[Una versione ridotta di questo articolo è apparsa sul quotidiano L’Unità del 29 settembre scorso, F. L.]
A Nuevo Laredo, città di frontiera tra Messico e Stati Uniti, nella mattinata di sabato 24 settembre i genitori che accompagnavano i figli a scuola hanno fatto una macabra scoperta. Sul prato intorno al monumento a Cristoforo Colombo giaceva il corpo senza vita della giornalista María Elizabeth Macías, caporedattrice del quotidiano locale Primera Hora. La donna, di 39 anni, usava il nickname Nena de Laredo, Ragazza o Bambina di Laredo, per diffondere notizie in tempo reale tramite i social network e i blog dedicati al narcotraffico. “Ok. Nuevo Laredo dal vivo e i social network. Sono la Ragazza di Laredo e sono qui per i miei report e i vostri. Per chi ancora non ci crede, m’è successo questo per aver creduto nell’esercito e nella marina”, dice il messaggio redatto dai sicari degli Zetas, il cártel che controlla la zona del confine con il Texas e del Golfo del Messico e che sta allargando la sua sfera d’influenza sempre più a sud e a ovest, da Guadalajara a San Luis Potosì e Veracruz.
Gli 80 omicidi di giornalisti tra il 2000 e il 2011 fanno del Messico uno dei paesi più pericolosi per l’esercizio di questa professione. In particolare la situazione della frontiera nordorientale, negli stati del Tamaulipas e il Nuevo León, è drammatica a causa della militarizzazione, dell’insicurezza sulle autostrade (4832 desaparecidos in 20 mesi) e della guerra tra il cartello dei narcos del Golfo e quello degli Zetas per il dominio dei territori che fanno da corridoio per la cocaina e la marijuana dirette negli Usa. La minaccia sembra riguardare specialmente chi diffonde su Internet le foto, i tweet e i video sui narcos che sono censurati dagli altri media per paura di rappresaglie. I blog pubblicano tutto il materiale che gli viene inviato, compresi i dettagli sui centri di stoccaggio e smercio della droga e altri dati utili per le autorità, mentre spesso i giornali, soprattutto se sono piccoli e di rilevanza locale, non osano tanto e rischiano davvero grosso.
Non è facile tracciare le origini dei siti internet che si occupano di narcos né si riesce a capire se sono gestiti dalla polizia, da giornalisti o da semplici cittadini, ma le immagini truculente e inedite presenti su questi portali fanno pensare che gli stessi narcos li usino per trasmettere avvertimenti e messaggi di terrore al governo, alla popolazione e ai rivali. Le scene di decapitazioni e torture videoregistrate abbondano e l’origine esatta dei video resta sconosciuta. E’ innegabile, comunque, che siano un canale di comunicazione privilegiato tra bande e cartelli rivali oltre che un mezzo d’informazione e scambio per gli internauti che possono interagire in chat, coi commenti o postando video. Per esempio il gruppo paramilitare dei Mata-Zetas (=gli ammazza-Zetas), probabilmente legato al potente cartello di Sinaloa, è finito su tutti i giornali e in TV in seguito all’invio, via blog del narco, di un comunicato video in cui dichiara di aver ucciso e gettato per strada 35 pesone a Veracruz perché erano membri o complici del cartello degli Zetas di cui sono i più acerrimi nemici. Si fa riferimento a una terribile mattanza avvenuta il 20 settembre scorso in un sobborgo “per bene”, Boca del Río, situato a pochi chilometri da Veracruz, sulla costa atlantica. La stampa italiana ha riportato i fatti in alcune note anche se, come spesso accade quando si parla di paesi ritenuti “lontani o esotici”, lo ha fatto in modo fuorviante e pittoresco come sottolinea il giornalista Federico Mastrogiovanni in un post critico e doveroso (intitolato “Se non ci sono trans e mignotte”) sul suo blog.
I cosiddetti narco-blog più visitati sono il Blog del Narco, Al rojo vivo, Mundo Narco e Nuevo Laredo en vivo. Sulla home page di questo portale è comparso un fiocco nero in segno di lutto dedicato alla scomparsa María, La Nena. La testata per cui lavorava è di proprietà del sindaco di Nuevo Laredo, Benjamín Galván, del Partido Revolucionario Institucional (il partito che per oltre 70 anni ha dominato in Messico e che, dopo le sconfitte alle presidenziali del 2000 e del 2006, sembra poter tornare al potere nel 2012), per cui, oltre alla pista della vendetta personale ai danni della redattrice, si ipotizzano eventuali ragioni politiche o economiche.
“E’ troppo presto per sapere se il crimine è motivato da presunte attività della giornalista su Internet o se il messaggio dei criminali è un depistaggio”, ha dichiarato il rappresentante del Comitato per la Protezione dei Giornalisti, Mike O’Connor. Sebbene sia piuttosto attraente a livello mediatico l’idea di denunciare un narco-attacco ai blogger e ai social network e vi siano alcune tracce, tra cui i messaggi lasciati dagli assassini vicino alle vittime, di questa intenzione repressiva da parte del crimine organizzato, non ci sono ancora delle prove o indagini concluse sul caso. Sono nati gli stessi dubbi sulla stampa messicana anche il 13 settembre scorso in seguito al ritrovamento di due persone mutilate e uccise, definite come “blogger” o utenti di “twitter” (il che non ci dice molto sulle loro attività e sul perché i narcos li volessero morti; la vera tragedia è che forse vengono uccisi solo per scopi dimostrativi…): si trattava di un uomo di 28 anni e una donna di 25, assassinati e poi appesi da un ponte sempre a Nuevo Laredo, e sempre con dei messaggi di minaccia contro chi osa parlare degli affari delle mafie locali.
In realtà le vittime erano semplicemente degli utenti di Twitter, ma sono diventate “l’esempio di ciò che potrà succedere a tutti gli internauti”, dice il monito dei narcos affisso sul cavalcavia. Insieme ai giornalisti anche il popolo dei social network potrebbe essere vittima di una persecuzione, un po’ com’era già successo con un altro gruppo a rischio, i cantanti di musica ranchera e corrido che nelle canzoni celebrano le gesta dei narcos e spesso hanno la loro approvazione prima della registrazione dei brani. Nel 2008 il Messico pianse la morte violenta di Sergio Gómez, anima della band K-Paz de la sierra, e la scomparsa dell’idolo Valentín Elizalde, ucciso dopo un concerto. Allora si parlò della “maledizione dei cantanti” cercando di sviare l’attenzione dal problema della violenza che ora sta colpendo duramente anche Internet e la libertà di espressione.