di Chiara Cretella
Joyce Lussu, Il libro delle streghe. Dodici storie di donne straordinarie, maghe, streghe e sibille, a cura di Chiara Cretella, Gwynplaine, Camerano, 2011, pp. 200, € 14,00.
Streghe e sibille sono le protagoniste di questi dodici racconti in bilico tra fantasia, ricostruzione storica, tradizione e leggenda. Joyce Lussu ci conduce alla scoperta dell’immagine perduta delle “donne sagge” da sempre perseguitate dal potere androcratico. Streghe e sibille possono così riemergere, perdere finalmente l’immagine distorta dagli specchi deformanti della storia maschile e assurgere a simbolo di un femminile rimosso perché rivoluzionario.
Dopo Padre padrone padreterno l’editore Gwynplaine ha appena portato in libreria Il libro delle streghe di Joyce Lussu, con cui continua l’opera di ripubblicazione dei classici introvabili e fuori catalogo di questa grande figura di intellettuale e rivoluzionaria. Quello che segue è uno stralcio del lungo saggio di Chiara Cretella che ripercorre l’iconografia della strega dall’antichità ai giorni nostri.
“A cavallo di un manico di scopa”. Breve storia delle streghe
«È tutta, lei,» fu il mio primo pensiero. «È una donna intera.» È abbastanza raro trovare una donna veramente intera. In generale, alle donne hanno sempre tolto qualche cosa: autonomia, autorità, identità”
Joyce Lussu
Nell’Ottocento, uno degli atti di nascita della moderna etnografia, secondo Franco Fortini, è il testo di Jules Michelet su La strega (1862), difficilmente catalogabile come genere. È un romanzo sotto forma di saggio, ma anche un saggio sotto forma di romanzo, condotto sempre con la specificità dei documenti storici, degli atti dei processi, delle carte degli archivi.
Il Michelet di questo volume apre le porte non solo all’etnografia ma anche alla storia sociale di Les Annales. Un approccio altamente innovativo, che coniuga sociologia, storia e narrazione in un complesso rapporto, allora non ancora recepito: “Ecco ora il mio peccato, dove la critica m’aspetta al varco. […] invece di impelagarmi in prolisse spiegazioni, spesso ho colto un tenue filo biografico e drammatico, la vita di una stessa donna per trecento anni”.
L’approccio di Michelet è non solo storiografico ma biografico: “Ho tentato di riassumere la sua biografia di mille anni”, ed è in questa antropologia della letteratura che Michelet apre le strade agli studi di Joyce Lussu ma anche di altre scrittrici-studiose come l’Anna Banti di Artemisia o la Marguerite Yourcenar di Memorie di Adriano.
Secondo Michelet la strega è l’immagine di una rivoluzione incompiuta, quella della Jacquerie (da Jacques Bonhomme, nome dispregiativo dato dai nobili ai contadini francesi), una rivolta rurale scoppiata nel 1358 a causa delle carestie della guerra dei cent’anni, il cui nome in seguito è passato a indicare tutte le insurrezioni del mondo contadino.
È tale sostrato rivoluzionario che secondo Michelet la Chiesa vuole stroncare, individuando in questa donna marginale un portato eversivo che dalle amazzoni arriva fino alla pétroleuse della Comune di Parigi (1871). Infatti, dopo neanche cento anni dalla presa della Bastiglia, la Francia è di nuovo al centro di un’insurrezione rivoluzionaria, ma se quella del 1789 aveva segnato l’ascesa della borghesia, quest’ultima rappresenta il tentativo, fallito, di una dimensione di rivolta proletaria, con forte stampo socialista: è in questa temperie culturale — tra il 1848 e il 1871 —, che si deve collocare l’analisi di Michelet (che pure non aderì alla Comune di Parigi), la quale supera il semplice romanzo storico per divenire un prodotto della nuova scienza sociale ottocentesca (il Naturalismo partirà da queste premesse per giungere al risultato specularmente opposto, quello di una narrazione letteraria sostenuta socialmente e scientificamente).
Negli anni Settanta, la ripresa delle streghe segna un ritorno precipuo alla centralità del corpo femminile come percorso di autodeterminazione, un tema rimosso dalla scena sociale per più di duemila anni. Con gli studi di Joyce Lussu, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta, si riapre un dialogo con le epoche passate che non è semplice analogia storica, ma scavo etnografico rigoroso, nei cui interstizi inserire lo scarto immaginativo.
Così per Joyce Lussu le streghe contemporanee sono le insegnanti e le maestre, con cui da sempre ha lavorato nelle scuole alla ricerca di un nuovo metodo di didattica della storia. Le streghe di oggi sono le insegnanti che al lavoro di cura uniscono quello di cultura. In questo contesto si collocano i suoi studi sulle “comunanze” picene (antiche comunità matriarcali), sulla figura mitica della Vergara marchigiana e sull’eretico Cecco D’Ascoli.
L’avventura poetica di Joyce Lussu sta tutta nella sua tensione biografica; in questo somiglia a un altro grande viaggiatore, Tizano Terzani, la cui memoria sta parimenti generando seguaci che ne rileggono, anche in chiave olistica, il pensiero controcorrente.