di Danilo Arona
Me ne rendo conto. E’ troppo facile scriverne in questi giorni. Giuro però che sono molti mesi, almeno sin dai giorni dello tsunami giapponese, che volevo approfondire l’argomento. Quale? All’inizio di quest’anno, durante una cena con amici, una ragazza di Poirino mi colpì con una frase, all’apparenza sibillina, ovvero: «L’acqua è molto incazzata e si sta ribellando». Ovviamente non si specificava dove si ubicava la location della rivolta, ma, trattandosi di un riferimento indirizzato al pianeta Terra in generale — la nota “ipotesi Gaia” di James Lovelock sulla Terra come organismo vivente, formato da quegli elementi vitali che sono aria, roccia, organismi vegetali e animali e, appunto, acqua -, l’implicita localizzazione geografica intendeva: «Dappertutto».
Occorre prima presentare, per certi versi, l’amica in questione. Di lei ci serve solo sapere che ha una quarantina d’anni e che una di quelle donne — ne conosco diverse — che si potrebbero definire “emissarie di Gaia”. Soffrono della cosiddetta “sindrome da terremoto” (lo avvertono, fisicamente standoci male, ore prima che avvenga, non importa a quanti chilometri di distanza) e manifestano spesso un collegamento all’apparenza intuitivo con le energie della Terra. Sibille o sciamane occulte, creature del genere se ne stanno disperse o sublimate in mezzo a noi, comuni mortali, spesso ponendo il loro potere al servizio di mestieri come la medicina, la veterinaria e l’infermieristica. Un tempo avrebbero dovuto forse dovuto lottare per non finire bruciate vive sui roghi medioevali.
Inquadrato così il soggetto, vi garantisco che le ho studiate tutte per farmi dire di più. L’amica mi ha raccontato antiche leggende delle zone in cui vive e lavora (e nelle quali compaiono per inciso bellissimi cerchi nel grano), giusto per indirizzarmi sulla strada di un esoterico e archetipico principio: l’acqua è anche — o soprattutto — un organismo vivente e pensante non tanto perché banalmente è il 99% di tutte le molecole, ma in quanto Grande Madre dell’oceano primordiale dal quale si sono sviluppate tutte le forme di vita. Tra simbolo e biologia, l’acqua contiene la matrice del pensiero universale ed è quindi in grado di pensare e di autopensarsi. La memoria dell’acqua è un dato dimostrato che qui non possiamo approfondire. Ma l’acqua è in grado di adirarsi. Dalle sue parti, mi raccontò l’amica, sino a non molto tempo prima, potevi scorgere persone a cui mancavano mani o dita. «Un po’ troppe rispetto alla media percettiva. Quelle erano persone che non avevano rispettato il tabù dell’acqua, ovvero avevano messo le mani in zone lacustri che non dovevano essere violate».
Mai fare l’errore di chiedere a una sciamana, per quanto metropolitana, di essere più esauriente. Si chiude a riccio. Mai fare la domanda: «Ma come? A Poirino ci sono molte persone senza una mano?» perché la risposta suona: «Certo, non si fanno vedere, ma c’è chi le può vedere». Ma questo dei monchi in provincia di Torino suonò quella sera come un preludio di poca importanza rispetto alla rivelazione di cui sopra, cioè: «L’acqua è molto incazzata e si sta ribellando». Perché, poi, alla fine, in un sillogismo più che ingenuo, l’acqua siamo noi. E, se l’acqua si ribella — qualsiasi cosa voglia dire, anche sui piani sottili e simbolici — noi siamo fottuti.
Lo Tsumami giapponese ancora doveva accadere. Poi accadde, e le immagini diffuse a trattamento Ludovico dalle TV in tutto il mondo offuscarono in potenza e brutalità naturale quelle già notevoli dello tsumani tailandese di vari anni prima. Poi da allora è stata un’escalation di acqua incazzata un po’ dappertutto sino ad arrivare al solito periodaccio di fine ottobre / inizio novembre, quando l’ira della Grande Madre non è più mediata dal tubo catodico e ci colpisce. Quando non direttamente, almeno al cuore. Le Cinque Terre, Genova, casa mia, luoghi in cui ho vissuto e vivo tuttora. E adesso le parole dell’amica di Poirino risuonano ancora più sinistre. Avrà finito di incazzarsi l’acqua? Avrà finito di ribellarsi?
Mi sa che l’amica, che presto vedrò, mi risponderebbe picche. «Siamo all’inizio. E’ un ciclo inarrestabile. Pensa al terrorismo ambientale messo in atto ovunque a macchia di leopardo dalle guerre. Pensa a chi muore, migliaia, perché non c’è acqua e pensa a chi muore sepolto dalla medesima in un androne. Gli equilibri sono saltati. L’acqua è impazzita, furiosa, e quando parte diventa inarrestabile.»
Sì, okay, ho immaginato questa risposta. Ma, se l’accosto a quel che ho sentito dire da un climatologo alla radio pochi giorni fa, ovvero che le mutazioni climatiche — che adesso più nessuno nega e anzi riempiono la bocca degli esperti dell’ultima ora — hanno “geneticamente” mutato la pioggia, concentrandone in pochi minuti e in zone molto ristrette i rovesci calcolati in migliaia di tonnellate, non posso negare al simbolo e alla metafora una sua spaventosa concretezza.
Sposto, ma solo all’apparenza, il discorso, servendomi di un interessante contributo del sito Mysterium a proposito di certe, suggestive e qualche volta spaventose nuvole che qualcuno ha ribattezzato “Asperatus”, che sarebbero o sono una tipologia mai osservata prima di nuvola. Si tratta di nubi, leggiamo nell’articolo, enormi, scure, minacciose e molto misteriose che stanno comparendo da poco tempo nei cieli di tutto il mondo in modo assai poco legato alle dinamiche climatiche in evoluzione.
“Stiamo parlando di grandi nuvole che, in formazioni fantastiche, sono state viste negli ultimi tempi sovrastare alcuni paesaggi europei, oscurandoli, foriere di tempeste. Malgrado appaiano, ormai, frequentemente in cieli diversi e lontani tra di loro, queste estese formazioni nuvolose, come informa un articolo apparso sul Daily Mail on-line, non sono state ancora ufficialmente prese in considerazione dagli scienziati e, quindi, non hanno un nome. Ogni volta, sembra che stiano per scatenare il finimondo, come minimo un piccolo tornado, ma poi si rompono e tutto finisce nella calma più totale. Un mistero per i meteorologi: perché si formano? Come fanno a distribuirsi in forme così articolate, difficili anche solo a immaginarle ed estremamente variegate nei colori e nelle sfumature, tanto da meritarsi dalla Royal Meteorological Society (RMS), che ha tentato di imbrigliarle nell’ufficialità scientifica, il nome di nuvole Asperatus, termine latino che si può rendere con ‘tempestoso’, ‘ruvido’,’ accidentato’. Chi le ha viste, anche solo in fotografia, come Gavin Pretor-Pinney, fondatore della Cloud Appreciation Society, dice che è come guardare la superficie del mare in tempesta da sotto. La parte visibile, sottostante delle nuvole, appare accidentata e increspata e sembra proprio una nube di tempesta, anche se sono molte le testimonianze che affermano che, alla fine, quando queste formazioni si aprono non danno luogo neppure a un temporale. La RMS si sta attivando per raccogliere più informazioni possibili su queste nubi Asperatus: quando e dove appaiono per cercare di capire esattamente quale sia il meccanismo di formazione e che cosa lo mette in moto. Gli esperti meteorologi chiederanno poi all’Organizzazione Mondiale Meteorologica delle Nazioni Unite di Ginevra, di considerare la possibilità di inserire queste nuove, strane nuvole nell’International Cloud Atlas.”
Sì, a prima vista hanno poco a che fare con il nostro discorso. Eppure anche di questo stiamo parlando: troppa acqua da certe nubi e nessuna, o quasi, acqua da altre nubi, spaventose alla vista. Anche questa è mutazione, cambiamento, ribellione. Rottura dell’equilibrio. I cieli stanno cambiando. La luminosità e le sfumature, per chi sa guardare non superficialmente, sono diverse da quelle di soltanto dieci anni fa. Non so esattamente che significhi. Ma, se adesso persino gli scettici più inveterati concordano sulla repentina degenerazione globale del clima, è probabile che anche la luce che ci avvolge come in una cupola invisibile (e proprio per questo è un parziale derivato dell’acqua) abbia subito una mutazione. Così come certe nubi. O certe perturbazioni. Che di acqua sono al 99%.
E mi risuonano nella mente le parole dell’amica di Poirino: «Si sta incazzando, si sta ribellando».