di Lietta Manganelli
Dopo il lampo bianco di Silvio Bernelli, ed. Agenzia X, pp. 144, 11,90 euro
Un’esperienza che nulla e nessuno ti aveva preparato ad affrontare.
Un’esperienza al limite. Un corpo straziato, che dovrebbe essere il tuo, ma non ne sei del tutto certo. Il tuo cervello che rifiuta di prendere coscienza di quello che vede e sente…
Da un episodio autobiografico, un gravissimo incidente stradale avvenuto in Thailandia, prende il via il romanzo di Silvio Bernelli, Dopo il lampo bianco, per poi spaziare nella mente e nelle esperienze di altri, di studiosi, scrittori, psicologi, per tentare di dare una spiegazione a ciò che è successo al suo corpo e alla sua mente.
Dopo il lampo bianco che gli ha stravolto la vita, nulla sarà più come prima.
La consapevolezza di essere un sopravvivente e non un sopravvissuto non l’abbandonerà più, nemmeno quando le ferite del corpo si saranno trasformate in cicatrici, teoricamente un ricordo.
Solo, in un paese quasi sconosciuto, di cui non capisce bene nemmeno la lingua, in compagnia di un amico sui generis, in realtà un compagno di viaggio conosciuto da poco che si trasforma immediatamente in una specie di angelo custode, perché il lampo bianco ha colpito anche lui.
Davanti al corpo straziato del compagno, alla sua paura, non di morire, per assurdo che possa sembrare, ma di vedersi amputare una gamba, alla sua lotta per continuare a sentirsi un essere integro nonostante tutto, per continuare a “vivere” contro tutto e contro tutti, dalla inesperienza dei medici, ai ritardi inspiegabili di ambulanze e cure adeguate, Pietro si sente parte del gioco, sostituisce in tutto e per tutto il ferito e sente che la sua sopravvivenza dipende anche da lui.
Il ferito non sente dolore, è come estraniato da se stesso e da ciò che gli accaduto, la sua mente fluttua fra ricordi condivisi con l’amico, considerazioni sul viaggio interrotto, memorie di un precedente incidente, forse un rifiuto a considerare quello che sta succedendo a lui adesso.
Viene curato, operato, rimesso in piedi, ma dentro di lui rimane una cicatrice invisibile, ma molto più importante e decisiva di quelle che si trova sulle gambe, ed è proprio per dare un senso e un nome a questa cicatrice che l’autore inizia magistralmente un viaggio attraverso altre storie e altre esperienze, soffermandosi
non tanto sull’esperienza in sé, quando sulle sue conseguenze “non fisiche”.
Guarito, tornerà in Thailandia contro il parere di tutti perché pensa e sente di avere un debito da saldare, un debito di riconoscenza verso un paese che, oltre a salvargli la vita, gli ha permesso di diventare un persona diversa, forse anche migliore, una persona che ha imparato a convivere con un episodio che poteva essere mortale, ma non lo è stato, forse solo per l’intervento del caso. Un episodio che lo ha portato fino al confine fra la vita e la morte senza però permettergli di attraversarlo. Una storia autobiografica che potrebbe essere la storia autobiografica di ognuno di noi, perché forse tutti noi abbiamo avuto un momento in cui ci siamo sentiti dei sopravvissuti, ma forse non ci siamo resi conto che non si smette mai di sopravvivere, ed è per questo che il termine “sopravvivente” è sicuramente molto più preciso e pregnante, di “sopravvissuto”. Nulla è fisso e fermo nella vita e questo Silvio Bernelli ce lo fa toccare con mano attraverso una narrazione intensa, viva e coinvolgente quant’altre mai.