di Alessandra Daniele
Dall’articolo di Lorenza Ghinelli La pedagogia disarmante di Paulo Freire
“Vedo in Marco Bruno, come nel poliziotto, due facce della medesima medaglia, una medaglia che ha uno scopo preciso, far tornare i conti ai potenti. I poliziotti, così come i No Tav, assumono su se stessi ruoli prestabiliti da altri. Senza divertimento alcuno e senza consapevolezza”.
Dal quarto atto dell’Enrico V di Shakespeare, tre soldati discutono se l’essere coscritti al servizio del re li sollevi dalla responsabilità morale delle loro azioni, facendo ricadere solo su di lui le loro colpe:
“Ne sappiamo abbastanza se sappiamo che siamo sudditi del re; se la sua causa è ingiusta, l’obbedienza che dobbiamo al re ci toglie ogni responsabilità per i suoi atti”.
Enrico V, fra loro in incognito, li avverte però che la responsabilità morale è personale, e che se moriranno con la coscienza nera andranno all’inferno e pagheranno personalmente per le loro malefatte, a prescindere dal loro status di coscritti:
“Ogni suddito deve obbedienza al re, ma l’anima di ciascun suddito è affare tutto suo”.
Enrico V rischia così di rendere i suoi uomini dei soldati “meno efficienti”, perché responsabilizzati, e quindi non più predisposti all’obbedienza pronta, cieca, e assoluta, se può costargli l’anima. Soldati “peggiori”, ma uomini migliori. Esseri umani, e non macchine: il dubbio che tormenta l’agente Rick Deckard, cacciatore di androidi, è quello d’essere anch’egli una macchina, e questo doloroso interrogarsi sulla propria coscienza ne dimostra l’umanità.
Il monito di Enrico V è il contrario di ciò che Nicolas Eymerich promette sempre ai soldati al servizio dell’Inquisizione, prima d’una strage di eretici, o ebrei, o musulmani: assoluzione preventiva e plenaria per ogni atrocità commessa ai suoi ordini.
“Stavo solo eseguendo degli ordini” era la linea di difesa di Eichmann.
E non ha funzionato.
Se un soldato spacca la testa a una contadina sessantenne, o ammazza un pescatore a fucilate, o insegue un ragazzo su un traliccio finché il ragazzo sbaglia la presa e cade fulminato, la colpa non è solo del re.
Si accusa spesso la cultura antagonista di disumanizzare gli uomini in divisa vedendoli solo come ciechi strumenti del potere, in realtà io ci tengo a fare esattamente il contrario, riconoscerli come esseri umani dotati del bene più prezioso dell’universo: una coscienza indipendente. Capaci di discernere gli ordini che li portano a combattere le mafie, da quelli che li mandano a presidiare i cantieri controllati dalle mafie. Anche Roberto Saviano avverte:
“l’Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata (…) Il tracciato della Lione-Torino si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari”.
Una coscienza indipendente ti mette in grado di decidere se condividere le idee e le colpe del re e delle mafie, oppure no. Se essere migliore come soldato, o come essere umano.