di Emanuele Manco
J.Tangerine, Apocalypse Kebab, Mamma Editori, Parma 2012, pp. 320, €9,80
Alexandra è una tosta. Se pensate che scorrazzare consegnando Kebab per le vie di Praga su un trabiccolo che definire scooter sarebbe un eufemismo, dovreste sapere il resto.
Frequenta brutta gente, l’ex tossica. Almeno questo pensano gli altri di lei. In realtà si accompagna con un gruppo di persone denominate Column. E non hanno come potere speciale solo la supersfiga.
Sono impegnati addirittura in una sorta di conflitto interdimensionale.
I brutti ceffi che fronteggiano, i cosiddetti Esterni, non si sa bene da dove vengano, provocando buchi nel tessuto spazio-temporale, ma si sa che sono molto pericolosi. E, pare, abbiano un piano che sembra accelerarsi quando arriva un gruppo esterno più cazzuto degli altri, gli Inferenti, guidati da un tostissimo Arconte.
Alexandra dovrà affrontarlo con le sue facoltà, con l’appoggio altalenante e discordante del suo apparato. Ma è fatta di carne e sangue, e il sangue, si sa, può ribollire nelle vene. E dove porterà la storia vi invito a scoprirlo da voi.
Apocalypse Kebab possiede una prosa scorrevole, con una trama che non risparmia al lettore colpi di scena, duelli e momenti di tensione. Il punto di vista è tutto su Alexandra, e questo obbliga il lettore a un certo sforzo per comprendere il mondo narrativo, i suoi conflitti, le sue caratteristiche. Pur tuttavia alcuni comprimari sono brillanti e ben caratterizzati, e con pazienza, mediante gli avvenimenti, si delinea anche il quadro generale.
Inoltre l’autrice, J. Tangerine, mette sul piatto qualche problema concreto, tipico delle generazioni precarie, la cui conflittualità con le organizzazioni, “i sistemi”, è ben rappresentata dal rapporto con i servizi segreti. Si lambisce e si ammicca anche alla nostra coscienza ecologista.
Certo lo scopo è divertire, non fare sociologia, ma l’attenzione a certi temi il narratore ce l’ha, e ce la mette, sfruttandola come leva narrativa.
Ormai molti scrittori sono fin troppo seri pur se si parla di Elfi di terre lontane e immaginarie, dove anche gli eccessi di enfasi sembrano dovuti. È però evidente che molti dei più riusciti esempi di Urban Fantasy, mescolino l’ironia al sense of wonder, per la necessità di farci accettare la presenza di mostri all’angolo della strada. È una visione laterale del nostro mondo, con quella coda dell’occhio che ci consente di vedere dove lo sguardo dritto non riesce a posarsi. E Praga, che all’inizio sembra un’ambientazione come un’altra, si rivela in questo caso un luogo funzionale agli scopi della narrazione, diventando, di fatto, comprimaria della vicenda, con i suoi miti e leggende, con i suoi luoghi topici.
Tirate le somme, si può dire che valga la pena di leggere questo Apocalypse Kebab: non un capolavoro, ma un romanzo godibile, che non fa rimpiangere soldi e tempo spesi.