di Emanuele Manco
Francesco Verso, Livido, Delos Books, Milano, 251 pagine, 12,80 € (cartaceo), 3,99 € (eBook)
Livido di Francesco Verso è una storia di vendetta, di amore e di ossessioni.
Un’ossessione è quella del giovane protagonista della vicenda, Peter Pain, per Alba, una donna che in realtà è il contenitore artificiale, “nexumano”, nel quale è stata caricata la sua coscienza tramite il processo di “mind uploading”.
E l’Umanità? Non tutti se la passano bene nel mondo immaginario descritto dal romanzo, in particolare Peter, che di problemi ne ha tanti. Ha un corpo mutilato e non vive, ma sopravvive, rovistando nella Palta, l’accumulo dei rifiuti nelle discariche, alla ricerca di qualsiasi cosa possa essere riutilizzabile, vendibile.
La Palta, come il Kipple di cui è esplicita citazione, non è più qualcosa che si possa nascondere sotto il tappeto nel 2040, anno in cui prende le mosse la vicenda, ma è una massa contigua alle zone urbane che sembra dotata quasi di vita propria.
Cosa si celi dentro, nelle profondità della Palta, è uno dei misteri del romanzo, uno dei viaggi che lo scrittore fa intraprendere al suo protagonista. Ma quello che colpisce è, come già a una analisi della sua superficie, essa si presenti come uno specchio che restituisce una immagine deformata, consumate e degradata delle vite delle persone, narrata dagli oggetti che vengono gettati. Non è possibile farla crescere oltre misura e le “riciclerie” dove vengono venduti i pezzi recuperati sono fondamentali per evitare che sommerga tutto e diventi l’unica cosa reale.
Le bande di rovistatori hanno regole selvagge, se poi è il corpo di una nexumana a finire nella Palta, non ci sono sconti. Neanche se è Alba, la ragazza che lavora all’agenzia viaggi Cieli Boreali, e che Peter osserva non visto ogni giorno. La storia del recupero dei suoi pezzi, contesi con il fratello Charlie, è la vicenda centrale del romanzo, con un arco temporale lungo parecchi anni, ma in realtà aggregati ai momenti di questo arco temporale Francesco Verso dissemina i dettagli della sua complessa costruzione narrativa, di riflessioni che talvolta sono intrusive nel puro e semplice racconto dei fatti. Sì, Verso non segue il dogmatico “show don’t tell”. È una scelta che appare quasi fiera, perché essenzialmente Livido punta sulle idee. Sono così tante che pure sembrando di contorno arricchiscono la definizione del mondo, delle regole su cui si basa, e l’esperienza di lettura.
Forse definire il romanzo fanta-ecologista è eccessivo, perché probabilmente non era nelle intenzioni esplicite dell’autore, eppure è innegabile lo scaturire di riflessioni ecologiste da una narrazione di questo tipo. È possibile il vero e proprio risanamento della Palta? E se l’aggregazione di microchip, di pezzi di elettronica, in modo caotico se non frattale, avesse conseguenze impreviste e potesse portare a qualcosa che trascenda l’intelligenza artificiale?
Tornando alla linea narrativa principale, il “mind uploading” non può che fare tornare al problema della definizione dell’anima e del suo reale rapporto con il corpo.
L’odissea del protagonista tra la vendetta, il rancore e il livore, esplicitati nel conflitto tra fratelli, accompagneranno il personaggio, che narra la vicenda in prima persona, nella sua crescita emotiva. Pertanto si può definire, in un certo senso, che Livido sia anche un romanzo di formazione.
Va da sé che l’autore non ha l’ambizione di dirvi che tutti i temi narrati e tutte le idee inserite nel romanzo siano nuovi e originali, e rivendica esplicitamente tutte le sue primogeniture. È un gioco non nuovo in tutti i generi letterari. La differenza è sempre nel fare apparire il risultato con una freschezza propria. Nel come, insomma, il lavoro di rimescolamento è stato effettuato.
Francesco Verso ha vinto il premio Urania con E-Doll suscitando pareri contrastanti. Il romanzo, ricco di idee, denotava forse uno stile immaturo e ridondante. Ma è stato l’inizio di un processo che non si è fermato e lo ha portato con Livido, vincitore del Premio Odissea della Delos Books, a una prova da scrittore maturo, un autentico professionista.
In conclusione siamo davanti a un’opera in cui temi sociali e interiori, vicende e momenti di tensione narrativa appassionanti, sono mescolati con una prosa che l’autore è riuscito a rendere essenziale, anche se stilisticamente forbita. Un romanzo che ci dimostra, una volta di più, che la fantascienza italiana è su una via di crescita costante, capace di offrire sia testi di puro intrattenimento che progetti con ambizioni letterarie più elevate, come da tempo è capace quella anglosassone.