di Mauro Baldrati
Lo sento, attraverso la porta blindata della sua camera. Non me l’aspettavo, l’ultima crisi risale a meno di tre mesi fa. I tempi si stanno accorciando, dunque. Se continua così il punto di passaggio arriverà tra un paio d’anni. La cantina di cemento armato è terminata, ma non riesco ad accettare l’idea di doverlo rinchiudere lì dentro. Eppure non c’è scelta.
Prendo il taser. Se tenta di aggredirmi lo fermerò con una scarica da 50.000 volt. Non è ancora in grado di reggerla. Almeno spero.
Apro la porta blindata. La stanza rivestita di alluminio anodizzato è illuminata dai neon schermati con la rete corazzata. Lo individuo subito, sulla sinistra. Deve essere così eccitato che non mi ha sentito entrare. La carcassa sbranata del gatto è di fronte a lui, e la testa, che sembra stata strappata dal tronco, è spiaccicata contro la parete di destra.
“Nicola!” dico a voce alta, con tono autoritario. Si gira. Mi fissa con gli occhi rossi, furiosi. Ha la bocca che gronda sangue e interiora. Peli e frammenti d’osso sono attaccati alle guance e ai capelli. Il gatto si è difeso, era un grosso soriano, ma nulla ha potuto contro di lui. Il gonfiore muscolare sembra aumentato. Si sta sviluppando a vista d’occhio, credo sia cresciuto anche in altezza.
“Nicola, sono io, papà!”.
Un’ombra di furore passa sul suo viso che diventa sempre più aguzzo, acuminato. Sta per attaccare, intuisco la sua tensione.
“Sono papà! Basta!”.
Spalanca la bocca, mette in mostra i denti. Sto per lanciare la scarica, ma d’un tratto si getta sul pavimento e si contorce. Si accartoccia, si chiude nella posizione fetale. È scosso dai tremiti e dalle convulsioni. Dura dieci minuti. Poi lentamente si tira su, si mette carponi. È tornato il bambino di 5 anni, spaventato, che non capisce cosa sta succedendo. Gli dirò che è stato un incidente, come quando si svegliò e trovò il corpo di sua madre fatto a pezzi. Ora crollerà e dormirà per due giorni.
Ma devo decidere. Non posso più aspettare. L’uomo di Sidney vuole venire a prenderlo, perché quando avverrà la metamorfosi definitiva nulla potrà trattenerlo. Ma allora non lo vedrò mai più.
Il mio bambino.
È tutto ciò che mi resta.
(Il racconto è pubblicato nell’antologia 365 racconti horror per un anno, Delos 2011, a cura di Franco Forte e con contributi – tra gli altri – di Marilù Oliva, Danilo Arona, Alan D. Altieri, Stefano Di Marino, Patrizia Debicke).