di Antonino Fazio
Dario Tonani, Mondo9, Delos Books, Odissea Fantascienza, pagg. 168, euro 12,80.
In un bell’articolo apparso nel numero 35 di Writers Magazine Alain Voudì definisce Mondo9, il romanzo fix-up di Dario Tonani (Delos, 2012), “un incubo steampunk… un’allegoria feroce e sanguinosa dell’alienazione umana”, e annota che “l’alienazione è tanto forza quanto limite del romanzo”, nel senso che in esso si avverte l’assenza di una vera partecipazione emotiva da parte dell’autore, la qual cosa impedisce al lettore di instaurare un rapporto empatico.
È difficile non condividere questo giudizio critico di Alain Voudì, il quale tuttavia non manca di ipotizzare che questa caratteristica, che a lui sembra un limite del romanzo, possa essere il frutto di una scelta del tutto deliberata da parte di Tonani, “un muto ma nemmeno troppo velato rimprovero dell’autore a una società ben più alienante di un’infinita distesa di sabbie tossiche”.
Proprio quest’ultima osservazione mi trova particolarmente d’accordo, perché Mondo9 è in effetti un pianeta alieno, nell’accezione letterale che la fantascienza dà a questo termine, ma è anche un mondo alienato e alienante, nel senso che le sue distese di sabbia velenosa, le sue plaghe ghiacciate, i suoi oceani putrescenti, i suoi stessi mezzi di trasporto sono tutti in varie maniere ostili alla vita. Ma… attenzione: siamo sicuri che si tratti davvero di questo? Mondo9 è veramente un pianeta in cui gli esseri viventi, semplicemente, muoiono?
Io penso che in questo quesito, in apparenza banale, incontriamo uno dei nodi narrativi del romanzo. A mio modo di vedere Tonani ha inventato un mondo in cui la vita biologica si scontra contro quella meccanica in una maniera assolutamente inedita. Dico ciò perché su Mondo9 le macchine non si limitano a ribellarsi agli umani, come in tutta la fantascienza che si rispetti, ma sono invece, fin da subito, più importanti degli umani.
Questa importanza, che si percepisce già all’inizio del romanzo, sembra dapprima dovuta a un semplice calcolo di carattere economico: le navi da terraferma di Mondo9 sono macchine altamente sofisticate, il cui valore commerciale è di molti ordini di grandezza superiore a quello degli uomini che fanno loro da equipaggio. Ma non è tutto qui. Queste navi sono macchine complesse, pur senza avere alcun componente elettronico (da qui l’appellativo steampunk attribuito all’universo del romanzo). Ma, soprattutto, le navi di Mondo9 sono, in un qualche senso del termine, vive.
Questo attributo della vita è, a mio parere, la vera invenzione narrativa di Tonani. Le navi che solcano i deserti di sabbia di Mondo9 non sono vive, infatti, perché imitano il pensiero dell’uomo, come fanno i computer e gli automi tradizionali della fantascienza classica. No, esse sono vive perché sono dotate di sensi, perché si muovono, si nutrono, si riproducono, comunicano, e soprattutto perché sono dotate di un istinto di sopravvivenza, o del suo equivalente meccanico.
Posto dunque che le navi e le macchine di Mondo9 sono vive in modo analogo e al tempo stesso profondamente diverso rispetto agli umani, ecco che la vita biologica è per la vita meccanica non tanto qualcosa da combattere, ma una specie di tipo diverso da utilizzare ai propri scopi. Ne deriva una conseguenza ulteriore, vale a dire il tentativo più o meno riuscito delle macchine di assimilare la vita biologica all’interno di se stesse, modificandola e modificandosi, a dispetto dell’entropia che avanza ma non riesce a prevalere.
Il risultato, profondamente allucinante, è il sorgere di forme di vita genuinamente aliene, a metà strada tra l’umano e il meccanico, con uno slittamento, nell’ultima parte del romanzo, verso una deriva prossima all’horror sovrannaturale. In questa alienità assoluta, a mio avviso, va ricercato il motivo profondo della “carenza empatica” sottolineata nell’articolo di Voudì. Si tratta infatti, io credo, non tanto di “distanza emotiva” quanto piuttosto del tentativo di far percepire al lettore che cosa significhi sentire come una macchina.
Questa immersione nell’inconscio meccanico è la cifra narrativa di Mondo9, il suo punto di non ritorno. In questo senso leggere il romanzo di Tonani produce senz’altro emozioni, solo che si tratta di emozioni aliene che in quanto tali risultano, come si è detto, alienanti.