di Franco Ricciardiello
Roberto Sturm, Ristrutturazioni, Pequod, 2014, pp. 154, € 15,00.
A un giro di valzer somiglia il nuovo romanzo di Roberto Sturm: un valzer triste nel quale i ballerini calpestano con le suole frammenti di vite che si disgregano, vittime di un’entropia sentimentale che abbassa la temperatura delle loro emozioni. In apparenza la forma narrativa è la stessa di “Uomini di riviera”, che lo precede di solo due anni: un cambio continuo di punti di vista che si avvicendano per brevi capitoli, partendo da una situazione iniziale di conflitto (i personaggi si sentono a disagio nella propria vita) per raggiungere in teoria uno stato di apparente equilibrio, al termine della “ristrutturazione” esistenziale del titolo. Tuttavia almeno due aspetti differenziano i due romanzi. Mentre il precedente era una composizione di brevi racconti quasi autonomi, “Ristrutturazioni” è formalmente più compatto (se non si considera la breve digressione della storia di Letizia, quasi una storia a sé stante); in secondo luogo, invece di sperimentare un’evoluzione nello stallo sentimentale che li avvolge, i protagonisti girano a vuoto come se si sentissero paralizzati dal fatidico superamento della mezza età.
I personaggi di Sturm sono uomini e donne che si avvicinano ai 50 anni, in piena maturità fisica; le donne lamentano qualche segno degli anni, ma sono attive sentimentalmente; abitano in una città di mare a qualche ora di treno da Roma, nella quale si riconosce con piacere Ancona, città bella e riservata dove vive l’autore; sono tutti accomunati da un sentimento di sconfitta causato da un’inquietudine esistenziale e sessuale, le loro relazioni di coppia sono disfatte o in disfacimento; di conseguenza, sono convinti di avere sbagliato a qualche punto cruciale della propria vita, ma hanno anche la consapevolezza – o l’urgenza – di essere ancora in tempo per riparare.
La trama si muove come un giro di valzer; porta a danzare i personaggi uno dopo l’altro, poche pagine per volta, si allontana e poi ritorna per un secondo giro, in qualche caso per un terzo; eppure, malgrado la progressione dei capitoli da “Macerie” a “Crolli” a “Ristrutturazioni”, la loro percezione della vita rimane in sostanziale equilibrio. Il lettore ha l’impressione che i protagonisti rifuggano il momento delle decisioni cruciali, dopo avere sperato a lungo che qualcosa intervenga nella loro vita. La scelta stilistica dell’autore non va certo in direzione del conflitto: ogni evento suscettibile di provocare un cambiamento nella situazione personale dei protagonisti avviene “fuori scena”, e i brevi capitoli sono tagliati di misura per insinuarsi come “fette” di narrazione tra una svolta esistenziale e l’altra. Sturm rifugge l’effetto drammatico per estrarre il meglio dalla malinconia che si annida negli interstizi, nelle secche, nelle pause tra le tempeste della vita – e malgrado ciò è significativo che questo romanzo non abbia nulla di minimalista. Svolte, colpi di scena e climax si inseguono in ogni capitolo, ma il lettore vede i protagonisti sempre poco prima o subito dopo l’evento cruciale: Sturm si concentra non sui fatti bensì sui loro effetti; “Ristrutturazioni” porta sotto i riflettori un senso di disagio, una sindrome di sconfitta che conquista il lettore, finché questi non si arresta a fine lettura, abbassa gli occhi e si rende conto di muoversi a sua volta seguendo i passi del grande valzer triste.