiva sono i suoi veri padroni: Caltagirone, Toti, Parnasi, Scarpellini, Bonifaci, Rebecchini, Mezzaroma, Pulcini e tutti gli altri allegri colleghi dell’Acer (Associazione dei costruttori edili di Roma e provincia).
Milioni di metri cubi (70 nel PRG di Veltroni del 2008, senza contare le deroghe) che hanno assaltato l’agro romano coprendolo con nuovi quartieri dormitorio grandi come città, o “densificato” zone di Roma rendendone la vivibilità un delirio. Una devastazione del tutto legale, ovviamente … ché ai palazzinari la legalità è stata ritagliata addosso come un abito di sartoria, tramite i condoni o attraverso una serie di artifici creativi (compensazioni, accordi di programma, ambiti di riserva) tali da consentire deroghe massive ai piani regolatori.
Tralasciando le numerose lottizzazioni minori, si è trattato, ai tempi di Rutelli di due milioni e settecentomila mc a Bufalotta a favore di Toti, Caltagirone e Parnasi; un milione e 900 mila mc a Tor Marancia (sul parco dell’Appia Antica) per la gioia di Mezzaroma; un milione e centomila mc a Ponte di Nona e un altro milione e duecentomila a Tor Pagnotta, entrambi a beneficio di Caltagirone. Con Veltroni si sbloccarono per Scarpellini un milione e centotrentamila mc alla Romanina, mentre con Alemanno arrivarono centosettantamila mc per Rebecchini a Palmarola e duecentodiecimila mc di diritti edificatori per l’Amministrazione del patrimonio della sede Apostolica5.
Milioni di metri cubi che rappresentano per gli abitanti della città un’immensa rapina di spazio, aria, verde, suolo, tempi di vita. Una nuova spinta centrifuga verso e oltre (molto oltre) il raccordo anulare, l’ultimo capitolo di un processo di espulsione ai margini della città non solo dei lavoratori e del sottoproletariato urbano ma anche di strati sempre più consistenti del ceto medio. Al centro, la Grande bellezza è un monopolio per ricchi, una cartolina per turisti, un teatro per speculazioni di lusso.
Le nuove cubature fruttano ai re del cemento centinaia di milioni di euro di guadagni netti, con volumi di affari tali da far sembrare i business di Carminati & C briciole per poveracci. Hanno una funzione “sociale” decisamente diversa rispetto alla soluzione dell’emergenza abitativa, visto che sono off limit per migliaia di persone che non se le possono permettere.
Chi vive in emergenza abitativa può tutt’al più aspirare a pochi metri quadri in un residence di un’estrema periferia, di proprietà di qualche palazzinaro, gestito da una cooperativa e pagato con cifre esorbitanti dal Comune.
Per chi ha già vissuto la violenza dello sfratto o dello sgombero, il residence è l’ultimo approdo, l’ultimo insulto. Dovrebbe essere un semplice luogo di transito verso la casa popolare, ma visto che non ci sono nuove case popolari la sistemazione provvisoria diventa definitiva.
Eppure la politica dei residence avrebbe dovuto concludersi già con Rutelli, dopo che la città ne aveva sperimentato per anni gli esiti fallimentari. Con la delibera n. 163/98 sembrava avviata all’estinzione, e tale indirizzo pareva confermato dalla giunta Veltroni, che nel suo “Piano Regolatore Sociale” del 2004 affermava: “I residence avrebbero dovuto garantire una permanenza di emergenza, per un massimo di tre mesi. Date le gravi carenze alloggiative, invece, più generazioni si sono trovate a vivere in quelli che sono diventati veri e propri ghetti, a causa della composizione sociale omogenea e di un assistenzialismo passivo e deresponsabilizzante”.
La giunta Veltroni riuscì a smentire se stessa l’anno dopo, con la pubblicazione di un primo bando di gara per l’apertura di 10 nuovi centri di assistenza abitativa temporanea (CAAT) e 3 strutture per richiedenti asilo . In residence, ovviamente, o in strutture riaccatastate come tali in seguito a fantasiosi cambi di destinazione d’uso (dopo essere state classificate come negozi, opifici, magazzini, discoteca, casa di cura). Il tutto, compreso di portierato, pulizia e manutenzioni, al modico prezzo (complessivo) di circa 24 milioni di euro di affitto annui. Un affarone per le proprietà degli stabili, felici di piazzare monolocali a ridosso del raccordo anulare allo stesso prezzo di un appartamento ai Parioli.
Fra gli aggiudicatari di tanta manna troviamo tutta gente degna. Alcuni sono vecchi nomi dell’edilizia romana, come gli Armellini, memorabili per l’erezione di un palazzo di nove piani completamento abusivo a Tor Marancia, oltre che per la costruzione delle traballanti “case di ricotta” di Ostia, e per aver recentemente omesso al fisco la proprietà di 1243 appartamenti6.
Ci sono poi i Pulcini, imprenditori vicini a Carminati, artefici di 283.000 metri cubi di abitazioni di lusso abusive ad Acilia, poi sanate dall’interpretazione “estensiva” del concetto di condono da parte degli uffici tecnici della giunta Veltroni7. Due Pulcini sono finiti ultimamente agli arresti a causa di una maximazzetta al deputato Pd Marco Di Stefano per l’affitto di due palazzi alla Regione Lazio8.
E c’è l’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, forte di una notevole esperienza in tema di appalti pubblici, dato che già alla fine degli anni ’90 il suo consorzio di cooperative La Cascina (attivo anche nella ristorazione) si era distinto per aver somministrato a scuole ed ospedali baresi “cibi scaduti, putrefatti o con alta carica batterica”, per essersi aggiudicato appalti con la frode9, e per l’infezione da salmonella di 182 bambini nelle mense scolastiche romane (scuole Besso e Bertolotti).10 Chissà, forse Veltroni sperava che gli risolvesse il problema dei profughi e dei senza casa sterminandoli col catering. O forse non gli era indifferente il fatto che l’Arciconfraternita fosse diretta emanazione di Ruini, all’epoca ancora presidente della CEI. (Continua)
Giovanni Laccabò, Incostituzionali i fondi Gescal, L’Unità, 28 aprile 1994. Giulio Cesare Filippi, Fondi Gescal. Una variabile dipendente, La Repubblica, 19 febbraio 1996. Fondi Gescal: Cobas inquilini, non rintracciabili 50.000 mld, AdnKronos, 27 maggio 1998. Fondi ex-Gescal, tutte le risorse ancora in cassa, Regione per Regione, Il Sole 24 Ore, Edilizia e Territorio, 17 maggio 2013. ↩
P. Bendini, D. Nalbone, Le mani sulla città, Alegre, 2011. ↩
Elaborazione dati Istat: aumento degli affitti e dei prezzi delle case negli anni 1999-2004. ↩
Fonti: Unione Inquilini e Ministero dell’Interno. Consultabili qui. ↩
Per ulteriori dettagli: Paolo Mondani, I re di Roma, Report, 4 maggio 2008. Claudio Cerasa, La presa di Roma, Rizzoli, 2009. P. Bendini, D. Nalbone, Le mani sulla città, Alegre, 2011. Ylenia Sina, Chi comanda Roma? , Castelvecchi, 2013. ↩
Dal palazzo abusivo all’Eur alle case di ricotta di Ostia. Storia dell’impero Armellini, Roma Today, 21 gennaio 2014. ↩
Paolo Mondani, I re di Roma, Report, 4 maggio 2008. ↩
Mauro Favale, Giuseppe Scarpa, Carminati: Affari e crac del mio amico Pulcini, La Repubblica, 5 dicembre 2014 ↩
Paolo Berizzi, Cibi scaduti a bimbi malati. Arrestati dirigenti di cooperativa, La Repubblica, 9 aprile 2003. ↩
Associazione Lucchina e Ottavia, Intossicazione nelle scuole di Ottavia. 182 bambini aspettano giustizia, 19 marzo 2012. ↩