di Vittorio Curtoni
Forse la gente s’è un po’ rotta le scatole. Forse non ne può più di sentire discorsi sempre uguali, perché battono sempre sugli stessi tasti, eppure sempre diversi, perché cambiano di segno da un giorno all’altro, senza preavviso. O meglio, solo col preavviso che può fornire un evento infausto. Tipo: queste sono elezioni politiche, salvo poi dire: sono soltanto amministrative. O: mi metto in gioco in prima persona, ci metto la faccia, salvo poi dire: se perdiamo è colpa dei candidati. Tipo: noi siamo la coalizione che garantisce la libertà democratica (e il trionfo dell’amore, non dimentichiamolo), salvo poi andare a bloccare il presidente degli Stati Uniti per informarlo che in Italia c’è la dittatura. Delle toghe rosse, ovvio.
Forse il popolo non è poi così bue e quando vede che in altre parti del mondo come Francia, Inghilterra, Giappone, solo per citare alcuni casi recenti, i politici coinvolti in scandali, sessuali o economici che siano, si affrettano a dimettersi, addirittura quando a esserne coinvolto è il coniuge, mentre qui da noi, nella bella Italia del sole, del mare e della pizza, un capo di governo indagato per una miriade di cose di varia natura si fa beffe della cara vecchia lettera di dimissioni, be’, forse il suddetto popolo non troppo bue comincia a sentire puzza di bruciato.
Forse siamo tutti un po’ stanchi di ex minorenni che finiranno col fare da testimoni sia per la difesa che per l’accusa. Abbiamo amato con trasporto Perry Mason, ma un telefilm è un paio di maniche, la brutale realtà è un paio di calzini sporchi che necessitano al più presto di un ciclo in lavatrice.
Forse le miracolose sparizioni e riapparizioni di quantità esorbitanti di rifiuti, capaci di deturpare una splendida città come Napoli e di rendervi impossibile una vita decente (per mia fortuna non ho esperienza diretta, ma non mi difetta la fantasia), raccolgono un successo leggermente inferiore allo scioglimento del sangue di San Gennaro. Non so, è soltanto un’ipotesi.
Forse il fatto di vivere un momento di netta recessione, anche se le alte sfere si affannano a ripeterci che la crisi è passata, non induce a guardare con occhio troppo benevolo chi è pieno di case, ville e quant’altro dove celebrare giornate, serate e nottate di grande allegria. Divertimento innocuo, innocente, ci viene assicurato. Sarà, ma se volessimo farlo anche noi, dove potremmo sfogarci? Se abbiamo superato i sessanta/sessantacinque anni e godiamo di una lauta pensione sui cinquecento euro mensili, come li organizziamo i festini? Se siamo sui venti o trent’anni e, magari dopo una laurea e dio non voglia un dottorato, più che lavoretti provvisori che non c’entrano un piffero con la nostra preparazione accademica, contratti a tempo determinato che oggi c’è il sole e domani nevica, non riusciamo a trovare, chi ci affitterebbe mai i locali per un bel party? George Clooney? Ma soprattutto, chi ha voglia di affittarli, se neanche riesce a sgomberare la propria stanza dalla casa dei genitori?
Forse vedere città ridotte in macerie dal terremoto che continuano a rimanere nel loro pietoso stato, nonostante le amorevoli cure della Protezione Civile, desta qualche perplessità.
E forse, per chiudere questo elenco sommario però abbastanza capiente, anche scoprire che taluni politici passano con somma indifferenza da una bandiera all’altra, formano gruppuscoli che inneggiano alla responsabilità mentre mirano soltanto a prebende, poltrone, rimborsi spese; e appurare che questi gruppuscoli sono stati essenziali per mantenere in vita un governo periclitante, tipo somministrazione di sangue di pronto intervento per chi è appena uscito da un incidente stradale; okay, forse non poi tutti hanno digerito il rospo.
Anzi direi che molti lo hanno risputato.
Forse. Siamo sempre nel campo delle ipotesi, non dimentichiamolo. Io però intanto brindo. Queste ipotesi mi suonano niente male.
Per gentile concessione dell’Editoriale La Libertà, Piacenza.