di Valerio Evangelisti
John Henry Mackay, Max Stirner. Vita e opere, Bibliosofica editrice, Roma 2013, pp. 230, € 13,00
La prima volta che ebbi tra le mani L’Unico e la sua proprietà di Max Stirner (Johann Caspar Schmidt, 1806-1856) fu all’inizio degli anni Settanta, ed era un’edizione strana. Trovato su una bancarella, il grosso tomo non recava l’indicazione dell’editore, ed era stampato con due caratteri diversi. Evidentemente si trattava di una pubblicazione artigianale, a spese di uno o più ammiratori del filosofo tedesco. Alcuni anarchici mi dissero poi che si trattava di un industriale innamorato dell’individualismo stirneriano, esasperato dal fatto che per trovare L’Unico bisognava cercarlo in biblioteca (oggi non più: esistono belle edizioni Mursia e Adelphi). Bel segno di vitalità, per un’opera che non è certamente di facile lettura.
Infatti non la lessi mai per intero; o magari sì, non posso dirlo. E’ uno di quei libri di cui, nel corso degli anni, ho letto alcune pagine qui e là, in completo disordine, secondo curiosità momentanee. Destino capitato, con me, a opere così diverse come La Bibbia o le Riflessioni sulla violenza di Georges Sorel, che con L’Unico hanno in comune solo due caratteristiche: la prolissità e l’estrema forza che sanno sprigionare.
Probabilmente avrei avuto bisogno di una specie di guida al testo di Stirner, accessibile ai non specialisti in filosofia. Peccato che esca solo ora. Si tratta dell’appassionata biografia, e nel contempo esegesi, che al pensatore ha dedicato il poeta tedesco di origine scozzese John Henry Mackay (1864-1933), pubblicata nel 1898, ristampata dall’autore fino al 1914 con scarsa fortuna e soltanto adesso tradotta in italiano da un editore intelligente.
Il nostro biografo, diciamolo subito, è anzitutto un incondizionato ammiratore di Stirner. A ricostruirne la vita ha impiegato decenni, e la narrazione della sua ricerca è uno dei capitoli più avvincenti del libro. Restituisce un’esistenza sbiadita, non felice: studi universitari mai completati, amori finiti male (una prima moglie deceduta presto, una seconda che lo pianta), lavori saltuari e di breve durata come insegnante, traduttore, lattaio, mediatore commerciale, fino agli ultimi anni trascorsi nella più profonda miseria.
Un’opacità riscattata da un periodo di vita intellettuale intensa, nei circoli hegeliani (descritti da Mackay con vivida efficacia), che culminerà con la collaborazione al giornale diretto da Marx Neue Rheinische Zeitung e, dopo alcuni saggi, con la stesura de L’Unico e la sua proprietà (1844). Opera “mostruosa” di relativo successo, così estrema da non allarmare più di tanto la censura: troppo paradossale per costituire un vero pericolo. Presto dimenticata, e riscoperta un cinquantennio dopo con l’affermazione di Nietzsche – il cui pensiero, peraltro, differisce sostanzialmente da quello di Stirner, malgrado talune similitudini marginali.
L’Unico è, come noto, un’apologia sfrenata dell’egoismo, contro lo Stato, la religione, ogni tipo di morale; contro il liberalismo, la democrazia e qualsiasi altro ordinamento; contro la società stessa – la sola possibile essendo una “unione di egoisti” la cui stabilità è garantita dalla ricerca individuale del proprio benessere e della propria libertà da parte di ciascuno. Per giungere a ciò è necessario che l’individuo utilizzi forza e violenza, non ai fini di una rivoluzione vera e propria, ma piuttosto di una ribellione che si radica nella volontà incoercibile del singolo.
Una parte di queste concezioni – ma solo una parte – ispirerà poi la corrente anarchica individualista, che trovò esponenti di riguardo soprattutto in Francia e negli Stati Uniti (ma anche in Italia: per esempio Leda Rafanelli nei suoi anni giovanili) ed ebbe organi di stampa un po’ dovunque. Ciò avrebbe molto stupito Max Stirner, che a tutto pensava salvo che a fondare un movimento politico che cercasse di attuare le sue idee. Una sua frase lapidaria – “Io e lo Stato siamo nemici” – figurerà invece tra quelle ricorrenti anche nell’anarchismo non individualista, segno di una costruzione teorica destinata a durare. Del resto, in ambito filosofico, il pensiero stirneriano è studiato anche ai giorni nostri, e la bibliografia è sterminata.
Che poi il nemico numero uno dello Stato fosse in sostanza un povero diavolo non ne sminuisce la grandezza, non più di quanto la foruncolosi di cui pativa Marx ne infici il pensiero. La commossa biografia di Mackay ci restituisce la vita difficile di un intellettuale che forse non era personalmente l’Unico, ma certo rimane unico per la sfida lanciata contro tutte le credenze del suo tempo.