di Fabrizio Lorusso
Pino Cacucci, Mahahual, Feltrinelli, 2014, pp. 128, € 12.
L’ultimo viaggio di Pino Cacucci si chiama Mahahual. Siamo sul Mar dei Caraibi, dove finisce il Messico e comincia il Belize e dove ancora non arrivano le grandi masse di turisti che popolano e, a volte, infestano il resto della famosa Riviera Maya, cioè il tratto di costa che va da Cancun a Playa del Carmen fino a Tulum. Mahahual è una cittadina caraibica con un migliaio di abitanti. Si trova all’estremo sudorientale della penisola dello Yucatan, nello stato messicano del Quintana Roo, a circa 140 km da Chetumal e dalla meravigliosa Laguna Bacalar. Per raggiungere il villaggio si deve percorrere una strada impressionante: oltre cinquanta chilometri in linea retta tra selve e lagune conducono a spiagge bianche, da cui si scorge la barriera corallina, e a immense estensioni di mangrovie e palmeti che quasi invadono il centro abitato.
Ho scoperto questi luoghi durante un paio di brevi soggiorni: nel 2008, dopo il passaggio dell’uragano Dean che distrusse le spiagge e rase al suolo buona parte delle abitazioni nei pressi della costa, e di nuovo nel 2013, per la seconda edizione del “Festival Mahahual Cruzando Fronteras” (“attraversando frontiere”), durante la quale Pino Cacucci ha presentato il suo libro su Mahahual e il Quintana Roo. Dopo la ricostruzione degli ultimi anni, l’aspetto del paesello e del porticciolo è tornato normale, con i suoi piccoli alberghi, le caffetterie in riva al mare, con le sue acque cristalline, l’ombra paziente delle palme sulle spiagge di sabbia finissima, le sue bellezze sottomarine e paesaggistiche. A tratti la zona del lungomare e alcuni ristoranti del centro appaiono più adatti ai gusti dei turisti tradizionali ed esigenti che a quelli dei viaggiatori-esploratori e dei backpacker, ma non intaccano comunque il carattere rustico del pueblo, né sconfinano nel cattivo gusto, come invece succede in molte altre località che in pochi anni di “sviluppo” diventano irriconoscibili e invivibili. Inoltre a Mahahual le costruzioni rispettano ancora l’armonia dell’ambiente circostante, a pochi passi dal centro regnano la tranquillità e la natura incontaminata e infine non mancano le opzioni economiche per accampare e nutrirsi.
Nei racconti di Pino Cacucci, che mai si stanca di raccontare il Messico, le sue meraviglie ma anche le sue problematiche, Mahahual è un “paradiso non riciclabile”. Sopravvive in un equilibrio instabile e delicato, costantemente minacciato da tentativi di speculazione edilizia e gigantismo turistico, incompatibili con l’ecosistema e con la conservazione dell’intorno socio-culturale della zona, e dai rifiuti che minacciano la costa. “La corrente del mare porta al largo delle nostre coste i rifiuti di mezzo mondo, sono di continenti diversi perché vediamo bottiglie del Venezuela, della Spagna o degli USA, per cui il Festival è anche una riflessione su come affrontare il problema”, spiega Luciano Consoli, del comitato organizzatore di Cruzando Fronteras.
Ma il nuovo vagabondaggio di Pino, autore di oltre venti romanzi quasi sempre legati al Messico tra cui ricordo Tina, Puerto Escondido, San Isidro Futból, La polvere del Messico e In ogni caso nessun rimorso,va oltre Mahahual e, infatti, il sottotitolo dell’edizione messicana, curata da Fundación Mahahual, è “Storie, leggende e aneddoti del Quintana Roo”. Si tratta di una zona del Messico di cui si conosce molto poco, anche se il suo passato è pieno di ribellioni, personaggi, memorie, lotte ed eventi molto interessanti. “Più conosco il Messico e più mi convinco che non basta una vita per assaporarlo tutto. Troppo vasto, troppo intenso, per giunta mutevole: mi capita di tornare in luoghi dove sono stato e riscoprirli diversi da come li ricordavo. Mahahual ha i ritmi sonnacchiosi di sempre, silenziosa e sgangheratamente genuina, il Messico come l’ho conosciuto trent’anni fa”.
Così esordisce l’esplorazione di Pino in uno Yucatan dimenticato, sempre in bilico nel corso della sua storia tra il più becero tradizionalismo sfruttatore, coloniale e patriarcale, e la ribellione dei popoli che lo abitano, maya in primis, e delle donne, dei lavoratori, così come della natura e del clima, così estremi e bizzosi in questa regione. A titolo di esempio basti pensare che, nei territori che oggi conosciamo per i siti archeologici della ruta maya, i tour sfrenati e i tragici pacchetti all inclusive, le spiagge bianche, gli ex porti di pescatori trasformati in città come Cancun e Playa del Carmen, fino a pochi anni fa vigeva ancora lo ius primae noctis o, in spagnolo, derecho de pernada, per cui i latifondisti delle piantagioni avevano il diritto di avere relazioni sessuali con le figlie dei mezzadri prima che si sposassero con un altro contadino.
Antropologico, cronachistico ma soprattutto narrativo e storico, questo romanzo riscatta dall’oblio varie figure della vicenda storica locale, nazionale e mondiale: pirati, corsari, conquistatori, condottieri ribelli, indigeni e meticci, e soprattutto la gente della penisola dello Yucatan, una regione decisamente splendida e contraddittoria come tutto il Messico, soprattutto se si sconfina al di là dei circuiti tradizionali del turismo. E questo romanzo lo fa, esce dal sentiero stabilito e ci rende complici di nomadismi compulsivi nel tempo e nello spazio.
E quindi vi troviamo il rivoluzionario Felipe Carrillo Puerto e sua sorella Elvia, che fondò la Lega Femminista Contadina nel 1912. C’è Gonzalo Guerrero, spagnolo “rinnegato” che lottò e morì affianco ai maya che i suoi ex commilitoni vollero, invano, annichilire. C’è la denuncia dell’isola di plastica, estesa come il Canada, che naviga nell’Oceano Pacifico e che, sebbene in proporzioni diverse, ricorda il fenomeno del passaggio dei residui plastici e di altra natura, spesso ignota, al largo delle coste di Mahahual. E ci sono le persone che popolano questa terra con i loro aneddoti, le loro storie familiari, i ricordi e le curiosità tramandate di generazione in generazione. C’è lo strano caso dei Pesci Leone, voracissimi predatori, forse (?) fuggiti dal famoso acquario di Miami, che fanno la concorrenza ai pescatori del posto e che sono diventati, loro malgrado, vittime e prelibatezze della vendicativa cucina locale. Ci sono le esplorazioni della mitica Punta Herrero e di Bacalar, le testimonianze di famiglie e comunità, e ancora alcune cruciali verità sul cacao, sulla gomma da masticare o chicle, sulla convivenza con gli uragani e gli squali, sulla scoperta di Chacchoben-Yucatan e molte altre che la polvere del Messico e Pino Cacucci hanno di nuovo portato fino a noi.