di Mauro Baldrati
Singolari affinità elettive tra due romanzi di segno opposto
Don Winslow, I re del mondo, Einaudi Stile Libero, Torino 2012, pagine 350 € 18,50
Lauren Groff, Arcadia, Codice Edizioni, Torino 2014, pagine 371 € 16,90
I re del mondo è il prequel de Le belve. Chi ha già letto il più famoso romanzo di Don Winslow conosce i tre protagonisti, Ben, Chon e O (diminutivo di Ophelia) impegnati a Laguna Beach, California, nella produzione e la vendita di una potentissima ganja idroponica, un commercio indipendente che frutta loro milioni di dollari.
I re del mondo è la loro storia. La storia dell’inizio. Con lo stesso stile minimalista, fatto di eccentrici accostamenti di parole e di a-capo che troncano le frasi, minuscole e maiuscole che si scambiano di posto, capitoli numerati talvolta composti di due sole parole, Winslow segue i tre giovani eroi, poco più che adolescenti, nella formazione, nei progetti, e nelle trovate geniali di Ben, che sperimenta la coltivazione e la genetica della cannabis. Soprattutto segue anche la storia dei loro genitori (la cui identità viene scoperta a lettura già avanzata), hippies degli anni Sessanta che vivevano in comuni psichedeliche, i quali, come vuole una certa retorica sul flower power, vedono i loro modelli di vita – intesi come esperienze transitorie – presto corrotti dall’avanzare del tempo, dalla seduzione del denaro e del potere.
Così, mentre Ben e Chon, con la compagnia di una “inabile a tutto” O, lavorano alla creazione della macchina di produzione autogestita, i genitori consolidano il loro racket para-mafioso di trafficanti di droga, tutta la droga, anche la cocaina e l’eroina (un tempo lontano considerate droghe stupefacenti del Potere), che offrono profitti più alti della marijuana.
Le due organizzazioni entrano in conflitto. Gli spietati trafficanti che sono diventati i padri ex hippies (che non conoscono l’identità dei nostri tre freak di ultima generazione), non possono tollerare il fiorire di un’attività indipendente nel loro territorio, perché le regole della criminalità insegnano che il vero potere non sta nel profitto in sé, ma nel controllo, che genera profitto dal profitto, attraverso le tangenti e la cessione di una fetta dei guadagni. Nasce una guerra feroce, fatta di minacce, ricatti, rapimenti e omicidi. Come nel romanzo precedente gli indipendenti (uno degli eterni miti di tanta letteratura e cinematografia americane), forti della loro genialità e del loro coraggio, cercano di tenere testa alla criminalità organizzata che controlla anche la polizia corrotta.
In questo romanzo Winslow apre una parentesi interessante, che però richiude subito: il passato hippie dei genitori, quello che furono e quello che sono diventati. Sappiamo che una madre ha vissuto in una caverna (soluzione verosimile; in USA ci sono state varie esperienze di comuni neotribali). Sappiamo che le comuni erano degli “scannatoi”, e poco altro. Ma è un passato che si esaurisce nel pregiudizio del presente, nelle battute sprezzanti di Chon, che rinchiuderebbe i “post hippies” in “campo di concentramento”.
Invece il contenuto di questo spazio bianco tra parentesi è il fulcro narrativo del romanzo di Lauren Groff.
Anche Arcadia è la storia della corruzione di un sogno comunitario. Un gruppo di persone fonda la comune di Arcadia, seguendo l’ideale di quegli anni: gli spazi alternativi, liberati dai condizionamenti della società dei consumi, rappresentano dei virus positivi che diffondendosi potrebbero guarire l’organismo malato che li ospita. In Arcadia non si scherza, si lavora duro: per coltivare la terra, per ristrutturare la grande casa semidiroccata che finalmente permetterà agli Arcadi di vivere comodamente, fuori dai vecchi furgoni-camper e dai prefabbricati, si sgobba dalla mattina alla sera, sotto al sole e sotto la neve. Ognuno ha un compito: i Motoristi si occupano della parte tecnologica, le Ostetriche seguono i numerosi parti, si organizzano corsi, si prepara il cibo vegano. Vige il divieto di qualunque sfruttamento e schiavitù: non è ammesso tenere animali domestici, per cui Briciola, il bambino nato in Arcadia da una bella coppia hippie, non ha mai visto un cane, né un maiale. Ogni manifestazione o esigenza corporale è rispettata, e la si soddisfa in libertà: ogni uomo può avere più mogli, ogni donna più mariti. Esiste anche la sezione degli Scambisti, per chi ha voglia di un po’ di can-can.
Poi, come sembra essere inevitabile in ogni esperienza positiva, il tempo e lo spazio iniziano la loro opera di distruzione. Arcadia viene invasa da orde di “fuori di testa” (gli Sballati), i rovinati dall’abuso di LSD. Gli Arcadi, sempre pronti ad aiutare il prossimo, li affiancano con le Balie, sorta di infermieri psicologici che hanno il compito di recuperarli per restituirli alla vita.
Ma non c’è tregua. L’ideale sembra destinato in sé a fallire. La povertà, i sacrifici, il lavoro duro e le privazioni la minano dall’interno. Arriva Reagan e la sua guerra alla droga, scatta una devastante retata della polizia, durante una grande festa psichedelica. I poliziotti (i Maiali), spaccano tutto, arrestano molti Arcadi. La comune si sbriciola, si estingue. Un ex arcade la rileva, la trasforma in un laboratorio di animazione digitale. Briciola si trasferisce in città, nel “mondo esterno”, dove segue e assiste i suoi leggendari genitori nel declino e nella fine. Cerca di crescere una figlia, venendo a patti con le leggi dello spreco, della fretta, del tempo che avanza implacabile, delle sue regole totalitarie. Cerca di restare vivo.
I pregi
I re del mondo: Il ritmo veloce, che tiene fino alla fine; l’ironia, il paradosso che avvolge certi personaggi; la storia avvincente, l’eterno scontro tra “gli ultimi degli indipendenti” e il racket organizzato, criminale e privo di scrupoli; il confronto-scontro tra padri e figli, che viene allo scoperto lentamente, come le carte nel poker; la scrittura materialista, essenziale, ben restituita dalla traduzione di Alfredo Colitto.
Arcadia: La vivacità e la verosimiglianza con cui viene descritta la fondazione e la vita nella comune, tanto che sembra di essere dentro, con un salto temporale; la progressiva estinzione dell’ideale, per l’insorgere della difficoltà di accettare fino in fondo la vita comunitaria, per l’impossibilità di mantenerla attiva, come spazio alternativo, in un mondo esterno soverchiante che la minaccia e la divora; la scrittura raffinata e nitida, anche per l’ottima traduzione di Tommaso Pincio.
I difetti
I re del mondo: L’overdose di aggressività e di arroganza di molti personaggi, surfisti strafighi palestrati e abbronzati, per cui sembra di essere in una puntata di Bay Watch corretta con enormi badilate di sesso, droga e alcune dosi di violenza; lo stereotipo dei tre eroi: Ben è la versione da supermarket dell’americano progressista, Chon un fascista guerrafondaio mangiahamburger, O una svampita totale.
Arcadia: L’eccesso di tristezza e di malinconia che dilaga quando la comune fallisce, l’atmosfera depressiva che sembra soffocare i personaggi (e con loro il lettore) che si trasferiscono in città; l’insistenza sulle introspezioni di Briciola, sulle visioni e i sogni; la lunghissima agonia della madre, che rende il romanzo un’opera interminabile.
Le perle
I re del mondo:“Rubare ai ladri non è un furto”
“Al loro karma ci pensino loro, io penso al mio”
“Abbiamo visto un sogno trasformarsi in un incubo abbiamo visto pace e amore trasformarsi in guerra e violenza infinita il nostro idealismo in realismo il nostro realismo in cinismo il nostro cinismo in apatia la nostra apatia in avidità”
Arcadia: “Gli umani, là fuori, sono grotteschi: sono come tanti Scrooge e tante Jellyby, deformi sudici costretti in fabbriche nere come spelonche o in case solitarie e spopolate in cui regna una rovina chiamata televisione, una minuscola caverna di Platone presente in ogni stanza”
“E’ il raduno quotidiano degli Sballati: i fuori di testa e l’intera banda di flippati dagli acidi si danno convegno per raccontare i propri sogni”