di Mauro Baldrati
(Il Grande Vecchio è ricoverato in clinica).
Il vecchio respirava a fatica. La posizione distesa, l’immobilità cui era costretto dalle flebo non lo aiutavano. Si sarebbe girato su un fianco, ma si sentiva troppo stanco per chiamare di nuovo l’infermiera. E poi doveva risparmiare le forze per l’incontro imminente con Bridge, il suo segretario particolare. L’orologio appeso al muro segnava le 5.52. L’aveva convocato per le sei. E pretendeva la puntualità. D’altro canto ci era abituato. Solitamente il vecchio si alzava alle 4.30, e alle 5.45 c’era già il primo briefing.
Piegò le gambe, le distese, le piegò di nuovo, cercò di inspirare a fondo. Dopo la tremenda colica renale era stato ricoverato alla Maartens Clinic di Londra, la più prestigiosa del mondo per quel genere di patologia. I reni erano distrutti, forse avrebbe dovuto sottoporsi a un nuovo trapianto. Alla sua età non era previsto, ma in Bielorussia, in una clinica privata con personale medico di sua fiducia, non era un problema reperire un organo in tempi brevi. Anche il nuovo rene si sarebbe deteriorato rapidamente, per la sua malattia degenerativa irreversibile, ma ormai aveva 89 anni, sarebbe stato l’ultimo.
La porta si aprì. Luna, una delle 5 infermiere che si alternavano al suo servizio esclusivo, annunciò l’arrivo del dottor Bridge.
“Lo faccia entrare” disse il vecchio.
Il segretario entrò, camminando sulle uova come suo solito. La faccia era gonfia di sonno. Forse la sua lunga assenza l’aveva reso ancora più molle? Forse andava a letto tardi? Forse mangiava troppo? O addirittura beveva?
“Come va stamane, eccellenza?”
Il vecchio tossì e fece un gesto con la mano. “Normale, ma non perdiamo tempo in smancerie. Che notizie mi porta dal Paese dei Matti?”
Da tempo non riusciva più a chiamare l’Italia col suo nome. Era in continua turbolenza, creava solo problemi, e i problemi non erano graditi al Consiglio di Amministrazione dell’Azienda Madre. Solo le certezze erano gradite. Solo la garanzia di una prospettiva.
“Hanno eletto il Presidente della Repubblica, eccellenza.”
“Oh. Finalmente. Quegli inetti. Quei galli da cortile. Quei topastri di campagna. Non sarà quel giurista spero.” Ci mancava solo qualcuno che creasse ulteriori problemi.
“No, eccellenza. In realtà non l’hanno eletto. E’ stato riconfermato Salernitano.”
Il vecchio accolse la notizia nell’immobilità più assoluta. Anche il suo cervello, per un attimo, si paralizzò. Gli accadeva spesso, durante la giornata. O di notte, quando giaceva sul letto senza dormire. Erano come attimi di vuoto, di nulla. Oppure era stata la sorpresa. Una piacevole sorpresa peraltro. Salernitano era un presidente perfettamente conforme alle esigenze dell’Azienda Madre. Equilibrato, deciso, consapevole delle forze in campo, del giusto equilibrio. E poi era quasi un suo coetaneo.
“Dopo l’inutilità di ogni tentativo, e le elezioni andate a vuoto, Fessani ha chiesto a Salernitano di restare.”
“Beh, meglio così” disse il vecchio, che si sforzò di ricordare tutti i passaggi di quell’ennesima crisi: le elezioni fallite, l’avvento clamoroso ma non determinante di quel cuoco prestato alla politica, Pippo Brillo, detto Brylcreem, perché aveva i capelli sempre impomatati. Questo era positivo ovviamente. Lo stallo di quei buoni a nulla di politici italiani era favorevole per l’Azienda Madre. Se nessuno era in grado di governare ci pensava il Consiglio, attraverso l’italiano della banca centrale, in contatto con quel professore, l’uomo ideale per il Consiglio. L’unica sorpresa poco piacevole era stata la rimonta di Burlesquetti. Nessuno l’aveva previsto. Era stata colpa di Fessani ovviamente, e del suo partito, che aveva condotto una campagna elettorale scioccamente trionfalista. Burlesquetti e la sua banda di tagliagole dovevano stare alla larga dal Paese dei Matti. Pensavano unicamente alle loro beghe private, le bustarelle, i processi, le orge, mentre gli interessi dell’Azienda Madre venivano trascurati. Il Consiglio aveva deliberato l’ostilità totale verso Burlesquetti, ma il voto l’aveva, inaspettatamente, resuscitato.
“Che altro?” chiese il vecchio, brusco.
“Salernitano ha incaricato un giovane ma navigato esponente del partito di Fessani, che si è dimesso, di formare il nuovo governo. Si tratta dell’onorevole Colletta.”
“Ah” disse il vecchio. “Non il Bamba dunque?”
Il Bamba, Gatteo Bronzy, il giovane sindaco di quella piccola città, Spotorno, era ben visto dal Consiglio. Ottimo comunicatore, sapeva recepire i codici nascosti nell’immaginario collettivo della popolazione, e al contempo era affidabile dal punto di vista dell’economia. Avrebbe tutelato gli interessi dell’Azienda Madre, soprattutto per quanto riguardava le liberalizzazioni, le normative sui contratti di lavoro e l’ulteriore ridimensionamento del welfare, a favore degli investimenti privati.
“Il sindaco per ora… si sta scaldando in panchina” disse Bridge.
“Che sciocchezza. E che mi dice di questo nuovo presidente del consiglio?”
“E’ un rampollo, centrista, nipote del braccio destro storico del cavalier Burlesquetti. Riteniamo che non rappresenti un pericolo.”
Il vecchio non aveva neanche bisogno di riflettere. Il suo cervello, a tratti rallentato, con molte falle e vuoti di memoria, era come un computer naturale: bastava un dettaglio per attivare il programma. “Però farà il governo con Burlesquetti” disse.
Una pausa ad effetto di Bridge. “Lo ha già fatto, eccellenza.” La solita, indisponente teatralità del segretario. “E ha dato i ministeri più importanti al partito del Cavalier Burlesquetti.”
Il vecchio represse una battuta acida. Non aveva l’energia sufficiente per le parole superflue. “Certamente Salernitano non aveva alternative, con quel branco di mantenuti imbellettati. Non durerà. Prima o poi si andrà di nuovo a elezioni. Probabilmente il Bamba non ce la farà. C’è il caso che vinca di nuovo Burlesquetti. E’ diabolicamente abile, sfrutterà al meglio il palcoscenico governativo che quel rampollo gli ha offerto. E’ come una maledizione. Risorge di continuo. Ma perché non abbiamo potuto tenerci quel professore? Era perfetto. Zelante, rigido, ubbidiente. Un soldato.”
Il vecchio era allo stremo. La schiena gli faceva male. E anche lo stomaco. Eppure doveva tenere duro. Il momento era delicato. Il Paese dei Matti era determinante per le sorti dell’Europa. Non potevano permettersi di perderlo.
“E di Brylcreem che si dice?”
Bridge si dondolò sulle gambe. Sospirò, prima di rispondere. “Lo chef Brillo sfugge alle classificazioni eccellenza. Si presenta ai comizi vestito da cuoco, sbraita e ha un seguito enorme. Secondo gli analisti come politico forse potrebbe essere compatibile. Ha una visione economica apparentemente non molto dissimile da quella del sindaco Bronzy. Però il suo movimento non è considerato tale. Per esempio sono contro la TAV, sulla quale, come lei sa eccellenza, abbiamo investito decine di milioni di euro. Gli analisti hanno valutato che il suo movimento potrebbe avere una valenza per noi ostile al 56,37 per cento.”
La faccia incartapecorita del vecchio, come una maschera di cuoio, ebbe una smorfia. Forse. Apparentemente. Gli analisti hanno valutato. Significava che non ci capivano nulla. Lui non aveva bisogno degli analisti. Lui aveva dalla sua la storia. Lui era la storia. Sarebbe andato al prossimo Consiglio direttamente col lettino, con le flebo inserite, circondato da infermiere e col suo medico al seguito. Il Paese dei Matti era troppo imprevedibile. Non poteva essere lasciato a se stesso. Maledì l’ignavia dei partiti, che non avevano fatto scendere in campo Il Bamba e avevano permesso l’ennesima resurrezione di Burlesquetti. Con quel guitto di nuovo al potere, magari come Presidente della Repubblica, il Paese dei Matti sarebbe andato alla malora. La sua gang avrebbe rubato a piene mani, come al solito, dispensando elemosine, spettacoli e risate al popolo, come faceva Caligola, poi sarebbe scappata con la cassa. Questo era inammissibile. Avrebbe imposto al Consiglio l’unica soluzione praticabile: accelerare la procedura di default. Tanto era già da mettere in conto. Il fallimento del Paese dei Matti doveva avvenire sotto la rigida tutela del Consiglio. Poi, via al presidenzialismo. Così persone affidabili come Salernitano non avrebbero avuto le mani legate.
E la cassa non sarebbe andata a Burlesquetti e ai suoi predoni.
Perché la cassa era di proprietà esclusiva dell’Azienda Madre.
[Questo è un racconto di fantapolitica, con eventi e personaggi immaginari. Pertanto ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale.
Le immagini: in apertura foto di Irving Penn; all’interno: una pubblicità della mitica brillantina, particolarmente diffusa negli anni Cinquanta]