di Antonino Fazio
[Esiste una significativa incongruenza nel piranesiano intreccio del racconto ”Minority Report”? Il responso risultante da tre pareri successivi (il mio per ultimo) è negativo, ma ovviamente c’è anche un rapporto di minoranza. A.D.]
I paradossi legati ai viaggi nel tempo e, in generale, alle manipolazioni temporali, mostrano in modo chiaro come le regole logiche e le leggi della fisica siano strettamente intrecciate. Questo intreccio, concettualmente affascinante, è uno dei temi narrativi su cui gli autori di fantascienza si sono cimentati, con esiti quasi sempre apprezzabili.
Il film di Steven Spielberg del 2002, Minority Report, basato sull’omonimo racconto lungo di Philip Dick, pubblicato nel 1956, sul numero di gennaio di “Fantastic Universe” (trad. it. Rapporto di minoranza, in “L’uomo variabile”, Fanucci, 1979) era stato per me un’occasione interessante per effettuare un’analisi delle modificazioni subite dalla storia originale nel passaggio al medium cinematografico.
Ne era venuto fuori un articolo dal titolo esplicito, ”Rapporto di minoranza. Un confronto tra Spielberg e Dick” (sul n. 39 di “Futuro Europa”, Perseo Libri, 2004) e nel confronto con il film di Spielberg la trama del racconto era stata analizzata in maniera dettagliata, per metterne in luce la complessità della struttura narrativa.
Com’è noto, in Minority Report, Dick non tratta dei viaggi nel tempo, ma dell’ipotesi che la conoscenza di eventi futuri offra la possibilità di modificarli. Tale idea è chiaramente basata sul presupposto che il futuro, anziché essere rigidamente prefissato, sia formato da linee di probabilità. In altre parole, si deve ammettere l’esistenza di mondi alternativi possibili.
Nella storia di Dick, si immagina che esistano dei mutanti mentalmente ritardati, detti precog, in grado di prevedere i crimini che verranno commessi in futuro. Dei veri e propri idiot savant insomma, le cui capacità vengono usate per impedire che i delitti abbiano luogo, per mezzo dell’arresto preventivo dei potenziali colpevoli.
A parte i dubbi di natura giuridica o etica che possono essere prodotti da una simile procedura, il punto cruciale è connesso alla natura probabilistica della precognizione. In effetti è insolito che fra i tre precog usati dall’Agenzia Pre-Crimine esista un completo accordo. D’altro canto, la convergenza di due previsioni su tre viene considerata analoga a una certezza. La previsione discordante, dal canto suo, è nota appunto come “rapporto di minoranza”.
A partire da queste premesse, il racconto comincia nel momento in cui il direttore dell’Agenzia, John Anderton, scopre di essere lui stesso un potenziale assassino, stando a uno dei rapporti di maggioranza prodotti dalle visioni dei precog. La trama è molto complessa, ed è difficile da riassumere in breve. Riducendola all’essenziale, dirò che Anderton fugge, convinto che sia in atto un complotto contro l’Agenzia. Non conosce affatto la sua ipotetica vittima, un certo Kaplan, e quindi non ha alcun motivo di ucciderlo.
Cercando di venire a capo della questione, scopre che il terzo rapporto, quello di minoranza, predice che lui, informato del futuro delitto, eviterà tuttavia di commetterlo. Il rapporto di minoranza sembra dunque prevalere su quello di maggioranza. In realtà, alla fine Anderton ucciderà davvero Kaplan, dopo aver scoperto che complottava contro l’Agenzia.
Nella ricostruzione di Anderton, le due previsioni che lo indicavano come assassino non erano in realtà identiche, ma si trattava di previsioni diverse. Ciascuna delle tre previsioni è a sé. La prima previsione non si realizza perché Anderton ne viene a conoscenza prima di sapere che Kaplan complotta contro l’Agenzia. La seconda previsione tiene conto di questo dato, mentre la terza prevede che Anderton, dopo aver saputo della seconda previsione, si rende conto che l’unico modo per salvare l’Agenzia è quello di uccidere Kaplan.
Non esiste dunque un rapporto di maggioranza, ma esistono tre diversi rapporti di minoranza, ciascuno dei quali annulla il precedente. Quello che si realizza è il terzo, dopo che Anderton li ha letti tutti e tre. La sequenza non è lineare, ma appare convincente, almeno a prima vista. Un esame più approfondito, tuttavia, sembra mettere in luce una seria contraddizione nella struttura logica del racconto.
Un articolo di Paolo Bertetti, ”Mondi di minoranza” (“Lexia”, settembre 1998, n. 15-16) chiarisce bene la difficoltà. Ne riporto un brano significativo, dove la dicitura “Wpr” indica un “mondo profetizzato” (World predicted) ovvero un “mondo possibile” dotato di un certo grado di probabilità:
C’è qui una macroscopica incongruità. Come abbiamo visto, infatti, affinché sia possibile il metodo della Precrimine basato sui rapporti di maggioranza, è necessario postulare che le profezie si riferiscano a possibili corsi di eventi senza tenere conto degli effetti della profezia stessa; in questo caso però l’unica possibile predizione sarebbe Wpr1. Infatti, profezie che tengano conto delle profezie stesse o ci sono sempre, o non ci sono mai. Se fosse vero il primo caso, si presenterebbero ogni volta dei Wpr2, se non dei Wpr3, ovvero degli stati di cose alterati in conseguenza della predizione, che vanificherebbero ogni possibile rapporto di maggioranza: se infatti, come abbiamo concluso, le predizioni indicano delle possibilità e descrivono i mondi futuri più possibili, esse dovrebbero in gran maggioranza delineare dei Wpr in cui i delitti non sono compiuti (dato che questo è quanto accade nella totalità dei casi, con l’unica eccezione descritta nel testo). Verrebbe quindi vanificato ogni metodo statistico: i Wpr in cui si compiono gli omicidi sarebbero sempre dei mondi di minoranza. Dick stesso si rende conto di questo problema, e suggerisce che questo è possibile perché l’omicida era il commissario, il quale era a conoscenza della profezia e quindi in grado di alterare il corso di eventi. Ma l’argomento non è sufficiente: in ogni caso il corso di eventi è alterato, e non si vede il motivo perché debba fare differenza se a modificarlo è il possibile assassino (che agisce in base alla conoscenza della profezia) o la Precrimine; in entrambi i casi la previsione dell’assassinio sarebbe vanificata.
Bertetti argomenta correttamente che le profezie dei precog non possono tener conto di se stesse, pena il loro annullamento. È infatti evidente che, se i precog tenessero conto dell’effetto delle loro predizioni, dovrebbero inevitabilmente concludere che esse non si realizzerebbero, a motivo dell’intervento dell’Agenzia Pre-Crimine. In tal caso, però, le previsioni non potrebbero essere fatte. Di conseguenza l’Agenzia non interverrebbe, e i delitti sarebbero compiuti. Pertanto, i precog dovrebbero, in definitiva, effettuare le predizioni.
Alla base dell’impossibilità di tener conto dell’effetto delle profezie c’è dunque una motivazione strettamente logica. Proprio da qui, tuttavia, nasce l’incongruità segnalata da Bertetti, perché il racconto ipotizza invece che le informazioni di cui Anderton entra in possesso (essendo allo stesso tempo l’assassino e il direttore dell’Agenzia Pre-Crimine) alterino in qualche modo il corso degli eventi.
Bertetti ne conclude che Dick nasconde abilmente dietro un “gioco di specchi” la sostanziale impossibilità logica del racconto stesso. Tuttavia, la mia impressione è che Dick, invece, ci butti fumo negli occhi non per occultare il buco logico, ma per creare la sensazione di un corto circuito che, a conti fatti, non esiste, e che viene evocato solo per motivi di efficacia narrativa.
In realtà, se proviamo ad analizzare gli effetti prodotti da ciascuna delle tre predizioni, emerge chiaramente che Anderton rinuncia a uccidere Kaplan non perché è venuto a conoscenza del futuro crimine, ma perché inizialmente non ritiene di avere alcun motivo per farlo. Di fatto, non sa neanche chi sia Kaplan. Non è l’informazione di cui è venuto in possesso a fermarlo, dunque, bensì una mancanza di conoscenza.
Quando poi viene a sapere della seconda profezia, quest’ultima non fa altro che confermare la sua precedente decisione di non uccidere Kaplan. Anche in questo caso, la predizione non altera però il corso degli eventi. Quanto alla terza previsione, non è il fatto di conoscerla a convincerlo della necessità di uccidere Kaplan, ma la consapevolezza che questo è l’unico modo di salvare l’Agenzia Pre-Crimine. Pertanto, nessuna delle tre previsioni comporta in realtà una modificazione degli eventi derivante dal fatto di essere conosciuta da Anderton. Esse risultano sostanzialmente ininfluenti. Lo svolgimento della trama è perciò auto-consistente, benché appaia non-lineare.
Un dubbio ulteriore potrebbe derivare semmai dal fatto che Anderton non è l’unico a conoscere, in tempi diversi, le tre profezie. Anche Kaplan, infatti, ne viene a conoscenza. Si potrebbe anzi pensare che il contenuto della prima predizione lo dissuada dal tentare di porre Anderton con le spalle al muro, perché questo è il motivo per cui Kaplan viene, alla fine, ucciso. In realtà, Kaplan ha semplicemente di fronte due diverse strategie, affrontare Anderton di petto o tentare di ingannarlo, e decide di attuare la seconda. Non c’è motivo di pensare che, se non fosse venuto a conoscenza della prima profezia (o anche delle altre due) avrebbe certamente scelto la prima alternativa.
Perciò, in definitiva, siamo autorizzati a concludere che le tre profezie non tengano conto di se stesse, né degli effetti da esse prodotte. La prima ipotizza una linea strategica di Kaplan, mentre la seconda ipotizza la scelta di una strategia diversa, che è poi quella effettivamente adottata. Quanto alla terza, si basa sull’ipotesi (poi realizzatasi) che Anderton scoprirà l’inganno di Kaplan. Anzi, il fatto che Kaplan non riesca a sfuggire alla morte, malgrado venga a sapere della terza previsione, dimostra la non influenza delle profezie sul corso degli eventi.
Più esattamente, la conoscenza delle predizioni fornite dai precog non annulla le predizioni stesse, ma piuttosto contribuisce alla loro realizzazione, il che però non produce contraddizioni. Come precisa Bertetti alla nota (7): “Semmai la conoscenza della profezia permette ad Anderton di sfuggire all’arresto e, alla fine, di uccidere Kaplan, ma questi fatti non creano paradossi logici.”
Rimane il fatto che è lo stesso Dick a cercare di convincerci che le cose vadano diversamente. Anderton prende la decisione di uccidere Kaplan non dopo aver scoperto il suo complotto, bensì dopo aver ascoltato i nastri registrati contenenti la terza previsione. Questa sequenza temporale ci dà l’impressione che sia la predizione a far precipitare gli eventi, ma in realtà Anderton, mentre ascolta i nastri, si rende semplicemente conto che uccidere Kaplan è l’unico modo di salvare l’Agenzia Pre-Crimine (infatti è ciò che dice a Witwer).
È ancora Dick, per bocca di Anderton, a ricostruire gli eventi in modo da farci credere che le tre predizioni formino una sequenza in cui ciascuna delle tre annulla la precedente, per cui la terza si realizza perché non è arrivato un altro rapporto che possa invalidarla. Qui si tratta di intendersi sul significato dei termini “annullare” o “invalidare”. Essi esprimono semplicemente il fatto che ciascuna profezia è più accurata della precedente, e quindi possiede un grado più alto di probabilità. Sarebbe invece un errore intendere l’annullamento delle prime due linee temporali nel senso che siano le informazioni fornite dalle tre predizioni a modificare gli eventi.
Chiaramente è proprio Dick a creare l’equivoco, per il modo in cui spiega gli avvenimenti. A mio avviso, il compiacimento con cui Anderton spiega le cose a Witwer esprime in realtà quello di Dick nei confronti del lettore. Non sono in grado di stabilire se Dick fosse consapevole dell’incongruenza presente nel suo modo di presentare le spiegazioni finali, ma sarei portato a pensare che la cosa non gli sia sfuggita. Perché allora ha scelto comunque questa soluzione narrativa?
A mio modo di vedere, le motivazioni possono essere due. La prima è che Dick si rendeva conto che il comune lettore di pulp non si sarebbe accorto di nulla. In effetti, solo un’analisi approfondita come quella di Bertetti poteva portare in luce l’incoerenza logica nascosta dietro il gioco di specchi. Ma questo non spiega ancora la scelta narrativa di Dick. La mia ipotesi è che Dick avesse concepito il racconto come un esempio di come la conoscenza del futuro possa modificare il futuro stesso. Se ciò è vero, è chiaro che non avrebbe rinunciato così facilmente a presentare il racconto come se ciascuna delle tre predizioni avesse l’effetto di modificare la relativa linea temporale, anche se in realtà si tratta di una sequenza di tre profezie staccate l’una dall’altra, come del resto precisa lo stesso Anderton, affermando che ciascuno dei tre rapporti “era a sé stante”.
A Dick sembra sfuggire che il racconto, come nota Bertetti, “si presenta come una variazione sul tema della realizzazione delle profezie”. Più esattamente, si tratta forse di auto-realizzazione. Anche senza il gioco di specchi, Minority Report rimane dunque un esempio di come la conoscenza del futuro possa alterare il futuro. È probabile, comunque, che Dick abbia semplicemente pensato che l’idea di una sequenza di predizioni che si neutralizzano l’una con l’altra potesse avere un maggiore impatto “drammaturgico”.
Confesso che, prima di aver letto l’articolo di Bertetti, la contraddizione mi era sfuggita. Tuttavia, andando a rileggere il mio testo, ho visto che mi ero già accorto di una discrepanza tra il resoconto conclusivo fatto da Anderton (e dunque dallo stesso Dick) e la struttura effettiva degli eventi. Proprio in questa discrepanza, secondo me, si può trovare la chiave per portare l’analisi di Minority Report oltre il punto in cui i due precedenti articoli, quello di Bertetti e il mio, erano arrivati ciascuno per conto suo. In tal senso, il presente scritto intende essere un approfondimento, piuttosto che una confutazione.
Nota di A.D.: Tre sono i precog del racconto (alla cui descrizione erano ispirati gli inquietanti Ibridi di BSG) e tre i loro responsi, aggiungo quindi agli altri due appena illustrati il mio parere.
Come sempre nel caso di PKD, la ricostruzione degli eventi narrata dal protagonista va considerata soggettiva del personaggio, e non oggettiva dell’autore: il resoconto conclusivo è di Anderton, non di PKD. Il fatto che i precog producano regolarmente rapporti di minoranza in realtà indica che almeno due di loro siano in grado di prevedere gli effetti delle loro premonizioni, e che ciascuno di loro veda più in là del precedente nella catena dei potenziali eventi. Dunque, alla Precrime, il caso standard si svolge così: il primo precog vede la linea temporale originaria, nella quale il delitto viene commesso; il secondo precog la linea temporale alterata, nella quale la Precrime conosce le profezie ma non agisce, e il delitto viene commesso; il terzo precog la linea temporale definitiva, nella quale la Precrime conosce le profezie, e agisce, sventando il delitto. Due responsi positivi, e uno negativo.
Quindi come s’è svolto il caso Kaplan? Il primo precog ha visto la linea temporale originaria, nella quale il delitto veniva commesso; il secondo precog la linea temporale alterata, nella quale Anderton, scoperte le profezie, decideva di non agire, non commettendo il delitto; il terzo precog la linea temporale definitiva, nella quale Anderton, conosciute le profezie, finiva per decidere di agire, commettendo il delitto. Anche stavolta due responsi positivi, e uno negativo. Nessuna incongruenza. Anche stavolta a fare la differenza non è tanto conoscere le profezie, ma decidere se, e come agire.
PKD non era certo intenzionato a criticare lo sviluppo della scienza, della tecnologia, della conoscenza in sé, ma l’uso che gli individui e la società ne fanno. Da autore e vero appassionato di fantascienza infatti non utilizza la Precrime solo come metafora profetica della sorveglianza globale, del profiling di massa, ma è in grado di suggerire persino le potenzialità positive d’una conoscenza che consentisse di sostituire la gestione repressiva dell’ordine pubblico con una preventiva (salvare delle vite, indebolire il braccio armato della legge) per poi mostrarci come queste potenzialità vadano inevitabilmente a farsi fottere, e cosa sia davvero a mandarcele.
Se la Precrime diventa criminogena, finendo addirittura per causare direttamente gli omicidi che dovrebbe sventare, non è perché gli uomini abbiano imparato a prevedere il futuro, ma perché non abbiano ancora imparato a non comportarsi da stronzi.