di Franco Ricciardiello
Il 2 aprile ricorre l’anniversario di nascita di Serge Gainsbourg, autore e cantante di enorme successo in Francia dagli anni Sessanta fino alla morte nel 1991; all’estero invece, tranne che nei paesi anglosassoni dove esiste una tradizione di fans, è conosciuto soprattutto per i suoi atteggiamenti provocatori da star dello scandalo. Rimane il fatto che Gainsbourg è uno dei personaggi più interessanti della canzone d’autore francese. Lucien Ginsburg (questo il nome all’anagrafe) nasce nel 1928 a Parigi da ebrei russi fuggiti dopo la rivoluzione bolscevica: il padre Joseph, nativo di Kharkov in Ucraina, ha frequentato i conservatori di Pietrogrado e poi di Mosca; la madre è la mezzo-soprano Olga Besman. A Parigi, Joseph deve adattarsi a suonare nei piano-bar, mentre Olga canta al conservatorio russo. Durante la guerra, con l’occupazione nazista di Parigi, Lucien porta il distintivo a stella imposto ai “giudei”; negli anni a venire troverà anche il modo di scherzarci sopra: “sono nato sotto una buona stella… gialla”. La famiglia Ginsburg lascia con documenti falsi la zona sotto giurisdizione tedesca e ripara nella repubblica collaborazionista di Vichy, ma anche qui arriva la lunga mano della persecuzione. Durante un rastrellamento nel pensionato per studenti dove si nasconde sotto il falso nome di Guimbard, il ragazzo è costretto a fuggire e nascondersi nella foresta per un’intera notte.
Nel 1948 Lucien impara a suonare la chitarra durante il servizio militare, ma il suo esordio artistico è nell’arte figurativa (sarà anche allievo di Fernand Léger). Sostiene di avere compreso le potenzialità della canzone popolare durante un concerto di Boris Vian: i suoi pezzi impegnati, i testi a metà tra ironia e cinismo, l’atteggiamento anarchico provocatore incidono in profondo nel giovane, che francesizza il cognome in Gainsbourg e comincia a suonare il piano in un cabaret, dove si fa notare finché lo spingono direttamente sul palcoscenico come cantante.
I primi passi nella canzone non sono propriamente incoraggianti: i dischi vendono poco, i critici lo sbeffeggiano per il suo aspetto fisico, le orecchie a sventola, il naso israelita e il look trascurato in anni perbenisti. Per tutta la vita Serge Gainsbourg continuerà a considerarsi un uomo brutto, malgrado il successo con le donne: questa percezione di sé lo porterà a trascurare il romanticismo e a puntare molto sull’estetica dell’erotismo, sulla provocazione. Ha imparato a épater le bourgeois da Boris Vian. C’è nell’uomo Serge Gainsbourg, prima ancora che nell’artista, una nera vocazione all’autodistruzione che lo avvicina ai poeti maledetti. Il suo esordio nell’industria discografica avviene piuttosto avanti in età, il primo album (Du chant à la une!) è del 1958, quando ha già trent’anni. Nei fatti, ha più successo come autore di canzoni per altri: Juliette Gréco, Françoise Hardy, Petula Clark, infine France Gall che lo consacrerà definitivamente come scrittore di musica con la canzone Les sucettes. La diciottenne France Gall ammetterà di aver compreso solo dopo il lancio del 45 giri il doppio senso erotico del testo. Sucette è il lecca-lecca: Annie aime les sucettes. Lorsque le sucre d’orge parfumé à l’anis coule dans la gorge d’Annie, elle est au paradis, quando lo zucchero d’orzo cola nella gola, Annie è in paradiso; pour quelque pennies Annie à ses sucettes d’anis, Annie ha i suoi lecca-lecca all’anice per qualche penny (in francese si pronuncia come pénis, pene). Nel 1976 durante un’intervista TV viene chiesto a France Gall cosa pensi dei suoi primi successi, come il tormentone per bambini Sacré Charlemagne e Les sucettes. “Non ho più l’età” risponde lei, “Perlomeno per Charlemagne.”
Il successo di France Gall lancia Gainsbourg, a quasi quarant’anni, nell’era Ye-Ye. In precedenza è stato accostato all’esistenzialismo grazie alla lunga collaborazione con Juliette Gréco, poi ha pubblicato un album jazz (per il quale Boris Vian lo accosterà a Cole Porter) e uno di percussioni afro-cubane che saccheggia anche i ritmi neri di Miriam Makeba. Ma è durante gli anni Settanta che la poetica aggressiva e maudite di Serge Gainsbourg entra in sintonia con lo spirito del tempo, se non con il pubblico che lo accoglie freddamente — salvo poi rivalutarlo dopo un decennio. La decade si apre con un disco che contiene sette brani, Histoire de Melody Nelson, che oggi probabilmente non vedrebbe mai la luce per l’accusa di pedofilia. Si tratta di un concept-album, genere lanciato dai Beatles con Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band: in tre brevi canzoni melodiche e tre lunghi blues elettrici recitati come un fine dicitore, descrive l’incontro tra il proprietario di una Rolls Royce e una ragazzina “che ha visto quattordici autunni e quindici estati”. Lei, Melody Nelson, mentre è in bicicletta viene gettata a terra dalla Rolls, i due si conoscono in questo modo poco convenzionale: brevissima storia d’amore, un passaggio nel letto di un hôtel particulier, stanza Cleopatra, poi Melody muore in un incidente aereo. Arte e biografia si mescolano: Gainsbourg è davvero proprietario di una Rolls Royce phantom del 1928, chiamata Spirit of ecstasy, che tiene chiusa in autorimessa perché non ha la patente di guida; l’album è inoltre il riflesso artistico della contemporanea relazione sentimentale con l’attrice inglese Jane Birkin (che ha già lavorato con Anonioni in Blow-up), la quale all’epoca ha però 24 anni. Il frutto più celebre della collaborazione fra i due è la canzone Je t’aime… Moi non plus, che fa il giro del mondo (censurata in Italia e messa all’indice dal Vaticano): un dialogo cantato/parlato su una melodia che occhieggia alla disco-music, e che incorpora gemiti e mugolii tipici di un rapporto sessuale, con tanto di orgasmo femminile. Più tardi si saprà che ne esiste anche una versione, di poco precedente, cantata in duo da Gainsbourg con Brigitte Bardot, frutto di una brevissima relazione fra i due. Bardot vuole che si mantenga il segreto sull’esistenza di questo brano, che infatti verrà pubblicato solo nel 1986 come curiosità discografica, quando non farà più scandalo.
Un altro brano rimasto dimenticato per anni è Le sable et le Soldat, che Gainsbourg scrive nel ’67 su richiesta esplicita dell’attaché culturale dell’ambasciata israeliana: una sorta di inno a Tsahal, l’esercito israeliano, composta con la prospettiva di un conflitto contro i paesi arabi confinanti. In realtà la vittoria-lampo nella Guerra dei sei giorni relega il potenziale inno nell’oblio dell’archivio nastri di Radio Kol Israel. Soltanto nel 2002, dopo la morte di Gainsbourg, verrà trasmesso in esclusiva da RCJ, la Radio Communauté Juive di Parigi: Je défendrai contre tout ennemi / Le sable et la terre, qui m’étaient promis / Tous les Goliaths venus des pyramides / Reculeront devant l’étoile de David / Je défendrai le sable d’Israël, “difenderò contro qualsiasi nemico la sabbia e la terra promesse, tutti i Golia venuti dalle piramidi arretreranno davanti alla stella di David, difenderò la sabbia di Israele.”
In realtà c’è già stato un incontro ante litteram di Gainsbourg e Birkin, l’11 ottobre 1963 alla veglia funebre di Édith Piaf, collega di lui e vicina di casa di lei. Per dieci anni la coppia vive un’orgia mediatica, soprattutto sui giornali scandalistici. A metà degli anni Settanta, Gainsbourg si getta nel politicamente scorretto con Rock around the Bunker, rifiutato dalle radio per la sua feroce estetica che deride il nazismo: le canzoni hanno titoli come Nazi Rock, S.S. in Uruguay e Est-ce est-ce si bon? , “è così buono?”, che in francese si legge come S.S. si bon. Un rock’n’roll molto convenzionale, con cori e refrain, ballabile, sul quale cucire per contrasto testi crudi e derisori, una nuova provocazione.
Nel frattempo nasce la figlia sua e di Jane Birkin, Charlotte (che intraprende la carriera di attrice con lo pseudonimo del padre, Charlotte Gainsbourg). In questo decennio di contestazione e rovesciamento di paradigmi, Gainsbourg getta benzina sul fuoco con Aux armes etcætera, versione reggae e dissacrante dell’inno nazionale francese, che provoca un’irruzione di ex-paracadutisti reduci d’Algeria durante un concerto a Strasburgo; trasformando il pericolo in opportunità, Gainsbourg canta la Marsigliese a pugno teso e senza accompagnamento. I parà sono costretti a mettersi sull’attenti.
Ma la locomotiva Gainsbourg è ormai lanciata sul binario dell’autodistruzione, che nel suo caso prende il nome di Gainsbarre, deformazione volgare (ma si pronuncia allo stesso modo) del suo cognome d’arte. Gainsbourg/Gainsbarre come Jekyll/Hyde: si esibisce in evidente stato di ubriachezza, mal rasato, dice “I want to fuck her” a Whitney Huston durante una trasmissione TV. La relazione con Jane Birkin è in pezzi: “Ho molto amato Gainsbourg, ma avevo paura di Gainsbarre” dichiara lei. La decadenza fisica e estetica è la vera cifra di Gainsbarre, e la canzone-simbolo di questo periodo è Lemon Incest (1984), in cui di nuovo scherza con il fuoco e con uno dei tabù più rigidi della civiltà occidentale. Gainsbourg canta in coppia con la figlia Charlotte (13 anni), di nuovo un gioco di parole ambiguo: un zeste de citron, una scorza di limone, che si pronuncia come inceste de citron, in inglese lemon incest, il frutto proibito. Gainsboug è costretto a difendersi in pubblico, ma in realtà, al di là di una voluta ambiguità artistica, il testo non contiene nulla di scabroso: Délicieuse enfant / ma chair et mon sang / oh mon bébé mon âme, dice lui, deliziosa bambina, mia carne mio sangue, mia piccola anima mia, e lei risponde L’amour que nous n’f’rons jamais ensemble / est le plus rare, le plus troublant / le plus pur, le plus énivrant, l’amore che mai faremo insieme è il più raro, il più sconvolgente, il più puro, il più inebriante. L’unico amore che la canzone testimonia effettivamente è quello, davvero al limite della passione, di un padre per la figlia: un amore forte come quello fra adulti, ma senza compromissione carnale.
Logorato dal diabete, dall’alcol e dai conseguenti problemi di cuore, Serge Gainsbourg muore il 3 marzo 1991. Nel frattempo ha rivendicato la libertà di rivelarsi un musicista sofisticato e intellettuale, un artista maledetto che cerca lo scandalo, anche forzando i termini della questione; Gainsbourg ha sempre spinto più in là i limiti della canzone d’autore. Tra le sue affermazioni più provocatorie, quella secondo cui la musica leggera (e in particolare i testi delle canzoni) sono un’arte minore, non fosse altro per il fatto che la musica popolare (al contrario per esempio della pittura) non richiede iniziazione per essere apprezzata: forse per questa ragione Gainsbourg ha scelto di rendere difficile l’intelligibilità dei testi, impreziosita di calembours, giochi di parole, rime complesse e raffinate, riferimenti colti e coltissimi, citazioni (Verlaine, The Raven di E.A.Poe, ma anche musicali, visto che ha saccheggiato a più riprese e senza nasconderlo la musica d’arte: van Beethoven, Chopin, Dvořák, Brahms, Khačaturian, Grieg); qualche esempio: tu était la condition sine-qua-non de ma raison, “eri la conditio sine-qua-non della mia ragione” (Ballade de Melody Nelson); mon cur de silex / vite prende feu / ton cur de pyrex / résiste au feu / je ne veux / devant toi surexposer mes yeux / derrière un kleenex, “il mio cuore di silex si accende subito, il tuo cure di pirex resiste al fuoco, non voglio davanti a te sovraesporre i miei occhi dietro un kleenex” (Comment te dire adieu); Naïve comme une toile du Nierdoi Sseaurou (Lemon incest, qui c’è un richiamo al verlan, uno degli slang francesi — verlan è l’inversione sillabica di l’envers, “il contrario” — per cui “Nierdoi Sseaourou” è il verlan di Douanier Rousseau).
Se Serge Gainsbourg fosse americano, o anche solo inglese, oggi sarebbe un autore cult in tutto il mondo. Sfortunatamente, dopo la morte il vuoto della sua poetica così XX-secolo non è stato riempito da nessuno.