di Alessandra Daniele
L’ostetrico sorride.
– Congratulazioni, suo figlio è il primo nato a tempo determinato del nostro ospedale!
La donna lo guarda, allarmata.
– Cosa significa?
– Questa mattina è entrata in vigore la riforma sulla flessibilità della vita. I media ne hanno parlato poco, perché monopolizzati dalle reazioni di sdegno e condanna per l’oltraggio subito dal capo dello Stato.
– Sì, lo so, un tizio distratto s’è seduto su una sedia dove c’era una rivista col presidente in copertina. Mi dica piuttosto cos’è questa riforma.
L’ostetrico assume un’espressione compunta.
– La crisi richiede sacrifici. Vivere a tempo indeterminato senza dimostrarsi produttivi è un privilegio che il paese non può più permettersi di concedere a tutti. Suo figlio è stato quindi assunto in vita con un contratto a termine di sei mesi.
La donna sgrana gli occhi.
– Ma che stronzate dice?
– Le ricordo che le proteste sono consentite solo se civili, pulite, allegre, e colorate – dice l’ostetrico, in tono di rimprovero – il termine ”stronzate” è di chiaro stampo terroristico.
La donna scende dal letto, furibonda.
– Dov’è mio figlio?
– Signora, la esorto a tornare nell’alveo della legalità democratica – indica il letto – suo figlio è in buone mani. I sei mesi sono rinnovabili – aggiunge in tono più conciliante.
– Ah sì? E come cazzo farebbe un neonato a produrre guadagni?
– Le assicuro che ci sono vari modi…
La donna spinge via l’ostetrico, e si dirige alla porta. L’ostetrico estrae una pistola, e le spara alla schiena. La donna scivola a terra. L’ostetrico le si avvicina.
– Mi dispiace, ma per chi come me fa applicare la riforma, l’obbligo di giusta causa per l’omicidio è abolito.