Paola Presciuttini Trotula, Meridiano Zero, Bologna 2013 pagg 416 € 18
Leggere le poche notizie certe sulla vita di Trotula de Ruggiero dev’essere stata una tentazione davvero irresistibile per Paola Presciuttini. Il punto è che a quest’autrice va come prima cosa il merito di aver ricercato e scoperto le gesta della prima donna che si batté per portare agli occhi della scienza medica il corpo femminile con le sue specificità e peculiarità. La Salerno dell’anno Mille è lo sfondo di questa vicenda: hippocratica civitas per eccellenza, Salerno visse un Medioevo tutt’altro che oscuro: per ragioni di studio, militari o mercantili il ricambio costante di persone e idee promosse una cogerie culturale di primo livello per l’epoca. Alcuni documenti riportano la sua esperienza come levatrice sia presso le case della povera gente che presso le dimore della nobiltà salernitana, inoltre sappiamo che Trotula fece parte delle cosiddette Mulieres Salernitanae e cioè quel gruppo di donne eccezionalmente ammesse alla scuola di medicina e portatrici della tradizionale cultura erboristica. Né a Giovanni Plateario che l’ebbe in sposa né ai figli Giovanni e Matteo, anch’essi medici, fu tributato altrettanto onore nelle arti mediche. Sappiamo anche che era molto bella e che non amava coprire il capo con il velo che le donne solitamente indossavano. Trotula ci lascia il De passionibus Mulierum considerato il primo trattato di ostetricia e ginecologia. In età moderna si ripartirà dagli scritti di Trotula per sviluppare gli studi ginecologici e questo rende fondamentale e fondante il suo lavoro. In più si sa che al suo funerale migliaia di persone seguirono il feretro, come fosse una regina, probabilmente una forma di gratitudine a una solerte e infallibile levatrice… Poco altro. Ma nel romanzo c’è molto di più. Prima di tutto c’è una storia, raccontata da svariati personaggi: la tata analfabeta, il precettore benedettino, il marito geloso, la cugina sottomessa, i figli medici e il fratello cuoco…Trotula prende vita sulle pagine e non delude nemmeno per un attimo. La vicenda di una donna curiosa e combattiva, madre e medico, che si confronta giorno dopo giorno con la società dell’epoca e con il ruolo a cui il suo genere era relegato. Eppure se c’è una cosa che Presciuttini dimostra con questa vicenda è che le consuetudini e le leggi divine o umane, possono essere sovvertite, cambiate, aggirate, rifiutate. “L’idealizzazione della sua figura, divenuta quasi leggendaria, ha portato alcuni studiosi a metterne in dubbio la storicità.” (dalla pagina su Trotula di Wikipedia): infatti il personaggio immaginato da Presciuttini fa esplodere regole imposte al femminile per ottenere un risultato che oggi capiamo come inevitabile, ma allora assolutamente lontano a venire. In alcune cose Trotula sarebbe all’avanguardia, esistenzialmente parlando, ancora oggi. Non facile il compito di rendere verosimile una storia incredibile già nei dati certi, eppure Presciuttini riesce nell’impresa, forte della ricerca pluriennale sulla figura della sua protagonista e di un’evidente capacità di costruire personaggi e trama. Per sintetizzare i molti temi importanti procederemo quindi per dogmi, e per superamento degli stessi:
La donna deve restare nell’ignoranza. Ricerca, studio e approdo alla scuola di medicina dopo la morte per parto della madre. L’autrice immagina la figura del precettore, il benedettino Gerardo, come fondamentale per la prima istruzione di Trotula in quanto frate aperto e dalle conoscenze “eretiche”, per fortuna in epoca pre inquisizione… Alla scuola di medicina primeggia nella sua classe fino a scontrarsi con la pratica di aprire i cadaveri dei maiali per capire come curare il corpo umano, già favorevole alla dissezione e alla chirurgia. Tuttavia la formazione medica di Trotula segue anche una via parallela: quella della sapienza pratica delle cosiddette praticone, figure a metà tra la fattucchiera, l’erborista e l’ostetrica. Il personaggio di Costanza, una di queste “praticone” è fondamentale e incredibilmente importante per capire la figura di Trotula: la differenza tra le due è certo nei natali. La nobile De Ruggiero poteva ambire alla scuola di medicina e alla teoria e alla ricerca medica, invece le donne che quotidianamente facevano nascere i bambini e curavano la gente della campagne dovevano arrangiarsi con la conoscenza delle erbe e formule magico-rituali.
La donna non può diventare magistra. Alcune lezioni date in età avanzata alla scuola medica salernitana e i trattati che ella scrisse confutano anche questa regola. Eppure non ottenne una cattedra: forse una genesi del soffitto di vetro dovrebbe partire da questa vicenda.
La donna è di proprietà del marito. Qui serve un excursus: la gelosia di Giovanni Plateario, marito di Trotula e medico anch’esso, esplode tutta d’un tratto. Non facile per un uomo, a quel tempo, avere al fianco una donna nettamente più portata nelle medicina, una donna libera e ribelle alle convenzioni sociali, in grado di parlare con medici di sesso maschile provenienti da terre lontane per confrontarsi sulle pratiche della materia. Presciuttini qui supera se stessa: spurio il tema della violenza sulle donne, ma mai superfluo in questo periodo! In Trotula c’è anche spazio per una versione Medievale del “No Means No”, che dimostra come mettere fine a una relazione pericolosa è una scelta che allora come ora comporta anche degli sforzi e dei sacrifici, ma che non può assolutamente comportare ripensamenti e atteggiamenti ambigui.
La donna deve partorire con dolore. Questo è scritto nella Bibbia. Il De passionibus Mulierum riporta alcuni metodi per evitare la morte delle donne durante il parto talmente innovativi che se fosse stato letto e insegnato dalla sua comparsa, molte donne avrebbero vissuto di più. Ma non solo: la salute delle donne è curata a partire dal presupposto rivoluzionario che le donne in alcun caso debbano provare dolore: checchè ne dica la Bibbia tutto è rimediabile e curabile. Trotula per la prima volta sfida i dolori propriamente femminili nonostante questi fossero visti come sorte naturale del genere in questione. Il corollario a questo tipo di ricerca è che le patologie femminili vanno riconosciute e curate perchè la donna, per la società, è importante almeno quanto l’uomo.
La donna non deve provare piacere. Che la carne della donna sia fatta per provare piacere è una deduzione medica per la nostra eroina. La costrizione alla purezza qui viene trattata come una di quei dogmi da far esplodere, andando a scandagliare quel mistero terrificante che il piacere femminile costituisce agli occhi degli uomini. Che sia uno sguardo medico o quotidiano, questo comporterebbe, come molte delle tematiche qui trattate, una riflessione a sé stante. In una società, quella odierna, che stigmatizza un pantalone troppo corto, la donna senza velo che fu Trotula de Ruggiero nell’anno Mille già insegnava la disobbedienza all’insegna di una libertà profonda, consapevole.
Oggi questo tipo di imposizioni, a vari livelli, più o meno esplicitamente, sono ancora percepite come valide. Per questo il romanzo sulla vita di Trotula è attuale e oltre a raccontare la figura semisconosciuta di una grande nostra antenata (di tutte le donne!) indaga su una posizione femminile ancora tutta da costruire. Partire dal rifiuto delle norme imposte è forse il primo passo per l’autoderterminazione e per un radicale miglioramento delle condizioni di vita e salute delle donne. Spero davvero che la forza divulgativa del romanzo diffonda la storia della super donna che fu Trotula de Ruggiero come esempio e speranza per una femminilità vessata e, a volte, silente.