di Alessandro Villari
Mi alzai di malavoglia cercando di non fare rumore: in casa dormivano tutti. Giulio era già sotto casa ad aspettarmi, tutto intabarrato, battendo i piedi per non congelare.
«Hai sentito l’oroscopo? Sembra che non sarà una gran giornata. Sicuro di voler andare?», furono le sue prime parole. Eravamo entrambi del Capricorno, come la maggior parte dei nostri vicini di casa: la nostra era la prima generazione venuta al mondo dopo il decreto di omologazione, che aveva creato in ogni città quartieri specifici per tutti i nati sotto lo stesso segno. La separazione avveniva anche nei posti di lavoro, specialmente quelli con molti dipendenti.
«Buon Natale anche a te», replicai, «no, non avevo sentito, ma non mi pare una novità: sono sei mesi che secondo l’oroscopo ufficiale siamo sfigati».
«Mia madre non se ne dà pace», proseguì Giulio, «specie da quando papà è stato lasciato a casa per giustificato motivo astrologico, insieme a tutti gli altri Capricorni dell’azienda».
Gli passai il casco e salì sullo scooter. Arrivammo in agenzia appena in tempo, mentre il campanile di fronte batteva le sette. Giulio, che mi aveva procurato il lavoro, si accodò alla fila allo sportello per i dipendenti, io a quello per i giornalieri. Quando fu il mio turno la commessa scrutò la mia carta d’identità e storse il naso: «Capricorno? In bocca al lupo».
Scrollai le spalle, ritirai il mio pacco e due voucher gratta-e-vinci. Giulio mi raggiunse dopo pochi secondi: «Che fai? Gratti subito o dopo?», mi chiese sarcastico.
«Vaffanculo, non lo sai? Sono già un paio di mesi che è obbligatorio guardare dopo: temono che se uno scoprisse che il voucher è vuoto poi magari non lavorerebbe con lo stesso impegno. Mi sa che aspetterò di tornare a casa, sotto l’albero».
Andammo a cambiarci negli spogliatoi e ne uscimmo vestiti da pastori, pronti a farci caricare sul pullmino che ci avrebbe condotti in piazza Colonna. Ci sedemmo sull’automezzo ciascuno secondo il proprio segno zodiacale. Giulio e io eravamo gli unici due Capricorni, l’Acquario vicino a noi cercava di starsene il più possibile discosto, un Cancro si toccava vistosamente i testicoli. Per evitare il loro sguardo mi girai verso il finestrino: per strada non si vedeva ancora quasi nessuno; a ogni angolo campeggiavano i manifesti preparati dal governo con la cometa gialla su fondo blu e il motto Per aspera ad astra.
Scendemmo davanti a Palazzo Chigi, dove una squadra di operai che doveva aver lavorato tutta la notte stava terminando di allestire il grande presepe. Con un fischio d’ammirazione il mio compare mi indicò in alto la grande stella cometa sospesa tutta avvolta dalla luce di migliaia di lampadine, agganciata alla gru su cui campeggiava il logo di Lottomatica, sponsor ufficiale e principale finanziatore del governo: se era vero, come si diceva, che fosse interamente d’oro, doveva pesare parecchie tonnellate.
Un assistente alla regia ci diede sommarie istruzioni su quel che avremmo dovuto fare: non molto, eravamo semplici comparse e, salvo chi doveva interpretare il bue e l’asinello, non ci saremmo nemmeno avvicinati alla stalla.
Il sole invernale cominciava a scaldare l’aria, e con il mio costume non soffrivo il freddo. Un’inserviente graziosa dall’aria triste passò con un thermos di caffè: era una collega di Giulio, mi disse lui, fino a poco tempo prima era una coordinatrice ma le erano state tolte le mansioni, ufficialmente per oscure ragioni astrologiche, in realtà perché non l’aveva data al capo.
La trasmissione era prevista per le undici, ma i primi ministri cominciarono ad arrivare due ore prima, alcuni ancora in abiti normali, altri già vestiti: riconobbi Alfio Nanolagne e Orlando Ciappatore (interni ed economia), più un altro paio di cui non ricordavo il nome. Del resto da quando la nomina dei ministri avveniva ogni sei mesi, con un’estrazione speciale del superenalotto, era difficile tenerli a mente tutti. Tanto più che dopo il commissariamento da parte dell’Unione Europea il governo era un semplice portavoce delle direttive della Banca Centrale: la definizione ‘di larghe intese’, utilizzata tradizionalmente, era solo un eufemismo per descrivere l’assenza di qualsiasi potere effettivo.
Quando giunsero Maria e Giuseppe, alias Elisa Menaborchia e Uligano Leopitti, cominciarono le prove. Lo spettacolo era penoso. Sembrava che tutto congiurasse contro la riuscita del presepe vivente: dopo pochi minuti il dromedario si imbizzarrì e occorsero quattro operatori per placarlo, non prima che avesse piantato una poderosa cacata nel bel mezzo della mangiatoia, per fortuna ancora vuota. Si dovette cambiarla per ovvi motivi, e il dromedario fu sostituito dall’aiuto-scenografo a cui fu trovato al volo un costume miserabile in un negozio di cinesi poco distante. Ben gli stava del resto, dal momento che era lo stesso che poco prima aveva preso in giro una comparsa svenuta per mancanza d’aria nel suo costume da asinello.
Quanto ai ministri-attori, erano più che patetici. Si sapeva che si era rischiata una crisi di governo per l’assegnazione delle parti, che era stata infine decisa in base agli ascendenti zodiacali: le più ambite erano ovviamente quelle dei due Re Magi, per via delle loro competenze astrologiche. Il terzo Magio invece era appannaggio esclusivo del ministro dell’economia, che ogni anno portava in dono al Bambin Gesù una speciale edizione in pergamena della manovra finanziaria (aveva preso il posto della mirra, dal momento che nessuno sapeva di preciso che cosa fosse).
Intorno alla capanna era il caos. La Menaborchia si lamentava che Leopitti non la smetteva di fumare nonostante i divieti. Nanolagne, Ciappatore e un altro che non riconoscevo si disputavano l’ordine di marcia dei tre Re Magi. Lauro Piumizi non si capiva bene che ruolo avesse, girava come un’anima in pena e pretendeva in quanto ministro dei trasporti di regolare il traffico dei pastori. Si arrivò quasi alle mani quando i Magi giunsero alla mangiatoia e si accusarono l’un l’altro di essersi fregati l’oro, che non si trovava in nessuno scrigno. Si scoprì poi che era stato il dromedario, approfittando della confusione: venne licenziato all’istante e si decise infine di fare a meno dell’animale.
«Non so se essere più imbarazzato per loro o più triste per noi», mi sussurrò Giulio mentre simulava di suonare la zampogna (finta a sua volta: la musica era registrata).
Una piccola folla intanto cominciava a radunarsi intorno alla capanna, suddivisa in settori per ciascun segno zodiacale. Solo il settore Capricorno era mezzo vuoto, un po’ per via dell’oroscopo, probabilmente, ma soprattutto perché da sei mesi, dopo il grande Sciopero dei Capricorni di giugno, il nostro segno veniva sostanzialmente discriminato, per punizione.
Un ragazzo con la scritta No Com sulla felpa riuscì a infilare un volantino attraverso le transenne, a pochi passi da dov’ero io. Riuscii a leggere solo il titolo, ‘Siamo tutti del Capricorno’, prima che un uomo della sicurezza portasse via prima il volantino, poi il ragazzo.
Come da tradizione, nel corso della cerimonia del Presepe Vivente il presidente del consiglio avrebbe annunciato le misure economiche per l’anno successivo, e quest’anno l’attenzione era tutta rivolta al chiacchierato decreto Cometa, che ispirava il motivo dei manifesti governativi e stando alle indiscrezioni conteneva misure per il rilancio dell’economia e dell’occupazione: c’era in effetti un gran bisogno di entrambe, ma soprattutto di qualche soldo in più alla fine del mese, tanto che ultimamente non solo quelli del nostro segno, ma anche lavoratori dei Pesci e della Bilancia avevano incrociato le braccia. Ci si aspettava la reazione del governo.
Alle dieci e mezzo però Marzio Tenti ancora non si vedeva e la produzione, inviata direttamente da Francoforte, sembrava sempre più preoccupata. Arrivò infine alle undici meno dieci, accompagnato da uno steward, pallido in volto e tenendosi la pancia come se stesse male. Gli andò incontro un funzionario della BCE che in un italiano aspro dall’accento tedesco gli fece una ramanzina ad alta voce e lo spedì in camerino, quindi tornò dai suoi colleghi a confabulare, scuotendo la testa.
Quando si accesero le telecamere, la piazza era gremita, qualcuno superando le transenne si era arrampicato sulla gru per vedere meglio. Intravidi il ministro Leopitti che spegneva frettolosamente l’ennesima sigaretta calpestandola con lo zoccolo. Tenti era al suo posto sopra la capanna in uno sfarzoso costume da angelo. Dalle casse sistemate a ogni angolo della piazza partì il motivo dell’Inno alla Gioia; alle note di Beethoven seguirono quelle di Stille Nacht, più sommesse. Cominciò la processione dei Re Magi verso la mangiatoia, dove nel frattempo era stato piazzato un fantoccino.
La pergamena nello scrigno di Ciappatore, agganciata a un filo di nylon, volò fino all’angelo sopra la capanna, che la aprì e cominciò a parlare, sopra il canto natalizio:
Stille Nacht! Heilige Nacht! «Cari concittadini, i saggi venuti dall’Oriente anche in questo Natale hanno voluto condividere con noi la loro sapienza e lungimiranza».
C’era qualcosa di strano: la voce sembrava metallica e l’accento non era quello toscano di Tenti. Guardai in alto verso il primo ministro: il colorito era passato dal giallastro al verdognolo, la bocca era rigorosamente chiusa.
Gottes Sohn! O wie lacht «Il decreto Cometa è la soluzione per rilanciare la nostra economia e il mercato del lavoro, con flessibilità e un’equa distribuzione delle risorse».
«Più che dall’Oriente, questi mi sa che sono venuti dalla Germania», commentò Giulio sarcastico.
Lieb’ aus deinem göttlichen Mund «Dal giorno dell’annunciazione di questo provvedimento, il salario di tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, sarà raddoppiato nel mese del loro segno zodiacale!».
Dopo qualche istante, dallo sparuto settore dei Capricorno si levò un applauso. «Non era poi così sfigata questa giornata, ci hanno aumentato lo stipendio di questo mese!», esclamai sottovoce.
«Ma se tu non sei nemmeno un dipendente…», rispose scettico il mio amico.
Da schlägt uns die rettende Stund‘. «La manovra non comporterà costi aggiuntivi per le casse dello Stato né per le imprese, perché nei mesi restanti sarà applicata una diminuzione del 20% rispetto ai livelli attuali».
Vidi i pastori vicino a me assumere un’espressione pensierosa. Tra la folla si diffuse un brusio prima leggero, ma sempre più insistente. «È colpa vostra che ci portate sfiga!», gridò qualcuno, che evidentemente aveva fatto i conti, verso il settore Capricorno. Altri risposero, da qualche parte si levarono i primi fischi.
Jesus in deiner Geburt! «Con il risparmio di risorse potremo aumentare le probabilità di vincita nei voucher gratta-e-vinci per i lavoratori giornalieri, riequilibrando diritti e rendite di posizione ormai superate», scandì inutilmente la voce registrata nella confusione crescente.
A poco a poco, dal caos cominciò a distinguersi un coro cadenzato: «Sia-mo tut-ti del Ca-pri-corno». A condurlo in ogni settore, lo si vedeva chiaramente, erano ragazzi con la felpa No Com, ma ormai tutta la piazza gridava all’unisono, mentre chi si trovava all’esterno strappava metodicamente i manifesti con la stella cometa.
Accadde tutto contemporaneamente. Marzio Tenti vomitò sulla pergamena e cadde svenuto. Un centinaio di persone provenienti da ogni settore zodiacale si staccarono simultaneamente e abbatterono le transenne intorno al presepe, seguiti da gran parte della folla, soverchiando il servizio d’ordine. Io e gli altri pastori ci unimmo alla protesta, tranne un paio dell’Acquario che, spaventati, seguirono i ministri.
Il governo si asserragliò dentro la capanna ma dopo pochi istanti cominciò a levarsi del fumo: la mangiatoia aveva preso fuoco. Mi parve di sentire nella confusione la voce della Menaborchia che imprecava contro Leopitti e le sue sigarette. In alto, la stella cometa ondeggiava paurosamente, sospinta dai colpi assestati alla gru dalla folla che ora cercava di allontanarsi precipitosamente. Nessuno si ricordò del presidente del consiglio, rimasto svenuto sul tetto della capanna.
Jesus in deiner Geburt! Dopo il boato assordante, con le orecchie che fischiavano, sentivamo ancora quella musica. Dove fino a un istante prima si trovava Marzio Tenti, capo del governo di larghe intese, si apriva una spaventosa voragine. Dall’enorme cratere si levavano nubi di fumo nero.