di Franco Ricciardiello
Tra il 1961 e il 1973 il governo degli Stati Uniti combatte in Laos una guerra segreta, mai dichiarata e mai votata dal Congresso americano, contro l’esercito del Nord Việtnam. Per impedire il rifornimento dei việtcộng, i partigiani comunisti che combattono nel Sud Việtnam, tre milioni di tonnellate di bombe vengono sganciate sul Laos, lungo il tracciato del sentiero di Hồ Chí Minh: il più pesante bombardamento che una nazione abbia mai subito nel corso della Storia. Malgrado questo incredibile dispiego di mezzi di distruzione, nel 1975 il Laos diventa una repubblica socialista, e lo è rimasto fino a oggi malgrado profondi cambiamenti nell’organizzazione statale.
Il coinvolgimento americano inizia negli anni Cinquanta, con l’obiettivo di contrastare l’influenza del Việtnam comunista sui paesi limitrofi. Il Laos in breve diventa il maggiore destinatario di fondi federali di tutti i tempi (non solo bombe, dunque): 40 miliardi di dollari l’anno in un paese di solo tre milioni di abitanti; nel 1955 gli stipendi dell’intero esercito reale laotiano sono pagati dagli USA, in cambio dell’impegno militare contro il movimento insurrezionale marxista Pathēt Lao. Gli accordi di Ginevra, che sanzionano nel 1954 la fine del colonialismo francese in Indocina, prevedono per l’ex-colonia un governo di coalizione e la cessazione di ingerenze straniere: tuttavia il Dipartimento di Stato USA avvia il “progetto segreto 404” che utilizza ufficiali in temporaneo congedo come consulenti militari. Le elezioni del 1960 si svolgono secondo un copione consolidato: brogli, esclusioni di candidati, risultati truccati. La destra ottiene un’ampia maggioranza in parlamento; il Dipartimento di Stato sostiene il premier principe Suvannaphūmā, ma la CIA individua il proprio uomo forte nel ministro della difesa Phūmī Nôsavan; questo in ossequio alla “teoria del domino” enunciata nel ’54 dal presidente Eisenhower, secondo il quale se un Paese cade nelle mani dei comunisti, tutte le altre nazioni della stessa area geografica una dopo l’altra seguiranno la stessa sorte, come tessere di domino messe in fila.
Phūmī tuttavia non è in grado di far fronte alla situazione, anche perché l’agguerrito esercito nordvietnamita sconfina oltre frontiera per aiutare massicciamente il Pathēt Lao. La CIA cambia allora strategia e decide di fare leva sull’irredentismo della minoranza hmong, che abita l’altopiano orientale, dove è giunta due secoli prima dalla Cina, cacciata da violente persecuzioni. Agli albori della guerra civile gli hmong sono integrati nel Naeo Lao Issara, il movimento indipendentista marxista che controlla un territorio montano abitato prevalentemente da minoranze etniche; ma negli anni Sessanta gli hmong si lasciano convincere dalla possibilità di ritagliarsi una patria nella provincia di Xiangkhouang in caso di vittoria. I consulenti militari USA addestrano un esercito di migliaia di hmong guidati dal generale Vang Pao, in una zona impervia rifornita da una compagnia aerea fantoccio, la Air America. Questo esercito segreto, che combatte una guerra sconosciuta all’opinione pubblica americana, sostituisce per dodici anni l’esercito nazionale del Laos per due ragioni: innanzitutto perché quest’ultimo viene praticamente distrutto nel 1968 nella valle di Nambac dalla 316a divisione nordvietnamita, armata con artiglieria e tank sovietici; in secondo luogo perché i laotiani si dimostrano assolutamente inadatti a combattere. La guerra civile in questo paese è combattuta da vietnamiti contro hmong, perché ancora oggi, come può piacevolmente constatare chiunque si rechi in Laos anche solo per turismo, il “carattere nazionale” del paese (ammesso che qualcosa del genere esista) è quanto di più lontano si possa immaginare dal militarismo.
La famigerata Air America già aveva fornito supporto logistico ai francesi assediati a Ðiệnbiênphủ, con il nome di Civil Air Transport (CAT). Dal ’59 al ’73 rappresenta la longa manus della CIA: sotto lo slogan Anything Anywhere Anytime Professionally, i suoi mezzi con insegne civili trasportano materiali, rifornimenti, armi e personale (compreso il presidente Nixon), più avanti anche napalm e ingenti quantitativi di oppio che serve a finanziare le operazioni. Nel 1970 Air America possiede quasi 50 aerei e 30 elicotteri, con 300 unità di personale e un operativo di 4 mila ore di volo al mese.
Sul terreno, la guerra segreta viene invece combattuta da un esercito di 30 mila hmong (e altre minoranze mien e kamū), nella strategica Piana delle Giare al confine con il Việtnam. Per dodici anni le ostilità seguono un andamento ciclico, con i nordvietnamiti all’offensiva durante la stagione secca da novembre ad aprile, contrastati da devastanti bombardamenti americani per impedire la caduta delle città, Vientiane e Luang Phrabāng; quando la stagione delle piogge devasta le linee di rifornimento dei vietnamiti, l’iniziativa ritorna ai hmong. Nel ’69 i vietnamiti tentano di mantenere il controllo della Piana anche in estate, e subiscono una sconfitta disastrosa.
Nella zona controllata dal governo filoamericano, va in scena la consueta degenerazione di un regime che perde il favore popolare: corruzione, prostituzione, contrabbando e traffico di droga alimentano l’economia ma scandalizzano una società profondamente impregnata di buddismo theravāda, alienando il sostegno della società civile. L’oppio, cha Air America trasporta per finanziare la guerra segreta della CIA, finisce sul mercato di Sàigòn per essere consumato dai soldati americani sotto forma di eroina n. 4, pura al 99%.
Gli americani cercano invano di rovesciare le sorti della guerra segreta: nel 1970 con l’intervento di 17 mila “volontari” tailandesi (in realtà unità dell’esercito regolare), poi nel febbraio 1971 con un’invasione in grande stile dell’ARVN, l’esercito del Sud Việtnam; la cosiddetta operazione Lam Son 719, scatenata con l’obiettivo di tagliare il sentiero di Hồ Chí Minh, che si scontra con una strenua resistenza nordvietnamita. Il risultato: una brutale sconfitta per l’ARVN che perde metà degli effettivi e è costretto a ritirarsi entro i confini, e la caduta di alcune capitali di provincia nelle mani del Pathēt Lao. Nel ’72 il ricostituito esercito reale laotiano fa un ultimo tentativo di impadronirsi della strategica Piana delle Giare; la battaglia dura ben 170 giorni e termina con la vittoria dei nordvietnamiti.
Air America si occupa anche di paracadutare il cibo necessario a mantenere in vita 170 mila hmong sulle montagne; i bambini sono convinti che il riso non venga coltivato nei campi, ma cada semplicemente dal cielo, sganciato dagli uomini celesti, i piloti in abiti civili. Gli hmong combattono con fucili Garand residuati dalla guerra mondiale, contro i veterani bộdơi nordvietnamiti che usano micidiali AK-47 automatici e carri armati: è chiaro che gli americani li considerano carne da cannone. La tattica militare di Vang Pao, che si comporta come un tipico signore della guerra asiatico, provoca perdite ingentissime tra i propri uomini; verso la fine delle ostilità è costretto a arruolare anche i minorenni. La sua forma di pressione sui villaggi renitenti arriva anche a negare il riso consegnato da Air America.
Notizie sulla guerra segreta appaiono saltuariamente sulla stampa USA perché è difficile reperire fonti attendibili per un’area così remota. Il governo americano nega qualsiasi coinvolgimento, anche se l’amministrazione Kennedy di fronte ai successi comunisti progetta di inviare 60 mila marines in Laos, senza neppure escludere l’impiego di armi nucleari tattiche. Per fortuna, il fallito sbarco di revanscisti nella Bahía de Cochinos a Cuba consiglia prudenza. Tuttavia, a partire da fine 1965 nei bombardamenti vengono impiegati anche i micidiali B-52. Soltanto il 15 maggio 1997 gli Stati Uniti riconoscono ufficialmente il proprio coinvolgimento nella guerra segreta, combattuta con cinismo da entrambe le parti sul territorio e sulla pelle del Laos.
A partire dal ’73, con l’entrata in vigore degli accordi di Parigi sul cessate-il-fuoco in Việtnam, l’interesse a mantenere in piedi la guerra segreta viene meno. Gli accordi prevedono un governo di coalizione tra il Pāthet Lao e la destra, ma nel 1975 la riunificazione del Việtnam e l’arrivo al potere dei khmer rossi in Cambogia fanno prevedere una transizione di potere anche in Laos. Paradossalmente, l’ingerenza americana in Indocina ha ottenuto l’effetto contrario, in Laos come in Cambogia: un movimento insurrezionale tutto sommato marginale si trasforma in un esercito in grado di scatenare una guerra civile e prendere il potere; il tentativo ipocrita di “esportare la democrazia” si ritorce contro i suoi ideatori.
Nel 1975, alla vigilia delle dimissioni del governo filoamericano, il notiziario ufficiale del Pathēt Lao avverte che gli hmong saranno sradicati alle radici: troppo compromessi con il regime, decidono di abbandonare il paese. Il generale Vang Pao getta le mostrine sulla scrivania del premier Suvannaphūmā e pretende l’evacuazione di 5 mila combattenti e famiglie. Air America riesce a trasportare meno di mille persone prima il Pathēt Lao occupi la provincia di Xiangkhouang. Vang Pao finisce in esilio negli USA, migliaia di altri hmong emigrano a piedi verso la Thailandia, dove ne arriveranno entro fine anno almeno 40 mila; probabilmente un terzo sono morti durante il trasferimento. Gli hmong rimasti in patria non deporranno mai le armi; senza riuscire a rappresentare una minaccia per il nuovo regime comunista, si limitano a terrorizzare la popolazione delle pianure, tendere imboscate e trucidare malcapitati fino a che il nuovo esercito del Pathēt Lao li spazza via alla fine degli anni Settanta.
Fino all’inizio di quest’anno, Vang Pao è vissuto in esilio negli Stati Uniti, dove il suo viscerale anticomunismo lo porta a opporsi al progetto Onu di rimpatrio degli esuli hmong. Nel 2007 viene arrestato in California, in ossequio al Neutrality Act, per aver tentato di rovesciare il governo legittimo del Laos, e prosciolto nel 2009. Il 6 gennaio 2011 muore di polmonite, all’età di 81 anni.