di Franco Ricciardiello
Il 25 agosto 2011 il mitico generale Giáp, l’uomo che ha scritto la parola fine al colonialismo francese in Asia e umiliato sul campo di battaglia gli Stati Uniti, raggiunge il rispettabile traguardo di un secolo di vita. Protagonista indiscusso del movimento di liberazione coloniale che cambia la geografia mondiale nella seconda metà del secolo scorso, Giáp è ancora qui fra noi come testimonianza vivente di quella lunga stagione di riscatto.
Võ Nguyên Giáp nasce da una famiglia di piccoli proprietari terrieri in un villaggio del comune di Lộcthủy, provincia di Quảngbình, secondo la maggior parte delle fonti occidentali nel 1911, secondo altre nel 1912 (in Việtnam il suo genetliaco è stato festeggiato ufficialmente nel 2010). A 14 anni Giáp trova impiego come fattorino nella Compagnie d’Électricité di Hảiphòng, un sensibile miglioramento sociale rispetto alla situazione dei genitori. A sedici anni entra nel prestigioso Quốc Học, il liceo francese di Huế, che al tempo è la capitale imperiale del Việtnam colonia della Francia.
Viene espulso da scuola dopo avere organizzato uno sciopero studentesco per conto del Tân Việt Cách Mạng Đảng (nuovo partito riformista vietnamita). Secondo alcune fonti si trasferisce al liceo Albert Sarraut di Hànội (circostanza che Giáp nega), in una classe insieme a Bảo Đại, ultimo imperatore (fantoccio) del Việtnam, e al futuro primo ministro Phạm Văn Đồng (anche quest’ultimo nega). Nel 1930 Giáp è arrestato e condannato a due anni di prigione, dei quali sconta 13 mesi. L’anno seguente si iscrive al Partito comunista e nel 1933 entra nell’università di Hànội, dove si laurea in economia politica e diritto.
Sono gli anni in cui in Francia il Front populaire, una coalizione di partiti di sinistra, vince le elezioni e forma il governo: Giáp insegna Storia, fonda la rivista socialista Hồn trẻ tập mới (“Nuova anima della Gioventù”), e si sposa. Nel 1939, a seguito del patto tra Hitler e Stalin, la Francia mette fuori legge il Partito comunista; Giáp fugge in Cina dove conosce il leader storico dell’indipendentismo vietnamita, Hồ Chí Minh. Durante l’esilio di Giáp il padre e la sorella, la cognata e la moglie sono arrestati, torturati e giustiziati. La figlia di pochi anni muore in prigione, probabilmente per mancanza di cure.
Durante la guerra mondiale, la resistenza vietnamita si organizza contro l’occupazione giapponese e forma un governo provvisorio sotto la presidenza di Hồ Chí Minh, del quale Giáp diventa Ministro degli interni. Con la sconfitta del Giappone, l’esercito francese ritorna nelle colonie in Indocina. Il Việtminh (Lega per l’indipendenza vietnamita) organizza una guerriglia generalizzata, quella che Giáp battezza “guerra di popolo”: l’applicazione della pratica marxista-leninista a una sollevazione anticoloniale prima ancora che proletaria, antimperialista più che anticapitalista. Le sue caratteristiche: rapporto fra rivoluzione nazionale e questione contadina, soluzione per fasi successive del “problema agrario”, mobilitazione delle masse.
Nel 1949, dopo l’affermazione comunista in Cina, un regolare rifornimento di armi sovietiche raggiunge la resistenza vietnamita, che è in grado di ingaggiare una serie di battaglie campali contro gli occupanti. È quella che in Francia sarà nota come sale guerre, “guerra sporca”: osteggiata dalla sinistra e poi dall’opinione pubblica, ingoierà risorse doppie rispetto agli aiuti del piano Marshall e costerà alla Francia almeno 90 mila morti.
A sorpresa, vista la sua formazione strettamente civile, Giáp diventa il comandante militare del Việtminh. Nel 1954 gli strateghi francesi decidono di attirare allo scoperto la guerriglia, tagliando l’afflusso di rifornimenti attraverso il Laos nella località montana di Ðiệnbiênphủ. Giáp, profondo conoscitore della Storia e ammiratore di Napoleone Bonaparte, accetta la sfida. L’artiglieria vietnamita viene smontata e trasportata a spalla sulle montagne: cannoni Howitzer da 105 mm e antiaerea di fabbricazione sovietica. Il campo fortificato francese viene assediato con un complesso sistema di trincee che si estendono metro dopo metro. Giáp non ha fretta: dispone di 70 mila uomini, il rapporto di forza è 5:1 a suo favore. La battaglia inizia il 13 marzo 1954. La superiorità dell’artiglieria francese viene progressivamente annichilita. I vietnamiti conquistano una posizione fortificata dopo l’altra, soffocando la resistenza. Il 7 maggio, dopo 54 giorni di assedio, 11.721 francesi cadono prigionieri, compreso il comandante generale De Castries. L’8 maggio Parigi annuncia il suo ritiro dall’Indocina.
A 44 anni, Võ Nguyên Giáp diventa ministro della Difesa del nuovo Stato socialista, il Việtnam del Nord, che ben presto si trova a fronteggiare una nuova, durissima guerra contro la metà sud del paese, il cui governo è sostenuto dagli Stati Uniti: un conflitto che inciderà profondamente sulla percezione stessa della guerra da parte dell’umanità. La conduzione politica del conflitto è nelle mani della dirigenza di Hànội; ma la strategia militare è largamente influenzata da Giáp. Per esempio, è un suo capolavoro logistico il celeberrimo sentiero di Hồchíminh che permette di rifornire i việtcộng, i partigiani del Fronte di liberazione nazionale all’interno del territorio nemico. Non sempre il punto di vista del generale coincide con quello della politica: si oppone strenuamente all’offensiva del Têt (il capodanno vietnamita del 1968) che porta la guerra fino nell’ultima strada di Sàigòn, la capitale del Sud, facendo comprendere agli USA che vincere sarà impossibile; ma Giáp ha ragione nel senso che lo sforzo insurrezionale dissangua le forze combattenti comuniste provocando una lunga paralisi d’azione.
È nota una frase di Hồ Chí Minh che sintetizza la volontà di vincere dei nordvietnamiti: “Potete uccidere dieci miei uomini per ognuno dei vostri che io uccido, ma anche così voi perderete e io vincerò.” Tuttavia, è errato pensare che Giáp, in quanto stratega supremo della guerra, acconsenta a uno spreco indiscriminato di risorse umane secondo la formula “perdite elevate per compensare la disparità nella potenza di fuoco”. Secondo il maggiore dei Marines Clinton Wadsworth, che ne analizza il genio militare in un saggio intitolato “Senior General Võ Nguyên Giáp: military genius or communist butcher?” la responsabilità delle immani perdite umane delle due più sanguinose campagne della guerra (l’offensiva del Têt nel 1968 e l’offensiva di Pasqua nel 1972) non sono attribuibili al generale, che si oppose a entrambe, fino al punto di recarsi in Ungheria per “cure mediche” all’inizio del 1968. Questa posizione di indipendenza alimenta sospetti all’interno della dirigenza del partito. C’è chi vuole ridimensionare il suo potere. Lê Duẩn, che diventerà Segretario generale alla morte di Hồ Chí Minh nel 1969, lo accusa di essere una talpa sovietica. Ma la popolarità di Giáp non tramonta; al contrario, è sua la regia strategica dell’ultimo, trionfale atto della guerra: la Campagna di Hồ Chí Minh, un’offensiva in grande stile nella primavera del 1975 con unità corazzate e artiglieria pesante che spazza via l’estrema resistenza del Sud. Con la fine della guerra, la riunificazione e la nascita della Repubblica socialista del Việtnam, Giáp non solo conserva il posto di Ministro della Difesa, ma assume anche il ruolo di Vice premier, segno del suo incrollabile prestigio.
E questa influenza politica la spende per favorire un’evoluzione democratica del Partito comunista vietnamita, che comunque a partire dagli anni Ottanta è tra i più pragmatici al mondo. Nel 1978, dopo provocazioni e scontri di confine, Giáp è tra i fautori dell’invasione della Cambogia, che porta alla caduta del regime dei khmer rossi. Nel 1980, all’età di 70 anni, lascia il posto di ministro. Nel 1982 si dimette dal politburo del Partito comunista e riceve l’incarico onorifico di presidente della Commissione scienza e tecnica. Nel 1992, ritirato da anni a una modesta vita privata in una vecchia casa coloniale francese di Hànội, l’ex-generale riceve l’Ordine della Stella d’oro, la maggiore onorificenza vietnamita. Le sue giornate iniziano alle 5 di mattina con l’ascolto di Radio France International. Parecchie personalità vengono a trovarlo da tutto il mondo, per esempio Robert McNamara, suo omologo alla Difesa del USA durante la guerra: alla domanda su cosa sia realmente accaduto nel 1964 durante il cosiddetto “incidente del golfo del Tonchino” che servì come pretesto agli Stati Uniti per intervenire militarmente, Giáp risponde: “Assolutamente nulla”. Lo scontro tra cacciatorpediniere americane e nordvietnamite, come da sempre sospettano i media e l’opinione pubblica, è un’invenzione del presidente Johnson per giustificare l’entrata in guerra.
Recentemente Giáp, quasi centenario, spende il proprio nome contro un vasto progetto di sfruttamento minerario negli altopiani centrali del Việtnam, il cui sottosuolo è ricco di bauxite. L’ex-generale, che già ha mostrato forti preoccupazioni ecologiche quando era Vice premier, invia una lettera aperta al governo. Il problema politico per la dirigenza vietnamita è evidente: Giáp non può essere trattato alla stregua di un dissidente qualsiasi. Allora, avviene qualcosa di irrituale per un regime a partito unico: alla lettera di protesta di Giáp viene dato risalto sui mezzi di comunicazione, e una petizione all’Assemblea nazionale per fermare il progetto raccoglie la firma di 135 intellettuali. Obtorto collo, il premier Nguyễn Tấn Dũng è costretto a fare marcia indietro: un seminario sull’ambiente sancisce il blocco dello sfruttamento in attesa di valutazioni più precise sull’impatto ambientale.
Un nuovo, pacifico successo per l’uomo che ha vinto cinque guerre contro Giappone, Francia, Stati Uniti, Cina e Cambogia. Buon compleanno, Giáp.