di Cassandra Velicogna
Il Duka Il tacco del Duka. Radiocronache dai bassifondi Agenzia X 224 pp
Prefazione di Elio Germano
Postfazione di Lanfranco Caminiti
Illustrazione di copertina di Zerocalcare
Copia su carta della rubrica radiofonica all’interno del programma Daje pure te di Radio Onda Rossa, Il tacco del Duka ben interpreta la freschezza di un genere che annovera titoli come Guida Galattica per Autostoppisti (Douglas Adams, Mondadori), Funk! (Rickey Vincent, Odoya) oppure l’impareggiabile Dio la benedica Dr.Kevorkian (Kurt Vonnegut, Minimum fax). Ma che cos’è un “tacco”? Il tacco è quel colpo da maestro che segna un goal a tradimento, senza un’azione architettata, come il pallonetto per quelli come me che masticano più di pallavolo. Il corollario è indispensabile: Il tacco del Duka, meglio un tacco che ‘na sòla… E ora, con buona pace degli esegeti di Pasolini non tradurrò sòla, chè si capisce, basta solo dire che il tacco e la sòla stanno agli antipodi, si escludono a vicenda. Laddove c’è un colpo di tacco nessuno ti sta tirando una sòla. La definizione sintetica che meglio si attaglia al Duka come autore è bardo in quanto interprete e cantore − in questo caso, filologicamente, anche narratore orale, un po’ giullaresco − della cultura popolare. Ma entrando nel vivo: si tratta di più di cinquanta chicche di cultura, avventura, radiocronaca da cortei e manifestazioni, proposte, visioni, missioni e lezioni di vita sparate a raffica e senza perdere un colpo. Mentre aleggia il fantasma di Mike Buongiorno che scompare e riappare tra le “track” ogni volta come nume tutelare e elemento di sornione supporto comico nell’incedere di tacco c’è anche spazio per la proposta di un sottopassaggio con tapis ruolant dal Pigneto a San Lorenzo ovvero l’operazione Bongo Street, che al di là dell’utilità nota forse solo ai romani, è interessante perché fa della petizione e della proposta urbanistica una forma letteraria, borgesiana nella sua improbabilità. Il teletrasporto creato dalla facoltà di Astronomia Operaia è il veicolo che consente al nostro di essere semi ubiquo. “Autoinviato” a serate, cortei, gran galà, presentazioni e in mezzo alla giungla indonesiana alla ricerca del mitico elefante bianco. Il serio sospetto che non si sia mai realmente mosso da camera sua coglie a più riprese il lettore. Si potrebbe fare un gioco: ‘indovina dove veramente è stato il Duka?’, ma diminuirebbe di molto il fascino dei colpi di tacco. Se dovessi puntare una lira, direi che in Indonesia c’è stato davvero, tanta la dovizia di particolari e il numero di puntate dedicate a questo viaggio dall’altra parte del mondo (e se non è così chapeau!!!), mentre, per quanto il teletrasporto possa essere effettivamente stato inventato solo per lui, non credo sia verosimile una sua visita alla première dame (quella che faceva la top e cantava cose smielate) né che abbia partecipato alla festa per il royal baby a Buckingham Palace, vabbè che è Duka, però… L’inverosimile a cui il Duka ti fa credere a volte sembra un gioioso e un po’fatto surrealismo, per esempio:
«Questa nuova operaizone si chiama Sgommanda, “operazione culi puliti”. Ogni prima domenica del mese sarà in vendita un rotolo di carta igienica, biologica ed equo e solidale. Il ricavato andrà a sostegno delle classi medie colpite dalla crisi. Con 12 euro potrai acquistare un rotolo di carta da culo e insieme ti sarà data la cronaca di Roma del Messaggero, che come tutti sapete sulla tazza ti stimola e non ha controindicazioni. Per ogni rotolo che compri, dieci rotoli saranno dati in dotazione alla santa Barbara dei bar, centri sociali, locali, ristoranti e palestre popolari del quartiere.»
Tuttavia i tacchi che preferisco sono quelli che raccontano fatti poco noti o dimenticati, oppure quelli che indagano la cultura pop: dalla riflessione sulla morte sospetta di Peter Tosh fino al fascino della Tortuga (Mondadori) di Valerio Evangelisti e al misconosciuto inno dei pirati: La Bamba. E poi Chicago 68, gli autori blaxsplotation, il Ritorno del Cavaliere oscuro nella lettura di Žižek e il concetto di vendetta in Oldboy. Questo libro è inoltre la fenomenologia del Duka, con la sua vita sempre divisa tra Milano, dove fa base al Cox 18, Roma (Forte Prenestino e San Lorenzo, ma non solo!), Bologna al Lab.Crash e dove c’è movimento, Torino in Val Susa of course, al mare in riviera, a serate e festival etc etc… Come fosse ancora possibile vivere esclusivamente in luoghi altri (eterotopici), luoghi impossibili, ma esistenti come le case occupate, gli spazi sociali con le loro trattorie d’eccellenza, le palestre popolari, i festival di controcultura, le facoltà in rivolta, le piazze gremite di striscioni e i concerti punk affollati di ragazzi sudati con la cresta. Se il Duka c’è e lo narra tutto questo esiste.
La cosa più bella dell’ultimo libro del Duka è che mentre lo leggi e dopo averlo letto, ti senti un po’ Duka pure te e inizi a vedere cose fantastiche, anche laddove c’è solo la triste realtà.