di Valerio Evangelisti
[Nella foto, Riccardo Valla tra Vittorio Curtoni e Giuseppe Lippi.]
E’ sempre terribilmente doloroso parlare, a caldo, della scomparsa di un amico. Lo è in modo ancora più acuto nel caso di Riccardo Valla, perché è quasi impossibile pensare che non ci sia più. Cercherò di farlo astraendo il più possibile dai miei sentimenti personali e tentando di interpretare il pensiero di tutti i redattori di Carmilla.
Riccardo era un uomo coltissimo, gentile, sensibile, perennemente curioso e, al tempo stesso, disposto a condividere con chiunque i suoi saperi quasi illimitati. Esordì come consulente scientifico per la Boringhieri, fu libraio a Torino, editore, traduttore fra i più capaci. Appassionato di fantascienza, impreziosì con le proprie dotte prefazioni le collane della Nord. Grazie alle sue competenze fu tra i pochi capaci di tradurre un autore “ostico” come Greg Egan. Tradusse anche Il codice Da Vinci di Dan Brown, con tale maestria che le successive edizioni americane del romanzo dovettero tenere conto delle sue correzioni.
Proprio Il codice segnò un momento importante della sua collaborazione con Carmilla, avviata quando ancora la nostra testata era in edizione cartacea. Subito dopo averlo tradotto ne fece la caricatura in un testo, Il coccige Da Vinci, che pubblicammo a puntate. Il racconto vinse, tra la sorpresa di Riccardo e di tutti, un premio alla Italcon di Fiuggi nel 2006 (vedi qui). Ma per scoprire il contributo “carmillano” di Riccardo basta inserire il suo nome e cognome nel nostro motore di ricerca, in alto a destra. Posizione inadeguata per chi è stato, tutta la vita, in basso (per umiltà personale) e a sinistra.
Abbiamo tra le mani un dischetto contenente molte prefazioni scritte da Riccardo ai romanzi della collezione Cosmo Oro dell’Editrice Nord, riviste da lui stesso. Le ripubblicheremo poco a poco, perché sono da centellinarsi come un liquore raffinato.
E ora mi spoglio di ogni veste ufficiale per dire due parole su Riccardo quale lo ho conosciuto. La sua facondia era proverbiale, e lui ne era ben consapevole. Una volta, in un bar di Milano, disse ai convenuti (ricordo il suo grande amico G.L. Staffilano, traduttore altrettanto eccelso, Vittorio Curtoni, Antonio Bellomi e non so chi altri): “So che parlo molto. Non fatemi caso, sono fatto così. Continuate pure a parlare tra voi, io continuo anche da solo”. Tanta autoironia non è da tutti.
In realtà, ascoltarlo era un piacere enorme, perché divagava in ogni campo dello scibile senza la minima traccia di saccenza. Con un accento torinese che mi mancherà tanto. Ma proprio tanto.
Riccardo è morto tre giorni fa, di infarto, all’età di 71 anni portati benissimo. Spero che non abbia sofferto: nessuno lo meritava meno di lui.
Il giorno dopo è venuto a mancare anche Paolo De Crescenzo, coraggioso fondatore della casa editrice Gargoyle. Lo ricorderemo al più presto. Sta di fatto che, per il genere fantastico, il 2013 esordisce nel peggiore dei modi.
Un ultimo abbraccio, Riccardo, amico mio e di chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerti.