di Marco Promini
Danilo Ginestra si scruta con attenzione la punta delle scarpe. Sono lucide, quasi a specchio; è una delle sue fissazioni, gli dedica buona parte del tempo libero, strofinando il cuoio a lungo con una costosissima crema, poi spazzolandole ed infine passandoci uno straccio di cotone. Non sopporta i giorni di pioggia come questo, in cui – anche per i due passi tra la porta di casa e la macchina – non può fare a meno di evitare qualche schizzo di fango.
L’autista lo aspetta, l’ombrello già spalancato per accompagnarlo alla macchina e aprirgli lo sportello, ma le scarpe si sono bagnate. Appena arrivato in ufficio ci passerà una salviettina, non può stare tutto il giorno con le scarpe sporche. L’autista guida la macchina in silenzio, Ginestra non saprebbe proprio di cosa parlare con quest’uomo di mezza età. Oltretutto l’autista è una eredità degli Amministratori Delegati precedenti, è imbarazzante pensare di parlare con qualcuno che potrebbe aver già ricevuto le confidenze di chi è stato cacciato per far posto a te. La macchina no, quella è nuova, Ginestra ha rotto la tradizione delle macchine italiane. Meglio una BMW, fa più effetto e rende meglio l’idea dell’importanza della persona trasportata.
Fabio Pabletto sta per uscire di casa. I ragazzi dormono ancora e sua moglie è già andata a scuola, tra poco comincia l’anno scolastico e c’è da preparare tutto prima del ritorno degli insegnanti e degli studenti. Lara ci ha messo venti anni per diventare di ruolo e smettere di cambiare ogni anno colleghi e dirigenti, ricominciando ogni volta a conoscere, a imparare una maniera diversa di lavorare. Lui invece si è sempre considerato un uomo fortunato, subito dopo la laurea è entrato in PKN; nulla di meglio per un giovane ingegnere, una multinazionale che si andava a cercare i laureati più brillanti e poi li modellava sulla propria cultura di azienda. A volte Fabio si chiede cosa sarebbe successo se invece di entrare in PKN fosse stato assunto in un’altra azienda, non avrebbe gli amici che ha, tutte persone che hanno iniziato a lavorare insieme a lui e sono cresciute con gli stessi principi professionali, stili di vita condivisi, lavorare insieme e insieme fare anche le vacanze. Certo, la PKN non è l’azienda che paghi i migliori stipendi del mercato, però garantisce una qualità della vita che nessun’altra compagnia riesce a dare, permette di pianificarsi bene la carriera e Fabio la sua carriera l’ha fatta, riuscendo a diventare dirigente, con uno strano senso di inadeguatezza, consapevole che forse in qualsiasi altra azienda non ci sarebbe mai riuscito. Però da un po’ si respira una brutta aria, c’è una strana sensazione di disastro incombente come un vento freddo nei corridoio degli uffici, uno spiffero maligno.
Fabio tira un sospiro, senza svegliare i ragazzi si chiude alle spalle la porta di casa. Si, tira una brutta aria, però qualcosa di simile era già successo nel 2005 e in fondo era passata. Il bilancio della PKN Italia non era stato male. Un paio di centinaia di milioni di euro in utili e l’Amministratore Delegato, nel corso dell’ultimo meeting, aveva dichiarato esplicitamente che la situazione finanziaria era buona, niente previsioni di piani straordinari per la riduzione delle strutture e degli organici. Se solo quei cazzoni degli americani avessero smesso di fare pressioni… come si poteva non capire che aumentare il fatturato è impossibile? Anzi, pure con un decremento del fatturato l’utile era cresciuto e la PKN Italia aveva aumentato le quote rispetto ai concorrenti. Là sì, nelle altre aziende si che andava male, altro che il -1% della PKN.
La BMW entra nel parcheggio della PKN, è l’unica vettura che può arrivare fino all’ingresso pedonale della sede e rimanere lì fino a sera, quando Danilo Ginestra finirà di lavorare. Ginestra scende, almeno per uscire dalla macchina si apre da solo lo sportello e rispondendo appena al saluto dell’autista si incammina subito verso il portone, facendo attenzione a non sporcare ancora le scarpe. La speranza è che la giornata sia meno lunga di quella di ieri. Quasi due ore al telefono con il boss dei boss, quell’americana sempre pronta a sibilare ordini. “Execution execution, dear Ginistra, no excuse!”, come se fosse facile, come se dipendesse da lui, e poi prima o poi glielo dirà, che lui si chiama GinEstra e non Ginistra. La telefonata si è chiusa con un ordine chiaro, definitivo: entro i prossimi tre mesi ridurre il personale di almeno mille persone. Dove cazzo le trova lui, mille persone da mandare via? La capa lo ha minacciato esplicitamente, il contratto di Amministratore scade a fine anno, o riesce a ridurre gli organici come da obiettivi, e allora si può pensare a un rinnovo e a un premio, o il primo ad essere cacciato sarà lui. Ginestra ha avuto un accenno di luce nello sguardo, l’idea di guadagnare qualcosa è lo stimolo migliore per fare quel che c’è da fare, e vaffanculo agli scrupoli, in fondo anche lui ha iniziato facendo il piazzista, trent’anni fa, mica è colpa sua, se il mercato va come va e se agli americani non gli basta mai il fatturato.
La giornata si è conclusa con una riunione ristretta, solo le tre persone che potevano essergli utili. Il Direttore finanziario, il Capo del personale, il Capo dell’ufficio legale. Quelli ci hanno provato a sollevare qualche obiezione “Ma guarda che con la legislazione attuale mandare via delle persone è praticamente impossibile…” “Ma non pensi che effetto avrebbe dal punto di vista dell’immagine dell’azienda?…”. Lui ha applicato con loro lo stesso sistema che la capa americana aveva applicato con lui. “Domani entro le 12 voglio un piano che punti a questa riduzione, fate come vi pare ma se non avrete questo piano i primi tre dei mille dovrete essere voi.”.
Fabio Pabletto guida la macchina nel traffico milanese, di buono c’è che a Milano il traffico è sempre ordinato, anche quando piove come stamattina si può prevedere come e quanto tempo ci si metterà per arrivare. Che strana sensazione stamattina, voglia di tornare indietro, rimettersi nel letto e passare la giornata così, pigro, dandosi malato. Mai fatta una cosa del genere in trent’anni di lavoro, chissà perchè proprio oggi deve essergliene venuta voglia. Accende la radio, le notizie sono sempre quelle, spread, bond, disoccupazione, crisi, tedeschi contro greci, spagnoli contro tedeschi, italiani contro tutti. Tutti incompresi, tutti hanno ragione. Di buone notizie non ne passano, e la musica è quasi peggio che i notiziari, infastidisce sentir parlare d’amore, di passione, quando l’unico desiderio è tornarsene a letto ad aspettare che torni Lara e farsi coccolare un po’. ‘Fanculo, meno male che almeno è già giovedì, manca poco al fine settimana. La giornata non dovrebbe essere durissima, un paio di riunioni telefoniche, cercare di rimediare qualche appuntamento con i clienti. Poche ore di pazienza e arriverà la fine giornata. Una volta non era così, faceva tutto con entusiasmo, con la voglia di farlo, di sbattersi, e non solo per fare carriera o per qualche soldo in più; no, ci credeva veramente e la soddisfazione era riuscire a vendere qualcosa che fosse la cosa migliore per il cliente. E si che di concorrenti ce n’erano di più, se pensa solo a dieci anni fa e a quante aziende hanno chiuso prova un brivido, meno male che è entrato in PKN e meno male che c’è rimasto anche quando lo hanno cercato le altre aziende. La Versy, che ha chiuso, come la GP, come la Courie che si è prima associata con la Filke e poi hanno chiuso tutte.
Lui è rimasto, fedele; anche quando gli hanno proposto stipendi doppi, tripli. Ha oscillato tra paura e pigrizia, tra voglia di rischiare e fedeltà. Che senso avrebbe avuto andare via dall’azienda nella quale si era praticamente nati? Come andare a scegliersi un’altra famiglia. Intanto è arrivato in questo hinterland desolato, l’unico rumore è quello degli aerei che decollano e atterrano. E’ un po’ in ritardo rispetto al solito, quindi ha dovuto parcheggiare lontano e adesso fa lo slalom tra le pozzanghere per arrivare prima possibile all’ingresso pedonale. Mancano poche decine di metri appena dietro la BMW dell’Amministratore Delegato, ma quando Fabio arriva è già zuppo, come sempre è uscito di casa senza ombrello.
Nella stanza di Danilo Ginestra sono riunite le stesse persone del giorno prima; non c’è una bella atmosfera e la pioggia che scorre sui vetri non aiuta a rendere l’ambiente più gradevole. Il direttore del personale e il capo dell’ufficio legale hanno appena terminato di esporre il piano che è stato elaborato durante la notte. Il Direttore finanziario non ha parlato, rimanendo silenzioso a osservare i rigagnoli d’acqua che segnano le finestre. Si può fare, l’obiettivo è raggiungibile con pochi rischi, anche dovesse esserci qualcuno che si oppone, qualcuno che farà causa e magari la vincerà, la capa americana potrà essere soddisfatta. Mentre gli espongono il piano Ginestra si strofina le scarpe con la salviettina siliconata, sorridendo appena, per l’effetto specchio che torna sulla tomaia e per il pensiero che il suo conto corrente avrà un bel rialzo a fine anno. Magari in azioni in America, invece che in soldi liquidi da tassare. Gli tocca anche ascoltare i tecnicismi della manovra, è il minimo visto che è il responsabile. Quella stronza di americana invece i dettagli se li risparmierà, se l’immagina se dovesse provare a raccontargli le cose: “Ginistra, this is not my problem, I am not interested, go ahead and strengthen me that the goal is reached. However, good, great job.” — Good Job? ‘sti cazzi, good job, pagami stronza, dei tuoi complimenti me ne fotto.
«Attualmente abbiamo in forza lavoro circa 1300 dirigenti su 8500 dipendenti, per mandare via i dirigenti non abbiamo nessun vincolo legale, ci basta una convocazione a colloquio e la comunicazione formale del cessato bisogno di collaborazione.»
«Possibili conseguenze?»
«Nessuna, nulla di più di quelle che avremmo con un licenziamento senza mancato preavviso, nel peggiore dei casi si tratta di 24 mensilità da prelevare dai fondi accantonati.»
«Avete pensato ai criteri?»
«I dirigenti a più bassa retribuzione, sono di più e sono quelli che ci costa di meno mandare via. Facciamo una proporzione rispetto a tutti i manager di primo livello e ognuno di loro deve mandar via almeno un tot dei dirigenti delle sue strutture, indicandoci i nomi e assumendosi la responsabilità di comunicare il licenziamento. Se un manager si rifiuta viene mandato via e chi prende il suo posto deve fare la stessa cosa.»
«Si, mi pare possa andare. Numeri? Qualcuno da proteggere?»
«Abbiamo pensato che si possano raggiungere circa 300 dirigenti, e su quelli non ci sono problemi di numeri, si va avanti nei tre mesi fino a che non ci siamo arrivati. Se c’è qualcuno da proteggere la lista ce la dai tu e se ci dovesse essere proposto il suo nome lo rimandiamo al suo manager, dicendo che deve darci un sostituto.»
«Va bene. Per arrivare a mille?»
«Fino a che c’è questa legge l’unica è procedere attraverso trasferimenti collettivi e cessioni di rami d’azienda. I sindacati non possono intervenire, perchè non è richiesta nessuna congruenza rispetto agli obiettivi aziendali. Si prendono tutte le strutture non indispensabili sul territorio, lo staff in genere, e si fa un trasferimento collettivo sulla sede di Milano. Si tratta di strutture che al 90% impiegano impiegati a basso reddito non superiori ai 1500€, non sono in grado di affrontare un trasferimento, hanno figli, famiglie, a volte sono divorziati, magari devono dare assistenza a persone anziane, paradossalmente gli costa meno essere disoccupati a casa loro che lavorare in un’altra città. Il conto di questi è di circa 800 persone, noi pensiamo che non siano in grado di accettare il trasferimento in più di cento, i più giovani. Come back up per arrivare a mille, dovessero esserci problemi, abbiamo selezionato una serie di funzionari non dirigenti ai quali imporre cambi di attività, trasferimenti o altre manovre che li spingano alle dimissioni, circa cento, poi abbiamo individuato la possibilità di fare cessione di alcune consociate che controlliamo al 100% dall’Italia, quindi non abbiamo bisogno dell’approvazione degli americani. Magari lì c’è da trovare un aquirente interessato, dandogli un aiutino nell’aquisto, con i soliti fondi, perchè si convinca.»
«Si, va bene, caso mai ci penso io, ho giusto un paio di contatti che potrebbero essere interessati.»
Ginestra si accorge improvvisamente del disinteresse del Direttore Finanziario e gli rivolge la parola, come mai non ha detto nulla?
«Io a questo piano non ci sto, è una porcata, una maialata. Nessuno di quelli che si sono seduti alla tua scrivania prima di te lo avrebbe neanche richiesto, figurarsi approvarlo. Ma tu sei quello che sei e non lo scopro oggi. Non ti darò neanche la soddisfazione di dare le dimissioni, dovrai cacciarmi tu e questi due leccaculo. Mettete il mio nome come primo della lista, purtroppo per voi non sono a “basso reddito” e vi farò pisciare sangue e soldi, mi sento perfino in colpa con tutti i poveri Cristi di cui farete macelleria, perchè in fondo io me la caverò comunque.»
L’uomo si alza, mentre Ginestra si è fatto livido e lucido come la pelle delle sue scarpe. Gli altri due sono paonazzi, la pelle del volto chiazzata. L’altro l’aveva detto subito che lui non ci avrebbe lavorato a quel piano, poco male, se n’era andato a casa mentre loro lavoravano anche per lui, a Ginestra gliel’avrebbero detto dopo in separata sede, che non aveva collaborato. Ma essere insultati in quel modo. In fondo che cazzo stavano facendo loro? Lavorano in PKN? Ecco, il capo gli ha chiesto di fare una cosa e l’hanno fatta, che dovrebbero fare, mettersi a fare i paladini? Rimane solo la porta che si chiude dietro le spalle dell’uomo, mentre il silenzio pesa nella stanza.
Non ha smesso di piovere tutto il giorno, quando a Milano piove funziona così: inizia e continua, continua, sembra non smettere mai, con le nuvole e la nebbia che diventano una cosa sola e non ti bagnano solo da sopra, ti avvolgono e ti penetrano dentro da dappertutto.
Fabio è in piedi fuori dal cancello dell’azienda, nessuno ha pensato neanche di prestargli un ombrello e continua a inzupparsi, ma ormai tanto non ci fa nemmeno più caso. 96 scalini, non li aveva mai contati, oggi lo ha fatto dopo trent’anni. Tra la sua postazione e la stanza del capo ci sono, c’erano, quattro piani e 96 scalini; in quella stanza c’era già stato altre volte, quasi tutte belle occasioni, come quando il suo capo di allora gli aveva comunicato la dirigenza. Non aveva salito quegli scalini contandoli, lo ha fatto riscendendoli con accanto il vigilantes che lo aveva riaccompagnato al suo posto dopo il colloquio, anzi, un colloquio è una cosa che si fa in due, a lui non l’hanno fatto parlare, non gli hanno chiesto nulla. Se avesse dovuto parlare non avrebbe saputo cosa dire e come dirlo, la gola chiusa in un pugno di paura, di angoscia. Neanche nel peggior film aveva visto una cosa così brutta, così fredda e insieme dolorosa. Erano in tre, contando anche il vigilantes, il suo capo e un tizio mai visto prima, del personale. Il suo capo non lo guardava negli occhi mentre Fabio leggeva la lettera che gli hanno messo in mano, ha iniziato a leggerla quasi sorridendo, preoccupato un pochino, ma anche senza immaginare nulla di brutto, di tanto brutto. «A far data da oggi la PKN Italia le comunica di non avere più necessità della sue prestazioni lavorative…. pertanto con decorrenza immediata… rendere immediatamente disponibili i beni aziendali a lei concessi in comodato…. il Personal computer, telefono mobile, autovettura concessa in leasing….». Neanche buongiorno, buonasera, arrivederci. A rivedere chi, cosa, poi? Gli hanno concesso una telefonata a Lara per farsi venire a prendere, ha dovuto chiamare da un telefono fisso perchè il suo cellulare l’ha dovuto lasciare subito, insieme al PC e alle chiavi della macchina. Il cellulare con i suoi numeri personali memorizzati e gli SMS archiviati, il PC con dentro ancora le foto delle ultime vacanze. Il vigilantes lo guardava mentre apriva i cassetti per tirare fuori le poche cose personali da portarsi via, poi la stessa cosa nella macchina ed adesso accanto a sé c’è questa busta nera dell’immondizia, un sacco grande, piena di tutto quello che la PKN gli ha lasciato portar via dopo trent’anni. Lara sta arrivando e la cosa più brutta, orribile, è che lui non sa che dirle, come spiegherà a lei e ai ragazzi questa cosa, perchè, come è successa, a lui, dopo tutto questo tempo e i premi e le targhe e i viaggi pagati dall’azienda anche alle mogli. Non sa come glielo spiegherà perchè non lo sa neanche lui, perchè è successa questa cosa. I suoi colleghi avranno pensato che abbia fatto qualcosa di tanto brutto, per essere accompagnato così, una truffa, magari sarà andato su un sito pedopornografico. Oppure ce n’è già un altro come lui, in un’altra stanza, e allora tra poco lo capiranno tutti, cosa sta succedendo. Si maledice, Fabio, per essere voluto diventare dirigente, fosse rimasto impiegato semplice col cazzo che adesso starebbe lì ad inzupparsi, a mischiare le lacrime con la pioggia e la nebbia, che meno male che piove, almeno non se ne accorge nessuno, che sta piangendo.
La BMW supera il cancello della PKN scivolando sulle pozze d’acqua, appena fuori c’è la sagoma indistinta di uomo, confusa nella pioggia che cade fitta e sottile. Accanto a sé ha un sacco di plastica, lucido di bagnato. Danilo Ginestra volta lo sguardo, e che cazzo fanno quelli della vigilanza, adesso un barbone può anche mettersi a chiedere soldi fuori dal cancello della sede? Meno male che non ha voglia di chiamare ed incazzarsi, la giornata è stata già abbastanza dura così com’è andata, con la riunione della mattina e la sparata di quel coglione. Come se fosse colpa sua della situazione. Ci ha rimesso poco a riprendere freddezza, ha continuato l’incontro con il Capo del personale e il direttore legale e hanno deciso di iniziare subito, giusto per mandare due righe alla stronza americana e farle vedere che in Italia quando si deve fare qualcosa si inizia a farla subito e senza tanti ripensamenti. I primi dirigenti sono stati proprio un paio di quelli che lavoravano con il Direttore finanziario, e poi da domani si prosegue, anche se è venerdì, proprio con lo stronzo che ha fatto il gran gesto e con i suoi protetti. Per lo spostamento degli impiegati meglio aspettare un paio di mesi, così intanto si spaccano un po’ tra loro, i dirigenti incazzati con gli impiegati che non si possono toccare, gli impiegati che si convincono di essere al sicuro. Chiede all’autista di essere portato a casa, stasera ha voglia di starsere per conto suo, magari andrà avanti a costruire quel modello di aereo, poi chiamerà un paio di amici per organizzare un giro in macchina in pista per domenica mattina, almeno la domenica, e che cazzo, potrà pure dedicarsi un po’ a sé stesso, no?