di Marilù Oliva
PREMESSA:
L’avevamo anticipato su Carmilla qualche mese fa, ora è ufficiale: il Ministro Profumo ha deciso che partirà ad ottobre un concorso per reclutare 11.892 docenti (sono previste anche altrettante 11.892 assunzioni dalla graduatoria). A parte i professori di ruolo, chi insegna oggi? I precari. Da chi è composta la fascia dei precari, di cui tanto si sente parlare? Da 229 mila persone iscritte nelle graduatorie ad esaurimento (mentre altri 300 mila sono in attesa di abilitazione). Poi ci sono i docenti abilitatisi nel vecchio concorso del ’99, anche loro in attesa di stabilizzazione.
Ecco come il CIP inquadra i precari:
– insegnanti che ricoprono posti vacanti negli organici delle varie scuole oppure sostituiscono colleghi di ruolo che, per svariati motivi, non possono espletare la loro funzione.
– insegnanti che ricoprono cattedre in sedi disagiate, cattedre su più scuole, magari molto distanti tra di loro, che i colleghi di ruolo non hanno ricoperto.
– insegnanti assunti e licenziati più e più volte dallo stesso datore di lavoro (lo Stato); considerati come i lavoratori stagionali
– insegnanti spesso pagati “quando arrivano i fondi”, con mesi e mesi di ritardo, talvolta con le stesse scarse risorse con le quali sono pagati altri insegnanti per i corsi di recupero e per altre attività incentivate
– insegnanti trattati dallo Stato Italiano come nessuna azienda privata potrebbe trattare i suoi dipendenti e che qualsiasi Pretore del Lavoro farebbe assumere a tempo indeterminato se lavorassero per un privato.
Dunque, esistono delle graduatorie con insegnanti abilitati, qualificati, con esperienza. Perché non attingere solo da esse ed esaurirle prima di bandire nuovi concorsi?
Caro Profumo,
(“caro” perché prevedo che ci costerà ancora più fatica)
la prima domanda che le rivolgo è appunto perché (anche se il vero motivo lo sospettiamo in molti). Non sarebbe più semplice assumere tutti gli abilitati delle graduatorie per coprire il numero di posti disponibili? Insegnanti che hanno esperienza, tenacia, preparazione, insegnanti qualificati, temprati da anni di incertezze e da chilometri macinati per raggiungere le scuole più lontane, insegnanti che hanno imparato sulla loro pelle il complesso rapporto con le difficoltà anche di relazione e gestione di classi di 30 elementi.
La scuola non è fatta solo di scartoffie e didattica, lo sa? E nemmeno solo di pedagogia. Vi è una scienza sottaciuta, in cui i precari sono diventati veri e propri maestri — mi scusi il gioco di parole: la scienza dell’adattamento, della capacità di rimettersi in gioco ogni volta. I precari hanno un bagaglio notevole di conoscenze e competenze per cui quando lei parla di “insegnante del futuro”, scusi, sa, ma le sue parole suonano quasi ridicole. Lei auspica “l’insegnante del futuro” nei quattro «elementi essenziali per il docente »: ovvero dice che l’insegnante 1. deve essere una «persona in grado di mantenere un filo logico» nei suoi interventi, 2. deve essere capace di «interpretare un testo», 3. deve avere «competenze di tipo informatico» e 4. di tipo «linguistico». Perché: fino ad oggi abbiamo avuto docenti sconclusionati, incapaci di seguire un filo logico o di interpretare un testo? Come fa un insegnante a essere incompetente sul piano informatico, se per seguire le minime procedure scolastiche deve essere munito di pc (inserimento voti scrutini, aggiornamenti, etc)?
Mentre un esercito di insegnanti preparati continuerà a combattere le sue battaglie contro i mulini a vento, grazie al Suo concorso verranno buttati nell’arena nuovi adepti, senza una solida preparazione sia didattica che umana. E per quale merito? Cito dal comunicato: « per favorire l’ingresso nella scuola di insegnanti giovani, capaci e meritevoli».
Ora, dei tre aggettivi «giovani, capaci e meritevoli», sarebbe offensivo, oltre che falso, affermare che i precari non sono né capaci né meritevoli (precisazione: gli abilitati hanno concorso per un’abilitazione, una sorta di seconda laurea costosa sul piano economico ma soprattutto su quello dell’impegno, con tanto di frequenza obbligatoria, esami e tesi finale. Inoltre, per accedere alla scuola di abilitazione, i candidati hanno dovuto superare una rigida selezione scritta e orale). Quindi resta la qualifica di «giovani».
È per questo che indice un concorso, Ministro? Perché vuole degli insegnanti giovani? Qual è il suo concetto di giovinezza? Scorro la graduatoria della mia classe concorsuale e mi accorgo che l’età media è tra i trenta e i quaranta: siamo vecchi? Ma anche se fosse, perché mai dovrebbe essere un demerito l’esperienza in un ambito — come la scuola — votato alla cultura? Cosa c’entra la giovinezza con la trasmissione culturale? Perché non si fa tesoro invece delle risorse di questi insegnanti, delle loro acquisizioni?
«Visto l’elevato numero di potenziali candidati, vi sarà una prova selettiva da svolgersi alla fine di ottobre, su una batteria di test uguale per tutte le classi di concorso. A gennaio sarà svolta la prova scritta (consistente anche in una prova strutturata di verifica delle competenze disciplinari), in modo da avere i tempi per svolgere la prova orale (con l’inserimento di una simulazione di una lezione per verificare l’abilità didattica) e pubblicare le graduatorie in tempo utile per l’immissione in ruolo per l’a.s. 2013/2014. A questo primo bando seguirà un secondo entro maggio 2013, disciplinato dalle nuove regole di reclutamento, attualmente in fase di preparazione».
E ancora, perché — noi come insegnanti, ma in generale come cittadini – abbiamo sempre la sgradevole sensazione di essere presi per il naso dal governo? Perché siamo quasi rassegnati al fatto che arriverà sempre la fregatura, l’inghippo, il decreto atto a vilipendere i nostri sforzi, la nostra onestà, il lavoro serio? E perché è sempre tutto così poco limpido, così incongruente? Sarebbe tanto semplice:
esiste una graduatoria con migliaia di insegnanti. Si vuole assumere? Partiamo da lì anziché reclutare “giovani” inesperti insieme a noi e ripetere l’iter ogni due anni. Reclutiamoli i giovani, certo, ma dopo aver esaurito la graduatoria. E reclutiamoli ben preparati, non immettendoli così allo sbaraglio in una scuola che, mi creda, Profumo, in questi tempi non passa certo i suoi anni migliori.
Ma poi… la storia dei «giovani insegnanti» sarà vera? O forse si vuole colpire una classe docente considerata rompiscatole e dissidente, magari formandone una nuova, più docile e spaventata, meno consapevole dei suoi diritti? Dovremmo urlare a gran voce, dovremmo occupare istituti e coinvolgere studenti e famiglie per fermare lo scempio alla scuola che state portando avanti dai tempi della Moratti. Stia tranquillo Profumo. Purtroppo non siamo più dissidenti, ormai le poche volte che scioperiamo dobbiamo perfino avvisare in segreteria.
Ecco dove volete arrivare: alla docilità totale. Perché la mancanza di una buona scuola genera fedeli telespettatori, elettori sciatti e suggestionabili, candidati inetti.