di Alessandra Daniele
Il procedimento di base è lo stesso: agire sulla percezione della realtà, modificando così la realtà stessa. Ci sono però vari livelli. Al livello più basso, c’è chi lo usa per confondere: parolai, fuffologi, truffatori mediocri. A quello appena superiore, chi per convincere in modo palese: avvocati, pubblicitari, politici. Al successivo, chi per convincere in modo occulto: spin doctors, manipolatori del consenso su vasta scala.
Al livello più alto, c’è chi lo usa per costruire mondi.
Alcuni di loro costruiscono prigioni. Altri vie di fuga.
Philip K. Dick è uno di questi. Ciò che nell’ultimo capitolo della saga di Eymerich viene definito Rex Tremendae Maiestatis. Uno dei più potenti mai visti, e in conflitto col suo stesso potere.
PKD sceglie di costruire mondi che cadano a pezzi, perché svelino la natura ingannevole, precaria, e soggettiva della realtà, invece di nasconderla.
E svelino anche il suo stesso lato oscuro: Palmer Eldritch.
Suo opposto, e insieme alter ego, sua immagine capovolta in uno specchio scuro, Palmer Eldritch è un Rex di enorme potere, che ha raggiunto la consapevolezza più alta, e più angosciante che potesse raggiungere. Ha compreso che per quanto possa essere malvagio, esiste qualcosa d’infinitamente peggiore di lui. Ciò a cui qualcuno dà il nome di quel dio che non può essere definito da un nome. Ciò a cui Eldritch deve la sua esistenza, che è la fonte del suo potere, e che sarà la causa della sua fine.
La natura stessa dell’universo.
Come sa d’essere potente e maligno, Eldritch sa che il suo immenso potere è la prova della natura immensamente maligna dell’universo. E questo lo spinge a scegliere la morte, lasciandosi uccidere da qualcuno che senza il suo consenso non ne avrebbe mai avuto la possibilità, un essere umano, che ha però qualcosa che a Eldritch è negata per sempre: la speranza.
In un universo dove anche le leggi del tempo sono come tutto il resto soggette all’arbitrio dei Reges, nulla eviterà che il terrificante contagio delle Tre Stimmate si diffonda comunque, ma ci sarà chi resiste.
Ben oltre la sua allure da icona cybergotica, Palmer Eldritch è uno dei personaggi più affascinanti e complessi della ricca bibliografia dickiana. Come una spada formata da vari fogli di metallo ripiegato, la gelida e micidiale anima d’acciaio di Eldritch è costituita da diverse stratificazioni allegoriche che consentono altrettanti livelli di lettura.
Eldritch è un tycoon multimiliardario direttamente responsabile del catastrofico incremento dell’effetto serra.
Eldritch è uno spacciatore d’incubi collettivi, che adopera per controllare le menti, colonizzare l’inconscio, trasformare le masse a sua immagine e somiglianza.
Eldritch è un parassita inumano, una macchina per acquisire potere, che tutto assimila, o distrugge.
Eldritch è una personificazione dell’entropia, e del suo dominio sull’universo.
Sulla prima lucida lamina alla base di tutto questo però, c’è l’immagine speculare del suo autore. Un Rex Tremendae Maiestatis dei più potenti mai esistiti, sconvolto dalla consapevolezza terribile che è insieme il frutto, e la fonte del suo potere. Come sa d’essere un costruttore di realtà, PKD sa che tutta la realtà è un costrutto. Un artefatto, soggetto alla volontà dei Reges.
PKD racconta che nel rileggere le bozze de ”Le tre stimmate di Palmer Eldritch” mescolò volutamente i fogli, come le parole d’una ”formula” che non voleva ripetere, per non tornare a evocarlo. Forse anche per timore di rivedere nel volto di Eldritch il riflesso del suo, e che questo riconoscersi lo distruggesse, così come accade al suo ”Impostor”.
PKD però è umano. Come Bulero, come Mayerson, gli altri e più riconoscibili suoi alter ego del romanzo. Come loro è un eroe nonostante fragilità, confusione, angoscia.
Un eroe capace di sfidare e smascherare ogni giorno quel dio innominabile, la fonte del suo potere e del suo tormento, come del nostro.
La natura stessa dell’universo.