di Alessandra Daniele
Signor Presidente,
so che lei è molto popolare nel nostro paese, popolare per davvero, e non solo rispettato per convenienza, opportunismo, o magari viltà. Moltissimi la vedono come un punto di riferimento istituzionale, in un paese in preda alla corruzione e alle mafie, una garanzia di fermezza, in un’era di disorientamento e di crisi mondiale. La sua competenza è indubbia. Nella sua lunga carriera, lei ha attraversato diversi cambiamenti epocali dello scenario politico, nazionale e internazionale, e sempre ha saputo adattarsi, e continuare la sua ascesa che l’ha portata ai vertici dello Stato.
Si dice che un tempo lei sia stato comunista, o abbia appartenuto al partito comunista. Mi scuso, so che ormai questa parola è praticamente diventata un insulto, e che di certo non ha più nulla a che fare con lei, se mai ce l’ha avuto.
Anche allora comunque lei era un uomo d’ordine. Ed è questa la coerenza che conta.
Non è sul suo passato quindi che mi interrogo, ma sul suo presente. Non posso fare a meno di chiedermi quanto le stia davvero a cuore la democrazia. Se non la consideri in realtà un lusso che non possiamo permetterci, o meglio, del quale possiamo permetterci soltanto alcune delle forme esteriori. Un cartonato di democrazia. Perché se così fosse, data la sua competenza, la sua lungimiranza, e la sua carica istituzionale, io non potrei fare altro che darLe ragione.
Oltretutto, la nostra storia non è incoraggiante in proposito: il nostro paese sembra proprio un ambiente inadatto alla sopravvivenza della democrazia. Forse c’entra la composizione dell’atmosfera. O il clima. Dobbiamo rassegnarci?
Signor Presidente, mi permetto di chiederLe di rivelarcelo, una volta e per tutte: ci tolga ogni patetica e perniciosa illusione residua. Lei può. Glielo consentono il suo carisma, la sua esperienza, l’ampio consenso (sincero o meno) di cui gode nel paese.
Non si preoccupi delle reazioni internazionali, l’opinione che all’estero hanno della nostra democrazia è già così bassa che non può peggiorare, e comunque tutti continueranno a fare affari con noi, leciti e illeciti, finché gli converrà.
Perciò, signor Presidente, sollevi pure il sudario dal volto della salma, non siamo bambini a cui si debba mentire sulla reale sorte della nonna defunta. La nostra democrazia non è in vacanza, non è dalla zia, è morta.
Se ce lo dice Lei, Presidente, sapremo accettarlo, anche se dovesse ammettere d’avere inferto personalmente il colpo di grazia alla vittima. Quindi lo ammetta, anzi, lo rivendichi. Lo considereremo una forma di eutanasia, e gliene saremo grati. Il clima politico si chiarirà. Se ne gioveranno l’economia, e anche l’ordine pubblico.
Ci saranno i soliti contestatori. Lei però ha dimostrato di sapere bene come vadano trattati.
Lettera di una cittadina russa al presidente Vladimir Putin.