di Alessandra Daniele
Il ragazzo si avvicina alla finestra, scrutando fra le assi inchiodate.
– Non se ne vedono.
Il vecchio si siede.
– Io non esco.
– Uno dei due deve andare a prendere quella macchina.
– Perché io?
– Io ti copro le spalle da qui.
– Tu hai una mira di merda.
Il ragazzo solleva il fucile.
– Non a questa distanza.
Il vecchio sogghigna.
– Bravo, sparami, così devi andare lo stesso a prendere la macchina da solo, e in più senza nessuno che ti copra. Così quando quei cadaveri ambulanti saltano fuori, ti spolpano come un osso di pollo.
– Magari invece si fermano a spolpare te, se sei ferito.
Il vecchio lo fissa.
– In dieci si fermano a spolpare me. Gli altri cinquanta continuano a inseguire te.
– Quali cinquanta? Non se ne vedono, non ce n’è!…
– Allora vai a prendere la macchina.
Il ragazzo bestemmia, esasperato. Poi abbassa il fucile, si fruga in tasca, e tira fuori una moneta.
– Tiriamo a sorte.
Il vecchio guarda la moneta.
– Di chi è la testa che c’è sopra?
– Che te ne fotte?
Il vecchio accenna un sorriso. Poi estrae una pistola.
– I farisei chiedono a Cristo se devono pagare i tributi imposti dall’Impero Romano. Cristo si fa dare una moneta, gliela mostra, e domanda ”di chi è la testa che c’è sopra?” I farisei rispondono ”di Cesare”. E Cristo dice ”allora date a Cesare quel che è di Cesare”.
Il ragazzo torna a sollevare il fucile.
– Sì, la so, è la faccenda su Stato e Chiesa, ma che cazzo c’entra adesso?
Il vecchio sospira, s’aggiusta sulla sedia.
– Quella è l’interpretazione canonica. Infatti è una stronzata. Per gli ebrei palestinesi dell’epoca, Cesare non è ”lo Stato”, è l’oppressore. Cesare è l’esercito occupante che ti abbatte la casa, ti stupra la moglie, e se t’incazzi ti crocifigge.
– E allora?
– Secondo me dire che qualcosa è di Cesare, e va ridata a Cesare somiglia tanto a dire ”rispeditela all’inferno”.
Dalla strada proviene un rumore confuso.
Il ragazzo trasale.
– Cristo!
– Sì, stavamo parlando di lui – dice il vecchio – e di Cesare – alza il cane della pistola.
Il ragazzo sbircia fra le assi della finestra senza avvicinarsi troppo.
– Da qua non si vedono… cazzo, dobbiamo prendere subito quella macchina!
– Lancia la moneta.
Il ragazzo esegue.
Il vecchio la trapassa con un colpo.
– Te l’ho detto che ho una mira migliore della tua per le teste.
– Tu sei un pazzo rincoglionito!
– Sì, in effetti ho i neuroni un po’ logori. Non ho mai preso il Regeneron, il conservante per il cervello – ridacchia – Cesare continuava ad alzare l’età pensionabile, e sempre più gente cominciava ad usarlo, e cominciava sempre prima, per riuscire a restare efficienti, non finire licenziati. Ma io no. E credo di aver fatto la cosa giusta.
Il rumore confuso si fa risentire, stavolta più vicino. Il vecchio si alza.
– Il loro cervello s’è conservato anche troppo, ma in modo non tanto efficiente. Dev’essere perché sono morti – porge la pistola al ragazzo – dammi il fucile, e vai a prendere quella macchina prima che sia troppo tardi.
– Non sei tu che decidi!
– Sempre meglio che far decidere alla moneta. Ha già fatto abbastanza danni – indica la porta – vai, io ti copro le spalle. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.