di Danilo Arona
E’ possibile realizzare un film “soprannaturale”, estrapolandolo da una storia vera? Pare di sì. E tuttavia non siamo ancora dalle parti della presunta “infestazione di Amityville” che, molti lo ricorderanno, ha dato via a un serial horror tra i più fiacchi della storia, ma che senza dubbio si può definire come una bufala al servizio del cinema. La famosa “casa con gli occhi” di Amityville, situata al n° 112 di Ocean Avenue, a Long Island, discendeva in verità da una matrice letteraria. Il libro che ripercorreva i 28 giorni da tregenda vissuti dai coniugi George e Kathleen Lunz nel dicembre del ’76, pubblicato in Italia nel ’79, fu scritto dallo scrittore documentarista Jay Anson, un altro artista spentosi anzitempo a pochi mesi dall’uscita di quello che sarebbe divenuto un best-seller da dieci milioni di copie
Come ricorderà chi ha visto la versione cinematografica firmata da Stuart Rosenberg, i due incauti sposini, dopo quasi un mese di convivenza con poltegeist e manifestazioni spettrali di ogni tipo, mollavano la spugna e fuggivano nottetempo senza neppure voltarsi indietro. La particolare “forma “ coloniale della casa — che sembra proprio una faccia/zucca di Halloween con gli occhi infuocati — e nove film posteriori, pseudo-sequel o spin-off, hanno trasformato la magione nella più famosa delle haunted houses, anche perché mezzo mondo la ritiene autenticamente infestata. Per quel che si può affermare per certo (ma niente è mai certo dentro e fuori certi posti…), nel village di Amityville a quell’indirizzo tal Ronald DeFeo jr. sterminò a colpi di fucile i genitori e quattro fratelli la notte del 13 novembre 1974. Da allora è una ridda di storie a favore delle forze soprannaturali (come quella dei Lutz) e contrarie (come quelle ufficiali delle autorità di Amityville) e, sebbene lo stesso Anson non abbia mai fatto mistero di avere inteso trasformare una storia vera in una vicenda da poltergeist, i partiti pro e contro sono ancora oggi l’un contro l’altro armati. Dopo che le ricerche dell’istituto di parapsicologia di Durham hanno comprovato l’infondatezza degli eventi narrati dai Lutz e la loro malafede a evidenti fini di lucro, nessun proprietario negli ultimi vent’anni ci ha mai abitato troppo a lungo e a tutt’oggi e la cosa è tuttora in vendita. E allora? Allora niente. Il fatto che persino la trasmissione televisiva Voyager abbia dichiarato a suo tempo che la coda paranormale alla strage di DiFeo è una bufala, ha alimentato tesi di segno opposto…
Ma veniamo invece a The Mothman Prophecies di Mark Pellington, film americano del 2002, tratto da un libro-testimonianza di un noto ricercatore dell’insolito alla Charles Fort, John A. Keel, che fornisce linfa narrativa a un film veleggiante tra Il sesto senso e X Files. Keel purtroppo è morto lo scorso luglio nel corale silenzio dei media del pianeta e nella totale povertà del suo appartamento alla periferia di New York, destino veramente gramo per un ricercatore di straordinario acume e altrettanta preveggenza, che ha avuto persino l’onore di essere impersonato sullo schermo, per quabto indirettamente, da Richard Gere. Tornando al film, il risultato per quel che ricordo, fu piacevole, perché sostenuto da un ottimo script che non si sfilacciava per strada e perché le contaminazioni talvolta funzionano, soprattutto se riescono a gettare, senza spiegazioni o happy ending posticci, un’ombra di mistero sui fatti reali della vita.
I fatti cui il film si riferiva, reinterpretandoli e aggiornandoli al presente, riguardano l’attività del famoso Mothman, ovvero l’uomo-falena, oggetto da parte di Keel non solo del singolo libro che ha ispirato il film, edito in Italia da Sonzogno con il titolo Il caso Mothman, ma anche di numerosi altri saggi, il più corposo dei quali occupa un lungo capitolo de Creature dall’ignoto (Fanucci, 1978). In sintesi: una misteriosa creatura apparve nella zona di Point Pleasant, nel New Jersey. tra il 1966 e la fine del decennio.
Come riporta Pier Luigi Sani in un vecchio “Giornale dei Misteri” del 1973, il 12 novembre 1966, nei pressi della cittadina di Clendenin cinque uomini stavano scavando una fossa in un cimitero, quando qualcosa che “assomigliava a un essere umano di colore marrone” passò volando sulle loro teste. “Planò fra gli alberi — riferì Kenneth Duncan, uno dei testimoni — e rimase in vista per quasi un minuto”. Grande fu lo sbalordimento dei cinque uomini, perché la “cosa” non sembrava per niente un uccello, ma piuttosto un “uomo con le ali”. Raccontarono la loro esperienza soltanto a pochi amici e probabilmente il tutto sarebbe finito nel dimenticatoio, se non fossero sopraggiunte nuove “apparizioni”. Qualche giorno dopo, infatti, intorno alla mezzanotte, due giovani coppie, i coniugi Scarbelle e Mallette, percorrevano in auto una strada a sette miglia a nord di Point Pleasant. Stavano attraversando la cosiddetta “TNT Area”, una zona di diverse centinaia di acri di terreno boscoso e collinoso, confinante in una grande riserva di animali selvatici, la Mc Clintic Wildlife Station. Il nome TNT (che indica il composto Trinitrotoluene) derivava dal fatto che il territorio era stato adibito, durante la seconda guerra mondiale, a deposito di esplosivi e munizioni. Infatti, si ergevano numerose e grandi cupole di cemento a forma di igloo, ermeticamente chiuse da porte d’acciaio, accanto a vecchie fabbriche di esplosivi abbandonati, con due stazioni elettriche pure abbandonate. Il sottosuolo dell’intera zona era perforato da una rete di gallerie, per lo più chiuse e riempite di acqua fangosa. Ci soffermiamo sulla descrizione, perché la TNT Area fu la base principale per le apparizioni dell’uomo-falena, in quanto dieci dei ventisei avvistamenti archiviati da John Keel avvennero al suo interno. Così, transitando davanti a una delle due menzionate stazioni elettriche, i quattro videro con stupore misto a paura una strana figura eretta oltre la strada che stava osservando la loro auto. “Aveva un aspetto umano, ma di taglia molto grande, oltre i due metri — riferirono i testimoni — e portava due grandi ali ripiegate sul dorso. Ma ciò che più colpiva erano gli occhi. Enormi, rossi, simili a fari di un’automobile. Quasi ipnotici”.
L’autista frenò e, per circa un minuto, i quattro giovani e la creatura stettero a guardarsi in silenzio. Poi l’essere si voltò ed entrò nella cabina elettrica, attraverso una porticina aperta. I quattro non persero tempo e, presi dal panico, filarono a tutta velocità verso Point Pleasant. Ma, quando imboccarono l’autostrada, si accorsero con terrore che la creatura li stava inseguendo, volando basso sopra di loro con le grandi ali aperte e mantenendo la stessa velocità dell’automobile senza alcuno sforzo apparente. L’apertura alare fu stimata in oltre tre metri. La signora Mallette in seguito riferì di avere udito un suono, una sorta di grido acuto e stridente come quello di un grosso topo. La cosa alata li seguì fino ai sobborghi della città. I quattro giovani si precipitarono al posto di polizia dove il vice sceriffo Millard Halstead capì subito dal loro isterico terrore che non si trattava di uno scherzo. Tutti assieme tornarono indietro per l’identico tragitto. Ma non si trovò alcuna traccia del mostro. Soltanto la radio della polizia fu oggetto di strani disturbi, emettendo un suono acuto simile a quello di un vecchio disco di vinile quando girava a velocità eccessiva.
Soltanto ventiquattro ore dopo, l’essere tornò a manifestarsi nell’identica zona. I coniugi Wamsley e la signora Marcella Bennet con la sua bimba di due anni, stavano percorrendo in auto la TNT Area, diretta a casa di amici, quando una strana e grossa luce rossa apparve nel cielo buio. Non fu possibile capire di che si trattava. Arrivati a casa dei conoscenti, i Wamsley e la Bennet stavano scendendo dall’auto quando d’improvviso una figura gigantesca apparve dietro la macchina posteggiata, sollevandosi lentamente. Era una visione infernale: un’enorme “cosa” grigia, più grande di un uomo e con le ali, con due occhi spaventosi splendenti. La Bennet, paralizzata dal terrore, inciampò e si lasciò sfuggire la figlia di mano. Il panico dilagò: i Wamsley corsero verso la casa e l’ululante signora Bennet riuscì a raccogliere la bimba e a seguirli. Tutti barricati in casa, osservarono con apprensione i movimenti della creatura, che si avvicinò lentamente all’abitazione, giungendo sino alle soglie della veranda. Wamsley allora telefonò alla polizia, ma, quando questa arrivò, l’uomo-falena era sparito.
In verità, l’autentico preambolo alla catena di avvistamenti del mostro l’aveva fornito lo strano caso di Newell Partridge, avvenuto il 14 novembre a Salem, distante circa novanta miglia dalla TNT Area. Costui, intorno alle 10,30, stava guardando la televisione all’interno della sua isolata casa di campagna, quando all’improvviso l’apparecchio cominciò ad emettere spiacevoli rumori come “di elettricità statica”. Mentre Partridge stava decidendo se dare o no un’occhiata all’esterno, il suo pastore tedesco, Bandit, iniziò a uggiolare come in preda al terrore. L’uomo, uscito all’esterno, diresse allora il raggio di una lampada tascabile su un campo vicino e vide quelli che descrisse come due occhi rossi e luminosi, come “di un gigantesco animale”. Bandit ringhiò e si precipitò contro l’apparizione. Le luci rossastre svanirono di colpo, ma così anche il cane, che non venne mai più rivisto dal suo padrone.
Nove giorni dopo l’avvistamento dei Wamsley, il 25 novembre, un giovane venticinquenne, Thomas Ury, stava percorrendo in macchina la TNT Area. Erano circa le sette del mattino. A un tratto, una grande figura grigia si sollevò da un campo, decollando come un elicottero, e volò verso l’auto. Il giovane, impaurito, accelerò fino a centoventi chilometri l’ora, ma la creatura lo inseguiva agevolmente, permettendosi di tanto in tanto di compiere ampi giri attorno alla macchina. Ury stimò che il mostro fosse alto più di due metri con un’apertura alare di tre. Non ne vide però la faccia, impresa che riuscì due giorni dopo ad una ragazza diciottenne, Connie Carpenter. Verso le dieci del mattino Connie tornava a casa in auto, dopo essere stata in chiesa. Si trovava poco al di fuori di New Haven, quando scorse un’alta figura grigia in piedi sul bordo della strada. Ne restò agghiacciata: l’essere spalancò le grandi ali e si sollevò in verticale dirigendosi direttamente verso la macchina. Il mostro giunse di fronte e Connie ebbe, per un attimo, la possibilità di osservarne la faccia che era qualcosa di orribile e quasi indescrivibile, con enormi occhi rossi incandescenti, “dal potere ipnotico”. Poi piombò sull’auto all’altezza del parabrezza. La ragazza non ebbe il tempo di sterzare e fu solo uno scarto improvviso della creatura che evitò uno scontro dalle imprevedibili conseguenze. A tutta velocità Connie raggiunse casa propria, in preda a un evidente stato di shock. Il giorno dopo gli occhi le si arrossarono e divennero gonfi. Lo erano ancora quando John Keel la intervistò due settimane più tardi.
Il 4 dicembre 1966, intorno alle 15,10, l’uomo-falena fu visto da cinque piloti all’aeroporto di Gallipolis, situato di fronte a Point Plesant, dall’altra parte del fiume Ohio. Volava al di sopra dell’acqua, a un’altezza di circa 100 metri e a una velocità di oltre 100 km orari. Non mostrava sforzo apparente e non agitava le ali. Quando superò con eleganza l’aeroporto, i piloti notarono che la creatura aveva un collo particolarmente lungo e che girava continuamente la testa da un fianco all’altro, come se stesse osservando accuratamente la zona sottostante. Gli avvistamenti continuarono per circa un anno. Keel, recatosi sul posto, ne annotò ventisei, per lui assolutamente attendibili e che sono quelli ospitati nel libro The Mothman Prophecies. E, in piena psicosi da apparizioni, avvenne la tragedia del Silver Bridge. Il 15 dicembre del 1967 il ponte che collegava Point Pleasant con l’Ohio cedette all’improvviso alle 17,05 sotto il traffico dell’ora di punta, provocando quarantasei vittime. Quella notte stessa, riporta Keel, non si vide alcun Mothman, ma più di una dozzina di apparizioni catalogabili come UFO si segnalarono a poca distanza dalla cittadina, dietro i boschi di Camp Conley Road.
Peraltro lo stesso Keel, a più riprese, ha asserito che secondo lui non esiste collegamento fra la tragedia e le apparizioni dell’Uomo Falena, per quanto poi lo stesso titolo del suo libro (ma si sa, i libri devono pur vendere…) sembra andare in direzione opposta. E’ invece interessante la metabolizzazione che il cinema compie nei confronti di una serie di eventi “ai confini della realtà” per ottenerne un film catalogabile come “fantastico quotidiano”, echeggiante d’irrisolte (e, per questo, piacevoli) suggestioni. Un po’ come ai suoi tempi, anche se il paragone all’apparenza non lice, aveva fatto Peter Weir con l’indimenticabile Picnic a Hanging Rock. Pellington, con un touch di grande classe e perfette scelte tempistiche, ci conduce per mano attraverso una chilling story i cui meandri e sottotesti lasciano a intendere, ma non lo dicono mai, che sul nostro pianeta, in certe zone, i demoni sono in grado d’interagire con gli uomini al servizio di un disegno incomprensibile. Un’allusione in perfetta sintonia con Keel quando sosteneva che Point Pleasant è una tipica zona-finestra, dalla quale misteriosi visitatori escono e rientrano senza che la gente se ne accorga. Il Mothman inscenato dal film è senza dubbio un demone, perfettamente in linea con i canoni archetipici, e dotato di quei poteri soprannaturali che il cinema horror ha volgarizzato nel corso degli anni. Impressionante, poi, la tragedia finale che lo sceneggiatore Richard Hatem ricostruisce nei minimi dettagli quali furono realmente appurati dalle commissioni d’inchiesta susseguenti al crollo. Un horror reality show che richiama alla mente quelle sinistre, fantomatiche presenze ravvisate da taluni tra le fiamme delle Twin Towers. E che sembra dare adito a certe ipotesi “esoteriche” che collegano strambe apparizioni — celesti o demoniache — ai luoghi dove si verificano eventi di grande impatto emozionale nonché collettivo.
Per l’inascoltato e negletto Keel il nostro era un mondo “pieno di incubi ambulanti”. Così scriveva il ricercatore nell’introduzione di Creature dell’ignoto: «Negli ultimi cent’anni, migliaia di inquietanti notizie sono apparse sui giornali di tutto il mondo: descrivono incredibili incontri con creature sconosciute alla scienza. E’ possibile che tutte queste notizie siano false? Possiamo credere che le principali agenzie giornalistiche la cui esistenza dipende proprio dall’attendibilità, incarichino i loro collaboratori di inventare e far circolare favole irresponsabili? Possiamo concludere che i milioni di individui atterriti che hanno segnalato tali incontri alla Polizia e alle autorità locali siano soltanto dei pazzi e dei mitomani?»
C’era qualcosa negli studi e nelle ipotesi di John Keel che infastidiva il sistema e la scienza ufficiale. Di più: li metteva in imbarazzo. Un’opinione ce l’avrei al proposito: un’idea ricorrente negli studi di Keel era quella del cosiddetto Super-Spettro, un’entità energetica vivente nel nostro stesso universo, ma situata in una zona zona dello spettro elettromagnetico non percepibile ai nostri sensi, una forza manipolatrice in grado di condizionare la “visione”. Vent’anni solo tesi bizzarre: oggi — tra le recenti scoperte della fisica quantistica, gli universi olografici e la Super-Mente che si verrebbe a creare dalla connessione planetaria via Rete tra gli individui — di assoluta e preveggente qualità. Forse troppo preveggente.