di Max Martirio
Certe storie vanno raccontate. Anche se sono storie tristi. Anche se sono squallide. Sarebbe bello occuparsi solo di eventi culturali, di ambienti glitter, di stili pop/underground/mainstream. Ci si potrebbe illudere di vivere in un mondo colorato, pieno di bei giovani creativi, affascinanti e ottimisti.
Invece la procedura pelosa, con le sue miserie, irrompe nella realtà “bassa” e la ferisce, la spacca.
A Bologna esisteva un servizio pubblico d’eccellenza: il Punto Prelievi Centralizzato dell’Ospedale S.Orsola Malpighi, in Via Pelagi. Avevano impiegato mesi per ottimizzarlo. I vari CUP cittadini fissavano l’appuntamento, rilasciando un numero progressivo e una fascia oraria (8.50, 9.00 ecc). Arrivato al Punto Prelievi l’utente controllava la propria posizione su un tabellone luminoso. Quando appariva la sua fascia oraria, e il numero corrispondente, completava l’accettazione. Le attese erano contenute, i ritardi minimi, anche se il Centralizzato effettuava dai 300 ai 350 prelievi di sangue al giorno, oltre al ritiro dei campioni biologici. Poi aspettava il proprio turno agli ambulatori, ognuno con due infermiere, e anche qui i ritardi erano accettabili. Infine il referto si poteva scaricare da internet, con una password che veniva inviata al telefono cellulare o via mail.
Ora il Centralizzato non esiste più. E’ stato chiuso, e gli utenti redistribuiti nei vari ambulatori sparsi per la città e nelle città satellite. Aumenteranno le attese, i ritardi (essendo molte strutture già sovraccariche), e non si potrà visualizzare il referto, ma ci si dovrà munire di un francobollo per una spedizione via posta, oppure tornare di persona a ritirarlo, con un incremento dei mezzi di trasporto ecc.
Il comunicato stampa dell’AUSL non la cita, ma non ci sono dubbi sulla motivazione di questa scelta: l’ignominia nazionale denominata Spending Rewiew. Vale a dire l’opera accurata, paziente, violenta di smantellamento di ciò che resta del servizio pubblico. Si torna indietro, si eliminano servizi importanti, si depaupera la struttura. Sono “scelte sovraordinate”, si recita, imposte dall’Europa. In realtà i soldi servono per tamponare le falle delle banche, che non concedono più prestiti e mutui ma incassano miliardi dalla BCE che poi investono in titoli di stato esteri; per le “grandi opere”; per il mantenimento di una casta politica parassitaria e inutile; per le mostruose spese militari (un servizio de L’espresso rivela che i generali spenderanno ventidue miliardi di euro solo per digitalizzare l’esercito, oltre a una lunga serie di balocchi privati di nessuna utilità), e molto altro.
I responsabili di questo disastro sono ogni giorno in televisione, vezzeggiati, coccolati da simil-intervistatori che li chiamano “Presidente” (ma quanti sono i presidenti in Italia?) e offrono loro il palcoscenico per predicare sul “bene del paese”. E soprattutto per ripetere, con cadenza ossessiva, i fondamenti del Pensiero Unico del Regime Transnazionale dei Predator: non può esistere altro programma all’infuori del nostro, denominato “rigore”. Chiunque affermi il contrario è un illuso, uno stupido e un irresponsabile.
Non dobbiamo crederci. Non dobbiamo ascoltarli. Non dobbiamo guardarli. La sola loro immagine veicola onde negative, che potrebbero anche causare disturbi neurovegetativi. Non dobbiamo pronunciare i loro nomi, perché Proust ci ha raccontato quale potenza visionaria viaggia sui nomi.
Soprattutto dobbiamo respingere alcuni dei più importanti codici subliminali del Pensiero Unico: se sei una vittima devi tacere e ubbidire, perché potrebbe capitarti di peggio; se rubi con astuzia te la sfanghi; se rispetti l’ordine gerarchico naturale forse puoi entrare nella nostra élite, nella nostra casta.
Solo così sarà possibile organizzare una vera Resistenza.
Perché un dato è certo: non arriverà un esercito di alleati a liberarci.
Gli alleati sono loro.