di Marilù Oliva
Pierpaolo Vettori, La vita incerta delle ombre, Elliot Edizioni, Roma, 2014, pp. 288, € 17,50
Pierpaolo Vettori, nato a Venaria Reale (Torino) nel 1967, dopo aver esordito nel 2012 con Le sorelle Soffici (Elliot Edizioni), romanzo segnalato dalla giuria alla XXIV edizione del Premio Calvino, ha da poco pubblicato un nuovo romanzo, sempre con Elliot, nella collana Scatti: La vita incerta delle ombre.
Fin da piccolo Alessandro combatte contro gli spiriti del sonno. Forse per paura che gli incubi diventino tangibili e non basta sperare che le coperte siano protezione sufficiente. Anche perché alcune volte sente delle presenze, altre si sveglia con graffi sulle braccia e sulle gambe, come se si fosse appena azzuffato. E quando sogna, sogna intensamente, con inquietudine.
Se l’idea di dormire lo terrorizza, c’è però una persona che è in grado di condurlo serenamente tra le braccia di Morfeo, una donnina piccola, lentigginosa e ossuta che risponde al nome di zia Severina, non proprio una parente, piuttosto un’amica della madre di Alessandro.
Il protagonista, una volta cresciuto, soffre di crisi di panico e capogiri, ragion per cui quando zia Severina – che nel frattempo non aveva più frequentato la loro casa – , chiede di incontrarsi per essere accompagnata da Alessandro a un concerto sul lago, il giovane non si sottrae. Terminato il concerto, chiaro preludio a più ampie rivelazioni, proprio mentre si incamminano verso l’albergo e il profilo della cittadina di Malvento appare immerso in una luce lontana – alle spalle le rovine del tempio di Asclepio – lui le chiede di raccontargli una storia, prima di entrare nell’oscurità. E così il romanzo prosegue con il capitolo Il tempo degli dei, lungo la scia dei ricordi.
Una seconda narrazione che parte nel 1962, quarantaquattro anni prima rispetto al tempo dell’incipit, e risponde alla voce di Severina portando a epicentri due luoghi suggestivi: l’esclusivo collegio femminile del Sacré Coeur, cui Severina era iscritta, e la fortezza di Boccafolle, un’accademia militare maschile. La tensione e attrazione tra essi è fortissima, anche perché entrambi hanno storie poderose alle spalle:
La fortezza di Boccafolle dominava il lago con i suoi bastioni squadrati e le sue mura grigio sabbia. I merli, singolarmente aguzzi, erano tinti di un rosso vivo tanto che, visti dalla città, sembravano una grande bocca sorridente. Boccafolle fu sempre fuori dal tempo. Le lentezza della costruzione la rese obsoleta ancor prima della fine dei lavori. Costruita come baluardo contro le invasioni del nord, la fortezza si trovò a fronteggiare con sguardo truce una nazione da sempre neutrale come la Svizzera e a fare da guardia alle invasioni dei turisti nella città termale di Malvento Riviera. Utilizzata nei primi anni del Novecento come lazzaretto per le malattie infettive, dopo la guerra fu rimodernata e trasformata in scuola militare.
Luoghi quasi epici descritti con potenza lirica seguono le vicende di ragazzi e di ragazze, tra i quali Elisa, Delia, Milena, Fabrizio, Stern, Zomer. Figure memorabili, tra le quali spicca la collegiale Miranda Montelimar, che mi ha ricordato Picnic ad Hanging Rock, di Peter Weir – cito il regista perché il libro di Joan Lindsay non l’ho letto – a partire appunto dal tributo onomastico. Ma non solo: il film torna alla mente anche per la fuga e le atmosfere oniriche, sospese in un sottobosco di mistero, trepidazione e ansia di svelamento che è poi metafora del limbo della giovinezza, a metà tra scoperta, esitazione, paura e caduta. Non mancano i riti iniziatici, anche solo metaforici, tanto più che il il tempio di Asclepio, al centro del lago, catalizza energie e forse serba poteri magici. Perché lì Miranda, a causa di un tuono violento, è svenuta assieme alle tre compagne con cui era scappata: solo lei è rimasta in uno stato di sonnambulismo e chissà se è vero, come sostiene, che è stata posseduta dal dio dei sogni. Chissà se e come si scioglierà quella specie di malattia, quel leggero malessere annidato nel corpo e nella mente:
Al principio è un richiamo innaturale a fare qualcosa d’altro, anche se non sai cosa. È una forza che bisbiglia in te, anzi, sono le tue orecchie che stanno guarendo e sentono solo un sommesso mormorio di quello che, col passare dei giorni e con l’udito che prende vigore, avverti sempre più come una possente voce che guida le tue azioni. […] È una lotta nella quale il tuo unico desiderio è soccombere, ma durante la battaglia il tuo spirito e il tuo copro desiderano resistere fino all’ultimo sangue. Probabilmente è la vecchia Miranda che sa di dover morire per lasciare posto alla nuova e lotta per prolungare la sua esistenza anche solo di un attimo. Tutto ciò che vive, anche ciò che è malvagio, si aggrappa al tempo.