di Maurizio Cometto
[La prima parte è qui.]
Il giorno seguente mi aspetto di trovare qualche notizia della sparatoria al TG3, o almeno sui giornali locali. Niente. Forse mi sono sognato tutto?
Sì. Anche il discorso delirante di Gianluca. È stato tutto un sogno.
La crisi di governo continua. Le dichiarazioni dei leader politici si fanno sempre più pesanti, più apocalittiche. Siamo in piena campagna elettorale.
“Il Nord è pronto a insorgere, ormai è questione di giorni”, ha dichiarato il leader del partito secessionista. Nessuno replica più. È isolato, senza alleanze, dunque considerato fuori dai giochi.
L’ex leader di governo non lascia la politica. Il candidato premier del partito è ancora lui. La sinistra si presenta con un candidato nuovo di zecca, un’ex figura di spicco del mondo imprenditoriale.
Qualcuno sussurra che uno vale l’altro, che la vera sinistra non esiste più.
Ho smesso di sperare di ricevere risposta dal misterioso “c.balbo”. Anche quella mail è stata un sogno, probabilmente. E le mezze allusioni del compagno Giorgio, semplici frasi a cui ho attribuito eccessivi significati.
Forse dovrei chiedergli di quella cartella, “Nuova Carboneria”. Però equivarrebbe a confessare di aver curiosato nel suo PC. Meglio lasciar perdere.
Gianluca non lo chiamo più. Neanche lui si fa sentire. Il suo fazzoletto verde è in fondo a un cassetto; chissà per quanti anni rimarrà lì.
Tra pochi mesi, il diciassette marzo, ci sarà l’anniversario dell’unità d’Italia. Da qualche parte in città, forse, si preparano i festeggiamenti. Ma alla televisione ne parlano poco, la crisi di governo occupa tutti gli spazi.
E se invece le provocazioni di quel leader, le parole circostanziate di Gianluca, il silenzio improvviso del Giampi, preludessero davvero a qualcosa di grosso?
Circa dieci giorni dopo il compagno Giorgio mi manda un’e-mail.
Ti va domani sera di venire a cena a casa mia?
Mi giro e lo guardo.
– C’era bisogno di mandarmi un’e-mail per domandarmelo?
– Si tratta di un invito ufficiale -, risponde. – Necessitava di una certa forma.
– Cucinerà tua moglie, voglio sperare.
– Ovvio. Farà la carbonara.
– La carbonara…?
– È la sua specialità.
Accetto.
– Oggi sembri più di buon umore del solito.
Sorride sotto i baffi, prima di replicare.
– È l’allegria del soldato la notte prima di partire per il fronte.
Esco insieme al compagno Giorgio. Raggiungiamo la sua macchina, ed ecco la prima sorpresa. Di fianco alla macchina c’è Fabio Corsi. È evidente che ci stava aspettando.
Non faccio commenti per non sembrare scortese. Il compagno Giorgio ha invitato anche lui. Perché non me l’ha detto prima, però?
Saliamo e partiamo. Il cielo è coperto, i lampioni già accesi cacciano le ombre della sera. Sono sul sedile posteriore. Ne approfitto per aprire la valigetta e tirare fuori la scatola di cioccolatini. Un gentile omaggio per la signora
Nessuno dice nulla. Forse siamo solo stanchi. La giornata lavorativa è stata pesante.
Arriviamo a un incrocio. Seconda sorpresa. Invece che svoltare a sinistra, verso la tangenziale, il compagno Giorgio prende a destra, verso il centro.
Aspetto un commento, una spiegazione, ma non arriva.
Mi sporgo in avanti.
– Dove stiamo andando? -, chiedo.
– Secondo te? -, fa il compagno Giorgio.
Fabio Corsi si volta a guardarmi e sorride.
– Non dovevamo andare a casa tua? -, insisto.
– C’è stato un cambiamento di programma.
– E sarebbe a dire?
– Stiamo andando in un posto dove sottopongono a tortura gli impiccioni che curiosano nel pc dei colleghi.
– Ma cosa…
Mi lascio andare contro lo schienale.
– Volete spiegarmi, per favore?
Di nuovo silenzio.
– Fatemi scendere.
– Stai tranquillo, cacasotto. Nessuno ti farà del male.
– Perché tutti questi segreti?
– Perché ci va così. Tanto hai già capito tutto -, dice il compagno Giorgio.
Facciamo un giro involuto. Forse dipende dal fatto che c’è un traffico intenso. Il compagno Giorgio svolta parecchie volte, anche per vie secondarie.
Alla fine mi sembra che finiamo nella zona del Quadrilatero Romano, in una via che però non riconosco.
Finalmente fermiamo, di fianco a una ferramenta con le saracinesche abbassate. Scendiamo. Mettiamo le valigette nel vano posteriore, compresa la mia scatola di cioccolatini.
– Questa poi la prendo io. Era per Nella, non è vero?
Annuisco. Vecchio golosone…
I marciapiedi sono deserti. Sembra una zona poco frequentata. Continuiamo a camminare finché non arriviamo davanti a un portone di fianco a una “Pizzeria Bella Napoli”.
Il compagno Giorgio schiaccia uno dei pulsanti del citofono.
– Sì? Chi è? -, una voce di donna.
– Santorre di Santarosa -, risponde il compagno Giorgio.
La serratura scatta.
Nell’androne delle scale, buio e squallido, invece che salire cominciamo a scendere.
Entriamo in un corridoio su cui si affacciano, sui due lati, vecchie porte in lamiera – forse ingressi di cantine.
In fondo al corridoio c’è una porta più grande e moderna, decisamente più solida.
Il compagno Giorgio bussa tre volte, con poderosi pugni sul battente.
La porta si apre scorrendo di lato. Al di là della soglia ci attende un vano di un metro e mezzo di profondità per due di larghezza. Nel vano, ad accoglierci, un uomo di mezza età.
Richiusa la porta, l’uomo agisce su una pulsantiera che tiene tra le mani.
Cominciamo a scendere. Una specie di ascensore. O forse un montacarichi.
Terminata la discesa, un’altra porta, uguale alla precedente. L’uomo la fa scorrere di lato. Veniamo assaliti dal vociare di una folla.
Siamo finiti in un grande salone sotterraneo. È pieno di gente che urla e discute. In fondo al salone c’è un palco su cui stanno parlottando alcune persone.
La cosa che più mi colpisce è l’illuminazione. Una luce calma, soffusa, d’altri tempi. Osservo le pareti e capisco; specie di lumi a petrolio spuntano dai muri a intervalli regolari.
Sullo sfondo dietro il palco, invece, una grande bandiera tricolore ricopre completamente la parete.
Calcolo che ci siano almeno duecento persone. Alcuni stanno in piedi, altri sono già seduti sulle sedie disposte a file regolari di fronte al palco. È evidente che sono in attesa di qualcosa, forse un comizio.
Oltre alla grande confusione, data soprattutto dal rimbombo delle voci nell’ambiente chiuso, si respira un’atmosfera ovattata, un po’ retrò.
Per un attimo ho la strana sensazione di essere tornato indietro nel tempo.
– Dove cavolo mi avete portato? -, chiedo, alzando la voce per il rumore.
– Sentirai tu stesso. Questa è la serata decisiva, caro Fabri. Tra poche ore il dado verrà tratto.
– Ma chi è questa gente? Cosa fanno quaggiù?
Il compagno Giorgio ha un sorriso furbo.
– Ti ho portato a conoscere il tuo caro amico Balbo.
Poco dopo ci sediamo. Il chiasso man mano si spegne. Sul palco è rimasta soltanto una persona.
La persona comincia a parlare.
Prima mi sono guardato in giro, in cerca di qualche volto noto. Vedo gente di ogni età, uomini e donne, ragazze e ragazzi. Non mi sembra di conoscere nessuno, anche se le facce sono in qualche modo tipiche. Si tratta di gente che probabilmente ho visto molte volte in giro, a Torino o dintorni, senza farvi caso. Forse rappresentano la mia percezione della cosiddetta “gente comune”. Questa constatazione mi rassicura.
Anche l’oratore ha una faccia sconosciuta, pur se decisamente meno comune.
Verrò a sapere più tardi che si tratta di uno dei Gran Maestri della Nuova Carboneria. Sarebbe uno dei primi a esser stato contattato da “Loro”. Qualcuno vocifera che avrebbe addirittura incontrato “Lui” in persona.
Nel discorso di questo Gran Maestro, un uomo di media altezza, di mezza età, e con una gran barba nera, si fa spesso riferimento a questi misteriosi “Loro” e “Lui”.
Inoltre accenna spesso alla “Restaurazione”, e ai “Restauratori”. Intuisco presto che i Restauratori non sono nient’altro che gli affiliati alla Nuova Carboneria. In quanto alla Restaurazione, è l’oggetto del suo discorso, nonché la missione della Società.
Il suo discorso incomincia in modo secco e diretto. Il tempo è finalmente giunto, proclama. Non lo dicono soltanto Loro, è un informatore ad aver portato notizie certe. Il nemico è ormai pronto, come urla ogni giorno il suo leader alla televisione. Le Milizie Padane sono una realtà, e di esse fanno parte molte sezioni delle forze dell’ordine. Buona parte delle istituzioni locali, del resto, sono in mano ai secessionisti. Presto la notte dei lunghi coltelli porterà a compimento quanto in potenza si è già annunciato. Faranno il colpo di stato, e il Nord sarà loro. Ma solo temporaneamente. Perché non hanno fatto i conti con NOI (un boato accoglie questo “noi” urlato). “Loro” ci hanno preparato a questo giorno, e noi sapremo comportarci di conseguenza. La nostra resistenza non sarà isolata. Ha parlato poco fa al telefono con Lui, annuncia. Con Lui in persona, sì. (Mormorii eccitati corrono tra la folla). È ancora a Palermo, e insieme ai fratelli delle sezioni del Sud stanno preparando la spedizione. Gli ha detto che i fratelli del Nord non saranno mai soli; loro dal Sud sono pronti a venire in nostro soccorso. Noi saremo come i contadini di quella terra baciata dal sole, che nel 1860 favorirono l’avanzata dei Mille attraverso la Sicilia. I ruoli si sono invertiti, ma il risultato sarà lo stesso. Non saremo da meno dei loro gloriosi antenati, così come loro laggiù non saranno da meno dei nostri. Dobbiamo preparare la loro venuta. Solo così potremo essere di nuovo liberi. Liberi e uniti, uniti tutti insieme. Viva l’Italia!, conclude.
Un boato risponde alla sua invocazione: “Viva l’Italia!”
– Ma chi sono questi Loro, chi è questo Lui? -, è la prima domanda che mi viene in mente, e che urlo al compagno Giorgio.
– C’è il divieto di nominarli con il loro vero nome -, mi risponde.
– E perché?
– Perché è il nostro segreto più prezioso. Sono loro i nostri veri leader, caro Fabri. Guai se il nemico sapesse di chi si tratta.
– E di chi si tratta?
Sorride.
– Mi prendi per scemo? Saprai tutto domani, quando ti girerò le e-mail. Benvenuto tra i Restauratori!
Circolano alcune bottiglie di spumante. Fabio Corsi ha afferrato tre calici al volo, e li sta riempiendo. Si brinda al buon successo della resistenza.
– Sono uno di voi? Mi ammettete così, senza neanche un esame?
– Balbo ha ricevuto la tua mail, e ha reputato che sei idoneo. È stato lui ad avvertirmi di portarti con noi.
– Ma come può conoscermi questo Balbo? Io non so neanche chi sia.
Buttiamo giù d’un sorso lo spumante. Sarà la folla festosa, le luci soffuse, l’odore di terra bagnata. Basta poco per sentirmi lievemente stordito.
– In realtà questo Balbo, in un certo senso, lo conosci già. Capirai domani perché di lui ci fidiamo ciecamente. Di lui e degli altri come lui.
La notte dormo un sonno leggero, agitato e sottilmente esaltato. Quando suona la sveglia mi pare che siano passati solo pochi minuti. Parker e Betty si stanno già inseguendo per la casa, in preda alle reminiscenze predatorie dell’alba.
Non mi sembra vero di dover andare a lavorare come tutti i giorni. Accendo la tv e al telegiornale parlano di nuovo della crisi di governo. Ci saranno le elezioni anticipate, è ufficiale.
Ascolto le notizie con nuova attenzione. Le solite dichiarazioni dei soliti personaggi. Sembra il consueto teatrino a cui siamo assuefatti da anni.
Uno di loro però finge. La cosa incredibile è che finge dicendo la verità. Svia i sospetti buttando in faccia a tutti quello che presto sarà realtà consolidata.
Ma davvero è così?
Fuori c’è il gran traffico del mercoledì, che tra tutte le mattine è quella più caotica. Le facce sulle auto sono stravolte e assonnate. Il nervosismo impera, ma si tratta del nervosismo standard.
Anche al lavoro nulla di strano.
Il compagno Giorgio appena mi saluta. Sembra di malumore. Vorrei parlargli di ieri sera, sentire i suoi commenti, avere la certezza che tutto è stato reale.
Non oso affrontare per primo l’argomento.
Per fortuna la mia attività viene presto accelerata da un’emergenza in produzione. Vengo chiamato e poi devo convocare una riunione in fretta e furia. Non dico che dimentico, ma quasi.
Dopo le diciotto mi appresto a lasciare l’ufficio, stanchissimo, quando il compagno Giorgio finalmente mi parla.
– Ti ho girato al tuo indirizzo privato il pacchetto delle e-mail -, dice, con una voce molto più bassa del solito.
– Cosa? -, esclamo.
– Stai calmo, per favore. È importante mantenere un basso profilo. Le e-mail di cui ti parlavo ieri sera, no?
– Quelle di Balbo?
– Balbo, e altri come lui. Vai a casa e leggile attentamente. Prima leggi il mio commento, però, ti aiuterà a capire meglio.
– Cosa c’è da capire? A me sembra tutto chiaro.
Sorride mostrando i denti un po’ anneriti.
– Ti credi tanto furbo? È vero il contrario, invece. In questa faccenda non c’è nulla di chiaro, a partire dalle cose basilari, quelle che di solito diamo per scontate.
– Va bene. Domani ti dirò cosa ne penso.
– Ti ascolterò volentieri. Sempre se sarai ancora capace di formulare pensieri coerenti.
Fuori sul marciapiede quasi mi metto a correre.
Non so più cosa pensare. Quello che provavo stamattina, una lieve esaltazione mista a una sorta di incredulità, non si è affatto placato. Parker e Betty sono seduti sul tavolo, di fianco al mio pc portatile, e mi guardano agitando le code.
È passata mezzanotte e fuori c’è un silenzio di tomba. Rileggo le parole scritte dal compagno Giorgio. Le mail a cui accennava, quelle “di Balbo e altri come lui”, erano allegate in un file a parte.
Caro Fabri,
eccoti le mail, o meglio, gli “Appunti sulla Restaurazione”. Sono in totale centocinquantuno. Leggili tutti. Solo così potrai entrare pienamente nello spirito della Nuova Carboneria.
Ti chiederai quando hanno cominciato ad arrivare, a chi e perché. Alle prime due domande posso rispondere raccontandoti dei fatti. Riguardo la terza, beh, è un altro discorso. Le parole che leggerai nelle mail allegate sicuramente ti aiuteranno a capire. A meno che tu non abbia già capito, furbo come sei.
Hanno cominciato ad arrivare circa due anni fa. Allora la Nuova Carboneria ancora non esisteva. Eravamo tutti sparsi, ciascuno impegnato a inseguire il proprio sogno senza speranza.
La prima mail è arrivata a un centinaio di persone. Tutti attivisti in qualche partito, sindacato, associazione, eccetera. Gente in un modo o nell’altro implicata in politica o nel sociale, insomma.
Le successive hanno toccato un bacino man mano più ampio. Allora qualcosa si è mosso: è cominciato il passaparola, ci si incontrava per discutere, si organizzavano riunioni. Da lì all’aggregazione in una società, segreta per forza di cose (e non solo perché suggerito dal contenuto dei messaggi), il passo è stato breve.
Ora siamo in tanti. Soprattutto, siamo sparsi in tutta Italia. E a differenza di prima, abbiamo fiducia. Crediamo nei nostri leader. Sappiamo che mai tradiranno la causa. Il nostro entusiasmo è rinato, ed è incontenibile.
Con Loro la vittoria è sicura, anche se la paura rimane, perché il nemico è forte e organizzato.
Ho volutamente omesso una domanda: “chi” ha inviato queste e-mail? Non credere che nel corso di questi due anni non siano state fatte delle indagini. I risultati hanno confermato i nostri sospetti, e insieme rinfocolato le nostre speranze. Il dominio, “restauratori.it”, non risulta registrato da nessuna parte. E gli stessi messaggi sembrano inspiegabilmente “invisibili” ai grandi database di tutti i domini nazionali e mondiali. Insomma, appaiono “reali” soltanto per i loro destinatari.
Non voglio neppure tentare di addentrarmi nell’analisi di tutti i significati di questa situazione; è così, e basta.
“Loro” sono loro, Fabri, capisci? Forse non esistono sul piano materiale, ma lo spirito è ancora ben vigile e attivo, e al momento del bisogno si è risvegliato. E quale momento più importante di questo, quando l’unità del nostro paese è messa seriamente in pericolo?
Solo uno di Loro si è manifestato fisicamente. Lui esiste in carne e ossa. È giù, in Sicilia, e sta organizzando la spedizione.
È stato visto da molti nostri fratelli siciliani e campani, e ha parlato al telefono con alcuni dei nostri Gran Maestri.
Tutti dicono che è esattamente come ci si aspetterebbe che fosse.
La prospettiva di incontrarlo, quando il giorno fatidico sarà giunto, e la sua spedizione toccherà Torino, mi riempie di gioiosa trepidazione.
Ma ora basta scrivere. Leggi le e-mail, e poi se ancora riuscirai a dormire, cerca di riposarti. Il momento di combattere sta per arrivare, e tu ormai hai scelto da che parte stare.
La parte giusta, la parte che vincerà.
Domani se vorrai potremo parlarne. Ma non sul lavoro, è troppo pericoloso.
Buona lettura.
“Il momento di combattere”. Ho gli occhi che mi bruciano, eppure non ho sonno. Già mentre leggevo e rileggevo quelle e-mail, mi è capitato spesso di ripensare a Gianluca.
Forse dovrei telefonargli. Ma per dirgli cosa? È troppo rischioso.
Eppure non posso lasciarlo, abbandonarlo a un destino ormai segnato.
E se invece fosse tutta un’illusione, e Loro una specie di allucinazione collettiva?
Chi è iscritto alla Nuova Carboneria è gente che prima era insoddisfatta. Gente che aveva bisogno di una guida, di un leader dal polso sicuro. Ora quella guida l’hanno (l’abbiamo) trovata, al di là di ogni più rosea aspettativa.
Ma se fosse soltanto una nostra proiezione mentale?
I morti sono morti: non scrivono e-mail.
Eppure molti dicono che Lui è ritornato, ritornato in carne e ossa, e che guiderà la spedizione decisiva.
Da fuori d’improvviso un rumore. La brusca frenata di un’auto, gli pneumatici che stridono sull’asfalto. Da qualche parte per le strade di Torino, non troppo lontano da qui.
Parker e Betty hanno drizzato le orecchie, spalancato gli occhi, incurvato in avanti le vibrisse.
Devo cercare di dormire. Mi farà bene. Domani, a mente sgombra, avrò una prospettiva migliore su tutto.
Ora è un po’ come se fossi ubriaco.
Nei giorni successivi scambio soltanto poche parole con il compagno Giorgio. Neanche accenniamo alle mail, alla Nuova Carboneria. È come se mi avesse preso una specie di paura.
La paura che sia tutto reale.
Ma una sera prendo l’auto e vado in centro. Entro nel Quadrilatero Romano. Parcheggio vicino a quella pizzeria, “Bella Napoli”.
Ormai conosco la parola d’ordine: ormai sono uno di loro.
Sapevo che c’era un incontro. Gli avvisi mi arrivano, come a tutti gli altri. Il compagno Giorgio e Fabio Corsi sono già dentro.
Non si tratta di un comizio. Non si tratta neppure di una riunione. Sul tavolo in fondo alla sala, davanti alla grande bandiera tricolore, ci sono delle casse di legno scoperchiate.
Mi metto in fila dietro gli altri. I lumi a petrolio diffondono su tutto la loro calma e calda luce. Forse per questo gli oggetti che vengono distribuiti, almeno visti da lontano, paiono meno minacciosi.
Arrivo in cima alla fila. Tocca a me. L’uomo con la gran barba nera, che alla fine del suo comizio aveva gridato “Viva l’Italia!”, mi fissa per qualche secondo.
Poi mi porge la pistola.
La guardo. La prendo tra le mani, la soppeso; non credevo che fosse così pesante. L’uomo mi consegna anche una scatola con le munizioni.
Mi allontano con il mio fardello.
Il compagno Giorgio e Fabio Corsi hanno ricevuto la stessa dotazione.
Non ci scambiamo commenti. Decido di andarmene prima della fine delle operazioni. Il compagno Giorgio esce con me; lo accompagno alla sua auto.
– A Nella i tuoi cioccolatini sono piaciuti -, dice finalmente, aprendo lo sportello.
– Ma non contare balle. Li hai mangiati tutti tu.
Sorride.
– Non è vero. Gliene ho lasciato qualcuno, ma solo perché è a dieta.
Passano altri giorni. La vita procede regolare come sempre. È stata fissata la data delle elezioni: tra un mese e mezzo.
L’Italia è senza governo.
La pistola e le munizioni le ho messe in una scatola per scarpe sotto il letto.
Ho dovuto sgridare Parker e Betty almeno dieci volte, prima che capissero di non ficcare il naso lì dentro.
Il leader dei secessionisti è sparito dai telegiornali. Intervistano solo i partiti delle due coalizioni. È stato messo da parte dai potenti che tirano le fila dell’informazione.
Poveri illusi. Capisco che è tutto frutto di una precisa strategia. È furbo, quell’uomo, furbissimo.
Lui e le sue Milizie Padane colpiranno nel momento di maggior debolezza del paese, e nel periodo in cui nessuno sembra tener conto della loro minaccia.
Mi sembra di parlare come Gianluca. Gianluca… Non si è fatto più vivo. Cosa devo fare con lui?
Il pensiero della pistola sotto il letto, carica, mi mette in una certa agitazione.
Eppure per il resto è tutto normale. Esco spesso la sera con Cristina e Alberto, e con altri amici. Chissà se anche loro sanno, o invece sono ignari come sembra?
Forse dovrei avvertirli, ma so benissimo che non posso farlo. Soltanto Loro hanno facoltà di decidere se una persona può entrare nella Nuova Carboneria, com’è successo a me. E certi segreti non devono uscire al di fuori della Società.
Il giorno è arrivato.
Oggi, quindici novembre duemila***. Il giorno è arrivato.
Prima di partire per il lavoro ho scaricato la posta. Lo faccio d’abitudine ormai da due mesi. Loro spediscono le mail proprio di notte, regolarmente.
L’occhio mi cade subito su quella mail non letta. È delle cinque e quindici. Il mittente mi fa quasi sobbalzare sulla sedia.
È la prima volta che Lui in persona scrive.
Mi balzano alla mente, in un istante, varie possibilità. Tirare giù le tapparelle, blindare la porta, chiudermi in casa. Prendere la macchina e fuggire in Francia. Telefonare al compagno Giorgio e chiedergli di ospitarmi da lui.
Vado in camera e tiro fuori la scatola da sotto il letto. Parker e Betty subito si fiondano ad annusare. Non li caccio via.
Guardo la pistola.
Rimetto tutto a posto. Mi siedo davanti al computer. Apro l’e-mail e la leggo.
Da: g.garibaldi@restauratori.it
Oggetto: Appunti sulla Restaurazione – 172
Fratelli, l’ora è giunta. La partenza è prevista per oggi. Non saremo mille, come l’altra volta, ma molti di più. Voi che state al Nord, non disperate. Alcuni di noi sono già in mezzo a voi, in avanscoperta, e vi aiuteranno al momento del bisogno. Il nemico attaccherà presto, prestissimo. Ma dovrà fare i conti con noi. Questa volta sarà il Sud a conquistare il Nord. Sarà una battaglia feroce, ma noi siamo pronti. E quando la vittoria sarà nostra, tutto diverrà più semplice. L’Italia sarà unita come mai nella sua storia. Perché il cerchio verrà chiuso, finalmente, e nulla e nessuno potrà recriminare. Viva l’Italia, viva i Restauratori!
Sto leggendo per la quinta volta l’e-mail. Emozioni contrastanti mi bloccano alla sedia. L’impulso più forte è quello di chiamare il compagno Giorgio, di sentire cosa dice.
Poi sento un rumore. Il cellulare. È arrivato un messaggio.
Con gesto automatico lo prendo. È Gianluca, possibile? Gianluca che mi scrive proprio adesso.
Leggo il suo messaggio:
Fabri, è per la prossima notte. Ricordati di legare il fazzoletto verde alla maniglia fuori dalla porta.
(Fine)
[Maurizio Cometto (Cuneo, 1971) ha pubblicato Il costruttore di biciclette (Ed. Il Foglio, 2006) e L’incrinarsi di una persistenza (Ed. Il Foglio, 2008).]