di Marilù Oliva & Matteo Strukul
Non ricordavamo un Lansdale così legato a doppio filo ai temi della Grande Depressione dai tempi di “In fondo alla palude” e “L’ultima caccia”: la crisi profonda che stiamo attraversando potrebbe avere, magari anche solo sottopelle, colpito Champion Joe nel profondo. Il suo ultimo romanzo “Acqua buia” (Einaudi, pp. 340, Euro 18,50) scava quell’epoca con una sensibilità e un’attenzione davvero rara, frutto, evidentemente, di ricordi impressi nella memoria dell’autore che ha messo insieme immagini e ricordi come in un almanacco di famiglia.
Al tema della crisi del 1930 si unisce la prospettiva dell’adolescenza e il Grande Sogno Americano si realizza qui in quell’oro letterario debitore a Mark Twain e Erskine Caldwell; ma è altrettanto chiaro che Lansdale sfodera ancora una volta una cifra talmente personale, icastica, a tratti financo stravagante e lunatica da eleggerlo naturalmente tra i numi tutelari della letteratura americana contemporanea. Complice la traduzione di Luca Conti e Chiara Ujka, la voce di Champion Joe arriva dunque intatta, policroma, vibrante come di rado ci era capitato di leggere ultimamente. Abbiamo contattato l’autore per discutere dei temi a lui tanto cari e di qualche progetto futuro.
I tuoi libri affondano in tematiche come razzismo, emarginazione, adolescenza, odio, violenza, diversità. Ma sembra che al di là di essi rinasca quel che resta del sogno americano. Sei d’accordo? E cosa si intende, oggi, per sogno americano?
Il sogno americano non è mai scomparso: anzi è sempre lì. Ma non me lo sono mai immaginato come una promessa, piuttosto come un’opportunità. E proprio perché è un sogno ha bisogno di un sostegno reale. A volte riesci a trovarlo, quel sostegno, altre volte no. Ma non sono così pessimista rispetto al futuro e a quello che abbiamo davanti, specie se penso a quello che hanno superato i miei genitori durante la Grande Depressione. E non solo loro riuscirono a venirne fuori ma anche l’intero Paese. Penso che per noi, oggi, sarà lo stesso. Avrà caratteristiche e contorni diversi questo sogno, quello che proveremo sarà differente, ma alla fine di tutto il sogno è proprio qui, a portata di mano e, spesso, le persone riescono ad agguantarlo. Ma non è qualcosa che hanno tutti e per conquistarlo bisogna volerlo e avere il coraggio di battersi: non basta meritarselo! Direi che è soprattutto qualcosa che appartiene al nostro equilibrio e in questo senso è uno state of mind, una dimensione dell’animo insomma.
Nei tuoi libri si riscontra una visione molto pessimista dell’umanità, come se tu avessi voluto cristallizzarla nel suo sbandare (penso alla Trilogia del Drive-In, ma anche a Cielo di sabbia e agli altri), ma nel contempo se l’avessi voluto bilanciare con uno sguardo disincantato e con un sorriso. È così?
Sono piuttosto ottimista per quel che riguarda la mia vita, non altrettanto per l’umanità in generale, ma sono comunque pieno di una certa qual tormentata speranza. Mi piace pensare che in un modo o nell’altro siamo riusciti a sopravvivere fino a qui dai tempi della preistoria quindi qualcosa di buono dobbiamo pur averlo fatto! E, quanto detto, nonostante gli infiniti e tragici errori commessi. Ma oggi sono davvero sorpreso che siamo ancora vivi, perché non abbiamo mai imparato dai nostri errori: continuiamo a distruggere il pianeta e a rovinare noi stessi e ora abbiamo addirittura strumenti ancora più potenti per farlo e ci stiamo impegnando in modo incredibile per raggiungere l’estinzione della nostra specie. Eppure, nonostante tutto, continuo a pensare che potremmo venirne fuori perché ne avremmo le capacità… vedremo se riusciremo ad avere anche volontà e intelligenza per farlo. Ma già solo rileggendo quello che sto scrivendo mi rendo conto di essere un ottimista con le sue belle ferite addosso.
Hai letto e scritto tantissimo, fin da quando eri ragazzino, maturando uno stile che abbraccia più registri formali ma che si mantiene fedele ai dettami di precisione e immediatezza. Un’immediatezza che cela un grande lavoro, dietro, grazie al quale si mescolano linguaggio parlato e scritto. Come procedi, ovvero: quanto è affidato alla scrittura spontanea e quanto a un’impostazione voluta?
Fondamentalmente è quasi tutto spontaneo.
Come hai partorito la saga di “Hap & Leonard” e soprattutto come sono nate le figure di questi due pazzi meravigliosi (hai detto che Hap riflette una parte di te…)?
Non sapevo di aver cominciato una serie mentre stavo scrivendo “Una stagione selvaggia”. E infatti sono trascorsi alcuni anni fra il primo e il secondo romanzo. Il personaggio di Hap ha continuato a parlarmi e credo che questo sia avvenuto perché mi assomiglia più di ogni altro che abbia creato. Hap e Leonard hanno alcune cose che mi appartengono, ma Hap mi assomiglia di più, anche se ha meno successo di me nella vita, e non mi riferisco ai soldi. Ma proprio nella vita, nella sua completezza. D’altra parte ho anche pescato da molte persone per creare i personaggi di Hap e Leonard.
Come mai dai tuoi libri — che si presterebbero a una trasposizione filmica — non sono state estrapolate (eccetto Bubba Ho-Tep) versioni cinematografiche?
Dunque, ho siglato dei contratti ma non ho certezze su ciò che accadrà. Sono cautamente ottimista. Paradossalmente ho fatto un sacco di soldi con i film nel corso degli anni, nonostante da nessuno dei miei romanzi sia mai stato tratto un film, con l’eccezione di Bubba Ho Tep, e di alcuni corti, di uno show televisivo, INCIDENT ON AND OFF A MOUNTAIN ROAD, e di alcuni soggetti televisivi che ho scritto per BATMAN THE ANIMATED SERIES, uno per SUPERMAN THE ANIMATED SERIES, più un altro corto che ho sceneggiato per DC SHOWCASE a proposito del personaggio di Jonah Hex. Tantissimi miei romanzi e racconti sono stati opzionati e di molti ho anche venduto i diritti cinematografici. Perciò staremo a vedere. Dipende molto da come girerà la ruota.
Il tuo Texas è un luogo-non luogo letterario che travalica i confini dello spazio — è fatto di sabbia, fiumi, serpenti, boschi e di quella natura perduta che assume a volte sembianze quasi lunari — e i confini del tempo — il contesto è La Grande Depressione ma si riadatta all’oggi con storie sempre attuali. Nei titoli dei tuoi libri gli elementi fisici-meteoroligici tornano con puntualità (L’anno dell’uragano, Tramonto e polvere, In fondo alla palude, Cielo di sabbia, Acqua buia).Tre cose del Texas che ti mancano quando sei lontano.
La mia famiglia. Il tè ghiacciato. Il cibo messicano. La quarta cosa che mi sarebbe tanto piaciuto nominare era il mio cane ma, purtroppo, è morto proprio in questi giorni dopo una lunga vita felice.
Tre cose dell’ordinamento politico del Texas che cambieresti, se ti facessero governatore.
Oh, questa è davvero dura. I governatori del Texas hanno quasi tutti la bocca piena di chiacchiere. Non hanno poi tutto questo potere. Mi piacerebbe vedere finalmente una legge che disciplini il porto d’armi, che ne limiti il numero, che disciplini le modalità di possesso di munizioni. Mi piacerebbe vedere che il nostro Stato smettesse di fregarsene della sanità, ma per buona parte di questi temi le competenze legislative sono purtroppo di natura federale.
Tre cose nel mondo che cambieresti.
Eliminare il razzismo. Eliminare l’idiozia sfacciata. Ognuno di noi qualche volta si comporta in modo stupido, ma bearsi di questo o promuovere atteggiamenti del genere è assurdo. Eppure succede. Dobbiamo darci tutti una mossa su questo. Basta con l’idea per cui dire una cosa non è come farla.
Di Bush avevi dichiarato: «Preferirei avere uno scoiattolo come presidente, anzi a pensarci bene lo abbiamo». Di Obama, ma in particolare della situazione americana oggi, cosa pensi?
Diffido di tutti i politici. Ma stimo Obama e voterò di nuovo per lui.
E dell’Italia? (Non temere di avvilire i tuoi lettori: molti tuoi lettori non sono affatto orgogliosi della situazione politica italiana!)
La politica italiana non sembra essere molto efficace e gli italiani, che sono persone meravigliose, meritano decisamente di più. Tutti noi meritiamo qualcosa di meglio.
A cosa stai lavorando, ora?
Sto lavorando a un nuovo romanzo intitolato EVERYTHING SPARKLES IN HELL, ma non ne voglio parlare, perché non è mai una buona idea per me. Annacqua il mio entusiasmo per la storia.