di Alan D. Altieri
I do solemnly swear (or affirm) that I will faithfully execute the Office of President of the United States, and will to the best of my Ability, preserve, protect and defend the Constitution of the United States.
(Giuramento del Presidente degli Stati Uniti d’America)
Okay, so it’s THAT time of the four years again.
Martedì 6 novembre 2012, Big Tuesday/Election Day, il popolo americano (an ARMED ameriKa is a READY ameriKa!) si recherà alle urne dei cinquanta stati (wow, we got fifty now?…) per scegliere il prossimo presidente (long live da prez!) dell’ultima super-potenza.
The story so far, vale a dire dall’Election Day 2008, è nota. Da un lato, il giovanile, avvenente, elegante, comunicativo, demoKratiKo, avvocato African-American dell’Illinois. Dall’altro lato, l’anziano candidato reduce del Vietnam che dovrebbe succedere al dislessico ex-alcolizzato che parla con dio (pause pranzo escluse), presidente repubbliKano da due mandati. So it’s no contest: a furor di internet e di twitter e di facebook e di etc etc etc, nell’Election Day 2008 il carismatico Barack Hussein Obama (that’s some name, man…) diventa il 44esimo presidente USA. E continuerà ad esserlo. Almeno fino a questo ormai incombente Election Day 2012.
Duramente bi-partitica – demoKratici, repubbliKani – la struttura politica americana all’apparenza non lascia spazio a dubbi.
All’apparenza.
Nella realtà, le zone grige della politica dell’ameriKa sono tanto vaste quanto le zone corrotte della politica di necroland. Forse l’errore più grossolano (per malafede?), la disinformazione più sballata (per calcolo?), la panzana più monumentale (per stupidità?) che vengono spacciate dai media di necroland è che i “demoKratici sono di sinistra” mentre “i repubbliKani sono di destra.” Negli USA, parlare di destra e sinistra è come parlare a necroland di trasparenza e onestà. Negli USA si può parlare al massimo di “progressismo” (molto annacquato) e di “conservatorismo” (molto inquinato). La storia presidenziale stessa è un autentico coacervo di annacquamenti e inquinamenti. Limitandosi ai Secoli XX & XXI:
– il presidente Harry Truman, democratico, firma la resa della Germania nazista ma dà anche inizio alla Guerra di Corea;
– il presidente Dwight D. Eisenhower, repubblicano, diventa l’asse portante della Guerra Fredda, ma ben si guarda da spingere gli USA in coinvolgimenti militari diretti;
– il presidente John F. Kennedy, democratico, gioca a fare il l’amicone di tutti/e, ma impegna gli USA in prima linea nel disastro a venire del Vietnam;
– il suo successore inevitabile dopo l’attentato di Dallas, Texas, il presidente Lyndon B. Johnson, democratico, da un lato promove la sua onirica Great Society liberista/populista, dall’altro trasforma la guerra del Vietnam in un incubo militare & economico, politico & sociale;
– il presidente Richard M. Nixon, repubblicano, capisce di essere costretto a porre fine alla guerra del Vietnam medesima, ma arriva ad “aprire alla Cina” di Mao Tsedong;
– il presidente Jimmy E. Carter, democratico, riceve il Nobel per la pace, ma autorizza il salvataggio degli ostaggi americani nell’ambasciata USA di Teheran uscendone con un disastroso fiasco prima tattico e poi politico;
– il presidente Ronald W. Reagan, repubblicano, procede a brutali operazioni di “polizia” internazionale come Grenada e Panama ma sfascia il colossale monopolio ATT delle telecomunicazioni;
– il suo delfino e successore, il presidente George H.W. Bush (Bush 1), repubblicano, segue la disgregazione (morbida?) dell’Unione Sovietica (fine Guerra Fredda?), ma scaraventa gli USA nella liberazione del Kuwait invaso da Saddam Husseain (guerra Iraq 1);
– il Presidente William J. Clinton, democratico, looks the other way mentre 1.2 milioni di persone vengono macellate in Rwanda a colpi di machete, ma si lancia assieme alla NATO nella farneticazione delle guerre balcaniche;
– il presidente George W. Bush (Bush 2), repubblicano, il già menzionato dislessico ex-alcolizzato che parla con dio, sfugge alla contraddizione: dal 9/11 alle due guerre mediorientali tuttora in corso (Iraq 2, Afghanistan) passando per New Orleans annientata dall’Uragano Katrina, il suo doppio mandato è un’unica delirante, tragica successione di kisses of death, baci della morte, e non solo per lameriKa…;
– il presidente Barack H. Obama, democratico, cerca, prevedibilmente fallendo, di instaurare un servizio sanitario federale, ma è costretto ad affrontare il retaggio del maelstrom finanziario creato da Bush 2. Unico modo di “salvare lameriKa” dal baratro è pompare un triliardo di dollari pubblici nel sistema bancario privato. I mean, is THAT demoKratiK, or what?
Questa lista insensata come la contraddizione e lunga come la disperazione può però confermare come le differenze tra i due schieramenti della politica ameriKana siano talmente risibili da risultare trascurabili. In estrema sintesi, sul fronte interno: i demoKratici affermano (a parole) di essere “dalla parte dei poveri”, i repubbliKani dichiarano (sempre a parole) di non voler “spremere i ricchi”. Ma alla fine, il potere è il potere, i dollari sono i dollari, il voto è il voto.
A differenza dell’ennesima turpitudine di necroland, negli USA non esiste alcuna legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Da qui la pressante, dominante penetrazione nella politica delle lobbies private e dei cartels economici: petrolio, armamenti, industria pesante, costruzioni, etc etc etc. Da qui il funding, finanziamento, simultaneo dei cartels a entrambi gli schieramenti. Ciò che i commentatori vicini al partito democratico chiamano dirty, angry money, soldi sporchi e rabbiosi. Da qui anche l’abbaiare più o meno frenetico in campagna elettorale, a cui puntualmente segue il rinnegare promesse e programmi.
Potrebbe quindi non essere fuori linea suggerire che, a meno di disastri esterni, nella realtà dei fatti e degli atti, un presidente amerikano vale l’altro.
Lo stesso sistema elettorale è progettato per questa sostanziale isotropia politica. Alright, ciò premesso, ecco quindi un piccolo quiz, destinato principalmente ai cervelloni che, nei buffoneschi media di necroland, si occupano di elezioni americane:
1) negli USA, il sistema politico è una repubblica federata parlamentare:
vero □ falso □;
2) negli USA, il Presidente viene eletto per suffragio popolare diretto:
vero □ falso □;
3) negli USA, il metodo di voto è unificato per tutti i cinquanta stati:
vero □ falso □;
4) negli USA, un quorum di votanti inferiore al 50% renderebbe non valida l’elezione:
vero □ falso □;
5) negli USA, l’elezione del Presidente viene ratificata da un voto del Congresso:
vero □ falso □.
Calcolo del punteggio: la casella “vero” equivale a zero, la casella “falso” equivale a uno. So, who’s the smart dude now? Vediamo punto per punto:
1) negli USA, il sistema politico è una repubblica federata parlamentare:
vero □ falso □;
– gli USA sono una repubblica federata PRESIDENZIALE:
Il Congresso, Senate & House of Representatives (Senato & Camera dei Rappresentanti), ha sostanzialmente funzioni di dibattito, ratifica e controllo del comportamento presidenziale, ma chi decide è sempre e comunque il prez, il quale ha diritto di veto. Ad es., è proprio il Congresso ad approvare il triliardo di dollari del contribuente passati da Obama alla banche in bancarotta, We, the People;
2) negli USA, il Presidente viene eletto per suffragio popolare diretto:
vero □ falso □;
– negli USA il presidente NON-È eletto per suffragio popolare diretto:
Tra il votante e il candidato si erge infatti l’Electoral College, Collegio Elettorale. È questa l’entità che effettivamente elegge il Presidente degli Stati Uniti. Nell’Electoral College, a ogni singolo stato della federazione corrisponde un certo numero di electoral votes (voti elettorali, proporzionale alla popolazione dello stato medesimo. L’immagine a destra [clicca sopra per ingrandirla] mostra il numero di electoral votes corrispondenti a ogni stato.
È proprio la conquista di questi electoral votes la vera chiave di volta della campagna presidenziale. Ed è per ottenere gli electoral votes che i candidati (e/o i loro vice) si lanciano furiosamente nei cosiddetti battleground states (stati di battaglia), le zone cioè dove l’indecisione di voto è massima. È infine il concetto di Electoral College a generare l’espressione landslide victory (vittoria a valanga): quando un candidato s’impossessa di tutti gli stati-chiave (per voti elettorali).
La mina vagante del sistema dell’Electoral College?
Un candidato vince il voto popolare, ma perde il voto elettorale. In sostanza, il presidente è eletto dalla minoranza numerica degli aventi diritto. È precisamente quanto accade ad Al Gore, il quale perde la cruciale elezione del 2000 contro Bush 2 a causa del famigerato “broglio della Florida”;
3) negli USA, il metodo di voto è unificato per tutti i cinquanta stati:
vero □ falso □;
– negli USA il metodo di voto NON-È unificato in tutti i cinquanta stati:
Ogni singolo stato ha una propria legge elettorale, una propria tempistica di voto, una propria modalità di spoglio delle schede. Andiamo da cabina & scheda & matita a leva destra/leva sinistra, da scheda pre-perforata a verifica dei fondi dei caffè… Hold a sec, okay, no, man: we ain’t got that part… not YET.
In compenso, giusto per non farci mancare nulla, ogni singolo stato ha anche proprie regole per il voto in anticipo, voto per posta, voto dei residenti esteri, voto dei visitatori alieni (nebulosa di Andromeda & blackholes) etc etc etc.
In aggiunta all’Electoral College, questa dispersa e dispersiva varietà di leggi elettorali spesso in contrasto le une con le altre, rimane la seconda quintessenziale mina vagante lungo la strada o per il 1600 Pennsylvania Avenue. Das right: Massima è la confusione sotto il cielo, commenterebbe il Presidente Mao, la situazione è eccellente!;
4) negli USA, un quorum di votanti inferiore al 50% renderebbe non valida l’elezione:
vero □ falso □;
– negli USA l’elezione presidenziale NON-HA-QUORUM:
Le statistiche dell’affluenza alle urne confermano una media tra il 42% e il 48% degli aventi diritto. Nella realtà, il Presidente degli Stati Uniti è eletto da un votante su quattro, o addirittura meno.
A oltre la metà degli ameriKani frega poco o nulla di chi è il prez. Agli amerikani (in senso lato) basta sostanzialmente di “keep government out of my pockets and out my bedroom”, tenere il governo fuori dalle mie tasche e fuori dalla mia stanza da letto. Traduzione: voglio pagare meno tasse e voglio farmi i cavolacci miei. Yeah, whas wrong with that?
Così, un’elezione dopo l’altra, un’amministrazione dopo l’altra, un Electoral College dopo l’altro negli USA tra “paese reale” e “paese legale” rimane un gigantesco scollamento. I politicanti USA vivono lassù, on the Hill. Al volgo, appaiono solo a stringere mani in campagna elettorale e a promettere pies in the sky (torte in cielo) che puntualmente rinnegano. Unica differenza con necroland: se un politicante sgarra, anche a livello infimo, e viene bekkato, finisce in un carcere federale di massima sicurezza. A necroland, se un politicante sgarra e viene bekkato si dichaiara indegnamente perseguitato dalle toghe politicizzate, ma sempre e comunque profondamente… sereno;
5) negli USA, l’elezione del Presidente viene ratificata da un voto del Congresso:
vero □ falso □;
– negli USA il Congresso NON ratifica l’elezione presidenziale:
Una volta completato lo spoglio delle schede, calcolati i voti elettorali, fatti tutti i vari gioki, giokini e gioketti di cui sopra, well… we’ve got a new Prez. And THAT IS IT!
Per cui, dopo tutta questa sparata, chi sarà il new prez?
L’ancora aitante per quanto un po’ (inevitabilmente) appannato demoKratiKo Barack H. Obama? Oppure il suo sfidante, ingessato affarista mormone, repubblicano ex-governatore del Massachusetts Willard Mitt Romney?
La risposta è in attesa nei fondi di caffè.
Come in tutte le elezioni presidenziali, a decidere saranno, letteralmente, poche migliaia di voti su decine di milioni. Un qualche semi-vuoto stato del West in cui si crede a una assurda rinascita economica, un qualche depresso stato della Bible Belt nel quale l’aborto è opera di Satana, un qualche remoto stato del Mid-West in cui la faccia di uno dei candidati è più telegenica della faccia dell’altro… Mai dimenticare: out of my pocket, out of my bedroom.
La bieca, cinica, indegna risposta dello scrivente: chiunque sarà il prez, c’è davvero una qualche reale differenza?
Forse.
O forse no.
Perchè di mezzo c’è sempre e comunque il football.
Un momento, football… Ma quale football?
Per cui, altro piccolo, infame quiz: What the Hell is THIS… football?:
1) la palla ovale del football (calcio americano),
vero □ falso □;
2) la palla sferica del soccer (calcio europeo),
vero □ falso □;
3) la palla cimelio del primo Prez ameriKano, Mr. George Washington, in carica dal 1789 al 1797,
vero □ falso □;
4) la palla storica del primo Super Bowl ameriKano, Super Bowl I, Los Angeles Coliseum, 15 gennaio 1967,
vero □ falso □;
5) la palla della fine del mondo… oops!
vero □ falso □.
Okay: qualcuno? nessuno? Alright, since you really insist…
Risposte 1), 2), 3), 4): falso-falso-falso-falso. Per cui:
5) End of the World, man!
Questo football è una valigetta nera in resina polimerica blindata, dimensioni circa 400.00 mm x 200.00 mm x 150.00 mm, apertura a combinazione alfanumerica modificata in random sequence.
Il football è collegato al polso di un ufficiale della US Air Force, un maggiore, un tenente-colonnello, un colonnello.
Questo ufficiale è the man with the football.
Questo ufficiale non è l’unico del suo genere: il numero esatto di the men with the football è top-secret. The men with the football sono infatti classificati priorità massima in assoluto per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America.
Prima che il football venga affidato a the man with the football, the man with the football medesimo è sottoposto allo scrutinio personale e professionale forse più approfondito, rigoroso e impietoso del mondo.
The man with the football è inoltre selezionato per un livello di stabilità psicologica di molto superiore alla media.
Eppure, a dispetto di tutto questo, la missione, unica & irripetibile, di the man with the football è meno che elementare: mettere il football a costante – and I really mean CONSTANT! – disposizione del Presidente degli Stati Uniti d’America.
A tutti gli effetti, the man with the football è l’ombra del Presidente degli Stati Uniti d’America.
The man with the football segue il Presidente degli Stati Uniti d’America dovunque egli vada: studio ovale, Air Force One, visite di stato, campagna elettorale, conferenze stampa, Burger King’s all’angolo di Pennsylvania Avenue, etc etc etc.
The man with the football siede in prossimità della stanza da letto presidenziale, attende a poca distanza dalla porta dei presidenziali servizi igienici nella West Wing, si erge in un angolo delle presidenziali cucine.
Dovesse venire il D-Day, solo e solamente su ordine diretto del Presidente degli Stati Uniti d’America, the man with the football aprirà il football per il Presidente degli Stati Uniti d’America.
Inizio e fine della missione, sottolineare: unica & irripetibile, di the man with the football.
A quel punto, il Presidente degli Stati Uniti d’America esaminerà la documentazione contenuta nel football.
Su una linea criptata e schermata, entrerà in contatto con la sala operativa del NORAD (North American Aerospace Defense Command) [a sinistra].
Detto luogo si trova nelle caverne sotto la Cheyenne Mountain presso Peterson AFB, Air Force Base, Colorado. Detto luogo è protetto da porte anti-esplosione da quindici tonnellate d’acciaio.
Sulla medesima linea criptata, il Presidente degli Stati Uniti d’America comunicherà infine al NORAD il codici di lancio dell’intero sistema di missili strategici degli Stati Uniti d’America – un totale di circa diecimila bombe H … and it’s bright, shining Armageddon Day!
Difatti: il football è la palla (so to speak) di calcio d’inizio dellla guerra termo-nucleare globale.
Chiunque sarà il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America – never, NEVER FORGET, MAN! – prima di qualsiasi altra cosa egli sarà…
… The man with the man with the football.