di Alessandra Daniele
La Sicilia è un laboratorio che di solito anticipa le alchimie politiche nazionali. Quindi analizzare cosa si stia cucinando in Sicilia in questo periodo potrebbe darci un’ idea del futuro del paese. Il prodotto principale sintetizzato dalle elezioni regionali di domenica scorsa è una strana forma di populismo senza popolo: il 52% degli elettori – la maggioranza assoluta – non ha votato, mentre Il 18% dei pochi votanti sceglieva il M5S di Grillo, facendone il primo partito dell’isola.
Un partito dallo strano leader: proprio nel momento in cui gli altri più s’affannano (spesso invano) ad affermare la loro leadership, Grillo la nega con veemenza, salvo poi esercitarla con altrettanta veemenza quando si tratti di scomunicare una dei suoi adepti, rea d’essere apparsa in Tv fuori dal recinto Casaleggio.
Un leader caratteriale ma carismatico, alla guida d’un manipolo di giovani inesperti ma entusiasti: una vecchia formula per un prodotto nuovo solo nella confezione, una sostanza da sempre molto amata dagli italiani, e altrettanto tossica, soprattutto a danno delle cellule cerebrali, come l’attuale stato confusionale del paese dimostra oltre ogni dubbio. Anche Berlusconi all’inizio si presentò come un rinnovatore circondato da yuppies, le seconde file però già traboccavano dei peggiori riciclati.
Grillo è già tentato dal fare shopping al mercato dell’usato, per ripescare Di Pietro appena scaricato dal PD. Sarebbe un recupero logico: Di Pietro è in fondo un embrione scongelato, una larva non maturata della stessa specie di leader che Berlusconi e Grillo sono invece riusciti a diventare.
Il prototipo è ovviamente Mussolini, ma non voglio dare a Grillo del fascista, gli procura troppi voti. La maggioranza degli italiani che si dichiara (e a volte si crede) di centro-centrodestra è in realtà fascista, e alla perenne ricerca d’una nuova dose della stessa vecchia merda, con un altro nome. E in Italia l’Uomo è sempre puntuale.
Nei suoi comizi, quando elenca i leader del passato remoto, definendoli giganti in contrapposizione agli attuali, Grillo non manca mai di citare Almirante: lo mette fra Berlinguer e De Gasperi. Il suo pubblico applaude beato.
A meno di un anno dalla caduta del precedente cazzaro, molti italiani sarebbero già pronti a riconsegnare la loro sovranità al successivo. Se non gli fosse già stata pignorata dalla BCE.
Un altro prodotto delle elezioni siciliane è la vittoria virtuale di Crocetta, candidato PD-UDC: una strana maggioranza senza maggioranza per un centrosinistra senza sinistra, che all’Assemblea Regionale dovrà ogni volta acquistare al dettaglio i voti che gli servono. Anche questa è un’indicazione sul futuro del paese: una fantasmatica vittoria nominale è molto probabilmente il massimo che la ricostituita Democrazia Cristiana PD-UDC riuscirà ad ottenere anche a livello nazionale, appena quanto basta per raffazzonare un governicchio ibrido, nominare un paio di dirigenti RAI, e poi tornare subito all’Agenda Monti che la Crisi reclama. Ma quanto durerà questa Crisi?
Per sempre.
Come Spauracchio globale è riuscita là dove Al Qaeda ha fallito: intere masse sembrano pronte a sopportare qualsiasi sopruso, qualsiasi negazione dei diritti e delle libertà, pur d’essere salvate dalla Crisi, e quelle che invece si ribellano vengono represse fra gli incitamenti rabbiosi dei succubi, come quegli italiani che odiano i greci, tifando che la BCE gli spezzi le reni.
Questa Crisi s’è dimostrata l’opportunità ideale che il Capitale aspettava per rottamare la democrazia, e durerà finché il Capitale ne avrà bisogno, cioè per sempre.
Almeno il ”sempre” umano.