di Alberto Prunetti
Sto uscendo da un periodo un po’ particolare rispetto alla lettura e alla scrittura: eccessi di battitura alla tastiera hanno scatenato una tendinite ai polsi col risultato che si sono accumulati i libri che volevo recensire, senza riuscire a trovare la forza di passare troppo tempo davanti alla tastiera. Ci provo adesso, ricucendo un filo emotivo di itinerari di letture, un pretesto per ritornare in luoghi che per una ragione o per un’altra sono stati importanti nei miei viaggi. Ecco quindi Amsterdam vista da uno scrittore italiano che si è stabilito sulla foce dell’IJ dopo importanti soggiorni nel mondo ispanoamericano; le traduzioni dall’India di una casa editrice italiana specializzata, con coraggio e lungimiranza, sul mondo asiatico e infine il bel progetto editoriale di Minimum Fax, Sur, finalizzato alla promozione di una letteratura latinoamericana moderna e lontana dagli stereotipi del realismo magico.
Prima sosta, Buenos Aires
Eccoci in Argentina, da dove parte il viaggio di un nuovo progetto editoriale che si propone di portare in Italia le voci migliori della nuova letteratura latinoamericana, al di fuori dei canoni acquisiti dell’iperaggettività marqueziana. Testi dall’aria vintage con hardcover, traduzioni di estrema qualità e un ammirevole blog, curato da uno dei più attenti traduttori di cose latinoamericane, Raul Schenardi, che affianca le produzioni editoriali con un lavoro di approfondimento sulle tendenze letterarie in corso nel dinamico panorama editoriale dell’America Latina. Anche se in questa prima uscita non ho letto tutto con lo stesso entusiasmo. Scendiamo nei dettagli.
César Aira, I fantasmi, Roma, Edizioni Sur, 2011, traduzione di Raul Schenardi, euro 15
Mi aspettavo tanto dalla fama dell’autore e sicuramente ho apprezzato la sua dimensione surrealista. Ma il prolifico autore di dozzine e dozzine di romanzi a momenti avvince e a tratti annoia un poco, in questo “condominium” surreale portegno, dove si finisce per apprezzare ovviamente i muratori cileni ubriachi più che i figli della prole delle classi medie argentine. Ci sono le premesse per leggere qualcos’altro, nella convinzione che il meglio di Aira deve ancora essere tradotto.
Ernesto Sabato, Prima della fine, Roma, Edizioni Sur, 2011, traduzione di Raul Schenardi, euro 15
Una battuta tipica dei caffè letterari di Buenos Aires: come si fa a prendere sul serio un tizio che parla di suicidio da decenni e che è morto quasi centenario? In questo luogo comune c’è la recensione migliore dell’accondiscendente (con se stesso) autobiografia di Ernesto Sabato, grande artista della parola con la forte inclinazione a scompigliare le carte, barando anche con se stesso. In un precedente articolo ho mostrato come un letterato che non ha rotto al momento in cui era opportuno con la dittatura di Videla sia riuscito a affermarsi come campione dei diritti umani e della resistenza ai dittatori: un gioco d’illusionismo che ha convinto molti, soprattutto fuori dall’Argentina. Il passo più divertente dell’autobiografia di Sabato è quello in cui parla di Severino Di Giovanni, l’anarchico italiano di cui ho tradotto da poco la biografia. All’epoca in cui Di Giovanni era considerato un bandito comune, Sabato lo descrisse in Sopra eroi e tombe come un gangster vestito con camicie di seta, riprendendo la versione diffamatoria e falsa della polizia. Dopo molti anni in cui l’immagine pubblica dell’anarchico italiano è cambiata e di molto, risultando quella di un eroe romantico nemico della dittatura di Uriburu, Sabato si dice ancora commosso dal ricordo di quella “figura leggendaria”. Anzi, può addirittura vantarsi di averlo incontrato. Da leggere come una finzione borgesiana venuta male.
Rodolfo Fogwill, Scene da una battaglia sotterranea, Roma, Edizioni Sur, 2011, traduzione di Ilide Carmignani, euro 15
Grande, grandissimo. Soprattutto nella prima parte. Fogwill è un “vivo” che si diverte a passare per l’antipatico di turno. Le sue interviste in questo senso sono spettacolari. Ma come ronzano i motori dentro a questo libro che ci racconta l’idiozia delle guerre (in particolare di quella anglo-argentina delle Malvinas) in maniera magistrale, senza tra l’altro neanche un momento di compiacimento umanistico. C’è la fame e l’ignoranza, la bestialità, il cinismo e la riproduzione in scala minore delle logiche di sopraffazione della dittatura in un testo che si legge in una sola notte. E si rimane con l’amaro in bocca, perché il libro è finito e l’umanità è uno schifo. Lo segno tra i miei preferiti in campo antimilitarista.
Seconda sosta, Bombay
Annie Zaidi, I miei luoghi, Milano, Metropoli d’Asia, 2012, traduzione Giovanni Garbellini, euro 14,50
R. Raj Rao, Autobiografia di un indiano ignoto, Milano, Metropoli d’Asia, 2011, traduzione di AAVV, euro 14,50
Dico Bombay ma il centro geografico di questi due libri è mobile. Si finisce però per ritrovarsi a Bombay/Mumbai (e il nome già è il segno di una riformulazione identitaria), magari a Bandra, ora sul lato occidentale, rispetto alla ferrovia, in uno slam che ospita profughi bengalesi terrorizzati, poi in quello occidentale, con i suoi palazzi lussuosi sulla Marina, il cimitero cristiano e i caffé alla moda per le aspiranti attrici di Bollywood. Ma i percorsi di Annie Zaidi e R. Raj Rao si spingono fino al Punjab e al Rajastan e poi in altri luoghi del subcontinente, fino a quella fascia di territorio governata dai banditi, dai daicot. Sia i reportage narrativi di Zaidi che i racconti brevi di Rao si interrogano su problematiche identitarie e sul fondamentalismo religioso, ma in Zaidi ho sentito suonare delle vibrazioni più profonde. L’autrice è una giovane giornalista (collaboratrice di uno dei migliori settimanali indiani, Frontline) che riesce a scrivere in prima persona in maniera magistrale, dissimulandosi spesso in un “io” enunciato apparentemente ingenuo, con il quale riesce a rendere facilmente leggibili (anche agli occhi poco avvezzi alla realtà indiana come quelli infarciti d’orientalismo e d’ignoranza degli italiani) realtà complesse, smontando luoghi comuni e stereotipi. Interessante è l’identità fluida rivendicata dalla Zaidi in campo religioso: l’autrice dei reportage, cresciuta in una famiglia che aveva sentimenti di affiliazioni e identità multiple e festeggiava tutte le feste religiose, si definisce un’agnostica-miscredente. Oltre a demitizzare le demarcazioni identitarie religiose, l’autrice fornisce una toccante testimonianza delle difficoltà di essere donne in India (difficoltà che non ci devono far dimenticare che gli indici sulle discriminazioni di genere in Italia ci pongono comunque molto in basso rispetto alla maggioranza degli altri paesi).
Con Rao, autore dell’altro libro pubblicato da Metropoli d’Asia, condivide le tematiche affrontate: le minoranze, le questioni di genere, l’omosessualità in India, i fanatismi identitari e religiosi. Il lavoro di Metropoli d’Asia è rilevante per i lettori italiani, dal momento che il continente asiatico sta assumendo un profilo fondamentale nella nostra epoca e il libro di Annie Zaidi è perfetto per avvicinarsi alla realtà indiana, che è trattata con un pressapochismo ignorante da molti (come dimostrano le pagine dei giornali di questi ultimi giorni, che hanno trattato l’assassinio dei pescatori del Kerala in maniera molto sommaria, come ho già rilevato in questo stesso blog).
Terza sosta: Amsterdam
Marino Magliani, Amsterdam è una farfalla, Portogruaro, Ediciclo, 13 euro,
Marino Magliani non vive a Amsterdam e secondo me non ci va neanche troppo volentieri. Infatti quando ci incontriamo ci diamo appuntamento ad Haarlem, 15 minuti di treno da Amsterdam Centrum, con meno turisti attorno e forse ancor più bellezza. Secondo me a Marino la provincia gli sta nel cuore, e i suoi viaggi sembrano proprio un’altalena tra le terrazze ulivate della Liguria natia e un altrove che si fa pretesto per la memoria, l’oblio, l’esilio e il ritorno. Roba da tango, insomma, dislocato però tra il Nordeuropa e la costa mediterranea ligure. Chi si aspetterà una guida anticonvenzionale e letteraria su Amsterdam, con i marinai e le puttane di Jacques Brel, si troverà invece sorpreso dai giochi metaletterari di Magliani che scrive un romanzo sul romanzo, inventandosi una città sotterranea, agganciata però a coordinate geografiche e psicourbane, a partire dalla libreria Bonardi, un angolo di cultura in lingua italiana su un vecchio molo di Amsterdam. Detto in due parole: l’invenzione di una città vista attraverso le ruote di una bicicletta da un cane romantico di vecchio pelo (La spiaggia dei cani romantici è il titolo di un romanzo di Magliani che considero una delle cose migliori che io abbia mai letto su uno sfondo argentino da un autore italiano).