di Marilù Oliva
Marco Natale, Bacon, Pavesio Editore, Torino, 2013, pp. 108, € 15,90.
Marco Natale è nato a Torino e ha una solida esperienza nel settore del cinema e del fumetto. È stato animatore per il lungometraggio Totò Sapore e la magica storia della pizza, I magicanti e i tre elementi (Ferrero) e per la serie Coccobill, tratta dal mitico personaggio di Jacovitti e trasmessa sui canali Rai, ha ideato disegni, comics e graphic novel per Lattes, Loescher, Jpop (Panini), Ferrero, La Stampa, Kawama, Erickson, Fregi&Majuscole. Oggi insegna alla Scuola Internazionale di Comics di Torino. Per Pavesio Editore ha sceneggiato Bacon. Uscito nel 2012 e ripubblicato l’anno scorso, il fumetto è incentrato sulla figura dell’investigatore privato della Chicago degli anni ’30, Bacon appunto, la cui prima avventura è stata pubblicata nel precedente volume Bacon, sottotitolo: Chicago 1936.
La bestializzazione degli umani – o la personificazione delle bestie – è soluzione applicata con successo nel mondo figurativo e in quello letterario. Basti pensare a La fattoria degli animali di George Orwell o a Maus di Art Spiegelman, quest’ultimo affine al libro di oggi per la tematica affrontata. Il sottotitolo di Bacon è infatti Roma 1937: nel Belpaese stanno per essere promulgate le leggi razziali, sulla scia dell’entusiasmo verso Hitler che ha colpito l’ansia di grandezza del nostro dittatore, pronto all’emulazione.
Eravamo partiti dalla bestializzazione. È più corretto parlare di antropomorfismo: questo connota i personaggi di una luce particolare e rende l’interpretazione di Natale molto originale, perché il corpo si atteggia
a quello di un uomo – o di una donna – e ne ricalca le movenze, le esitazioni, le azioni che si convengono a un hard-boiled, mentre la testa simboleggia la nostra parte più a rischio: è là che si annida la parte animalesca, quella che può degenerare, anche se Bacon è capace di ironizzarci sopra, come fa, ad esempio, quando si rivolge alla sua “maialina”.
Per le colorazioni seppia e le sfumature è doveroso citare gli artisti: Ilaria Lazzarotto, Massimo Porcella, Sara Antonellini, Chiara di Francia, Federico Ferrarese. I disegni di Marco Natale sono solidi e precisi sia nelle ambientazioni – può essere un ponte mobile o uno scorcio di città o una scala vista in prospettiva – sia nelle figure, colte nei più diversi movimenti.
La storia parte quando Bacon viene inviato a Roma dai servizi segreti americani perché una sua vecchia conoscenza è stata reclutata dalla mafia per uccidere un vescovo che si schiera contro al razzismo. E qui occorre aprire due questioni. Una è quella del comportamento della Chiesa nei confronti del fascismo, che l’autore affronta senza appellarsi a falsi storici:
«La posizione della Chiesa durante il fascismo è ancora oggetto di discussione fra gli storici. Di certo mancarono prese di posizione ufficiali contro quello che stava succedendo». L’altra questione, con la quale ci avviamo alla chiusura della recensione, è quella della promulgazione delle fatidiche leggi razziali. Il fumettista ha fatto sì che i suoi attori reinterpretassero il razzismo sulla base di un discrimine: la lunghezza del pelo. Ci sono i pelolunghi e i pelocorti, questi ultimi rinfacciano, ad esempio, agli altri, di perdere troppi peli ogni volta che si siedono in un bar o frequentano un luogo pubblico. Pretesti e futili motivazioni, si sa, e proprio per questo ci fanno sorridere di quel riso amaro che ricorda un po’ la favola del lupo e dell’agnello: quando si vuol far del male a qualcuno, quando si vuol annientare una determinata categoria, i motivi per farlo nasceranno fasulli, ma accolti come grandi verità.
Quando mi alzo da una sedia, essa è pulita.
Quando un pelolungo si alza da una sedia,
essa è piena di peli, sporca.
Io dico che nei luoghi pubblici i posti a sedere
Vanno separati!
Reverendo Hawkings, 1933