di Alberto Prunetti
Breve cronaca di ordinario razzismo balneare dalle coste di Follonica, ridente cittadina della costa toscana. Sono le 11 del mattino di stamani 30 agosto, minuto più, minuto meno, l’estate sta finendo e io – che mi trovo da queste parti per preparare la vendemmia nella vigna del nonno, lavare la cantina e controllare la densità degli zuccheri nell’uva – decido che fa troppo caldo per andare avanti e che sono troppo sudato per farmi solo una doccia. Urge il bagno al mare, che si trova solo a 300 metri dalla casa in cui sono nato.
Bel bello inforco la bicicletta, mi compro un paio di quotidiani e faccio il mio ingresso nella stessa spiaggia in cui vado da sempre, a pochi metri dal bagno Tangram, famoso in zona perché organizza concerti a favore di Emergency e altre iniziative antirazziste. Sono nella spiaggia cosiddetta libera, la poca rimasta tra un bagno e l’altro, e niente sembra poter turbare la mia tranquillità. La spiaggia è meno affollata della settimana scorsa, molti turisti se ne sono andati, e il mare è pulito e placido. Fin qui tutto bene.
Allargo il mio asciugamano e mi sdraio pensando al sangiovese, al babometro, al torchio vinario e ai cinghiali che vorrebbero mangiarmi l’uva. Poi sento delle urla. Una voce di donna, disperata, di quelle che arrivano in questi giorni dall’Africa del nord quando una madre piange un figlio morto nella guerra civile o in una traversata notturna del Mediterraneo. Mi alzo, la gente attorno a me si alza.
Ci avviciniamo a un ombrellone, dove una donna si è accasciata e continua a urlare in una lingua che non riesco a capire. La signora, un’ambulante forse nordafricana che era passata pochi istanti prima offrendo le sue merci, adesso piange e sputa, mentre le mucose irritate emettono liquidi dalle narici, e soprattutto dagli occhi. C’è solo una parola in italiano che tutti sentono bene: “Razzisti!”.
Arrivano altri venditori ambulanti, aiutano la signora a calmarsi, lei riesce a spiegare cosa è successo. La gente è abbastanza solidale, la aiutiamo a lavarsi la faccia presso il bagno adiacente, il bagnino si fa in quattro e più di tutti si mobilita un venditore ambulante di libri, un ragazzo nordafricano che vende libri su un carretto e col quale mi metto a fare domande a tutti i bagnanti. La situazione un po’ si chiarisce: un tipo, un italiano sui 35 anni, coi capelli corti, quasi rasati e un tatuaggio, ha gettato qualcosa in faccia alla signora nordafricana che vendeva qualche merce da un ombrellone a un altro. Sembra che il tipo fosse innervosito perché – sotto l’ombrellone con la moglie, piccola di statura, la bambina e due cani di taglia piccola – la figlia non riusciva a dormire. Il suo nervosismo è esploso contro il capro espiatorio che la società gli ha fornito: la venditrice ambulante straniera, che per caso è passata dal suo ombrellone. Non è chiara la dinamica: secondo i bagnanti che erano vicini, l’uomo ha rapidamente portato via dalla spiaggia la moglie, la bambina e i cani, poi è andato a prendere o uno spray antistupro, di quelli al peperoncino, o un qualche liquido irritante che poi, secondo un’altra ipotesi, ha mescolato con l’acqua di mare. Aveva con sé il liquido? Ormai gli italiani si portano lo spray antistupro per essere più sicuri sulla spiaggia? Comunque l’uomo è tornato in spiaggia, ha raggiunto la signora ambulante a pochi metri di distanza e le ha spruzzato in faccia il liquido o lo spray. Una parte di questo liquido ha colpito su un occhio anche un’altra signora, a cui la venditrice stava proponendo la sua merce. Poi, mentre tutti si avvicinavano alla signora nordafricana in lacrime, è scappato.
Intanto abbiamo chiamato il pronto soccorso: la signora non sembrava gravissima ma sentiva molto dolore: l’hanno portata in ospedale per darle qualche collirio e verificare la sua situazione. Sono arrivati i carabinieri quando la signora nordafricana era già stata portata via in ambulanza. Per inerzia dello stereotipo, devono aver pensato che c’era una vittima italiana e un assalitore marocchino. Abbiamo provveduto a capovolgere la loro prima impressione. Abituato a vederli molto aggressivi e determinati, è stato buffo trovarli, complice la calura estiva, tranquilli. Abbiamo dovuto fare un po’ di pressing per spiegare che qualcuno aveva già visto in zona la bella famigliola di “quiet italians” passeggiare da alcuni giorni la sera sul lungomare Italia, e al terzo tentativo abbiamo anche trovato il modo di farli parlare con una signora con due bambine che aveva un occhio irritato anche lei perché aveva ricevuto incidentalmente uno schizzo della sostanza urticante e che non sapeva come farsi notare.
Intanto io e il venditore ambulante di libri abbiamo percorso un paio di strade adiacenti alla spiaggia e parlato con chi potesse conoscere l’aggressore. I carabinieri hanno raccolto la denuncia del bagnino e del libraio nordafricano. Non avendo con sé i documenti, si sono offerti di accompagnarlo alla sua automobile, dove erano conservati. Io mi sono detto: vuoi vedere che adesso chi va nei casini è proprio lui? L’ho preso da parte: mi ha detto che aveva i documenti in regola e che davvero stavano nell’automobile, e che gli bastava solo che controllassi il carretto dei suoi libri. Così, dopo che i carabinieri hanno fatto i complimenti alle bambine e alle mamme e se ne sono andati col libraio, io sono rimasto a vendere libri sulla spiaggia col carretto.
Il libraio ambulante è tornato dopo quindici minuti. Gli hanno detto che l’aggressore lo troveranno di sicuro. Io al solito sono un po’ scettico. Mi sono scusato perché in quindici minuti io non solo non ho venduto un libro, ma ho parlato così male dei libri di un importante autore, che una signora stava per comprare, che gli ho rovinato anche quel modesto affare.
Il libraio ambulante mi ha detto di non preoccuparmi, che lo sa anche lui che sono libracci. Ma a gente che viene al mare per gettare spray al peperoncino o roba simile in faccia a una signora di mezza età, che libri vuoi vendere? Le poesie di Nazim Hikmet? Non avevo obiezioni.
Mentre me ne andavo, pensavo a quella canzone dei Baustelle che ha fatto incazzare tanto i miei concittadini follonichesi. Ma lo sai che tra i rifiuti abbandonati sulla spiaggia, che in effetti non se ne trovano troppi, c’è una cosa che i Baustelle non hanno raccontato. E’ il razzismo. E forse qui a Follonica invece di sprecare energie per incazzarsi con i Baustelle bisognerebbe ricominciare a ragionare su altre parole chiave: la globalizzazione, l’intercultura, il razzismo come meccanismo di distrazione sociale, la comprensione della realtà in chiave antisecuritaria e antiallarmistica. Perché a me non mi fanno incazzare né i preservativi sulla spiaggia né le canzoni dei Baustelle, ma i fottuti razzisti dell’Illinois sulla spiaggia in cui vado sempre a bagnarmi. Compagni, io non li sopporto proprio e non ce li voglio vedere.
Qui la canzone dei Baustelle su Follonica.