di Maurizio Cometto
[Abbiamo già parlato di Maurizio Cometto sulle pagine di Carmilla (qui e qui). Presentiamo ora – in due puntate – un racconto tratto dal romanzo “per istantanee” Cambio di Stagione (Il Foglio Editore, Piombino 2011, pp. 275, € 15,00), attualmente in distribuzione presso le più importanti librerie online e la casa editrice, e a breve in libreria.]
Nella mia azienda lavora una persona che ha un nome molto simile al mio. Si chiama Fabio Corsi, e fa parte dell’amministrazione. Non lo conosco bene, so solo che ha più o meno la mia età e che è iscritto al sindacato.
I nostri due indirizzi e-mail lavorativi hanno lo stesso dominio, ovviamente, e differiscono soltanto per una singola, insignificante “a”. Il mio è “f.corsi”, il suo “fa.corsi”. L’indirizzo standard ce l’ho io, in quanto sono stato assunto prima di lui.
Capita a volte che mi arrivi qualche mail destinata a lui. Lo capisco subito sia dall’oggetto che dal contenuto del messaggio, lavorando io in un ambito – quello della qualità – che col suo c’entra ben poco. In questi casi rispondo al mittente mettendo il mio “quasi omonimo” per conoscenza, e avviso dell’errore.
Sono le dieci di mattina di un mercoledì di inizio ottobre. Piove ormai da due giorni, di una pioggia leggera e soporifera. Il compagno Giorgio è silenzioso ma al contempo agitato. Sta più tempo del solito al computer, non capisco se per lavoro o per altro. Il compagno Giorgio è chiacchierone e scherzoso, ma sulle sue cose non si sbottona facilmente. Non sono ancora riuscito a capire il motivo di questo suo umore, che dura ormai da qualche settimana.
Alle dieci e mezza mi arriva un’e-mail.
Oggetto: Appunti sulla Restaurazione – 47
Fratelli, siamo sicuri che Torino possa ancora essere il centro propulsore? La situazione si è rovesciata. Oggi è Torino (Torino in senso lato) che dev’essere riconquistata. Attendo come al solito i vostri commenti.
Mittente risulta un certo “c.balbo@restauratori.it”.
Nella barra dei destinatari c’è solo il mio indirizzo.
Chiamo subito il compagno Giorgio. Non risponde. Mi alzo e gli vado accanto; sentendomi arrivare riduce a icona la finestra della posta.
– Vieni un po’ a vedere che razza di e-mail mi è arrivata.
– Cosa?
– È stranissima, ti dico. Forse era destinata a Fabio Corsi. Vieni a vedere.
Il compagno Giorgio sbuffa, ma si alza e mi segue. La legge.
Ho come l’impressione che il suo viso sbianchi leggermente.
Subito dopo irrigidisce la mascella, e si gratta la barba di due giorni.
– È chiaramente un errore -, commenta.
– Ma cosa cavolo significa?
– E che ne so? Sarà tipo un gioco di ruolo. Girala a Fabio Corsi, e pensa a lavorare.
– Adesso gliela giro. Ma in fondo non è detto che fosse destinata proprio a lui. Potrebbe anche darsi che fosse per me.
– Ma che cazzo dici, Fabri? Ti dicono qualcosa quelle due righe?
– No, ma…
– E allora è ovvio che non era per te. Girala a Fabio, per favore. E poi cancellala e dimenticala.
Il compagno Giorgio conosce Fabio Corsi molto meglio di me, in quanto iscritto al sindacato anche lui.
– Sei ancora lì in piedi? Guarda che chiamo l’ingegnere…
Come al solito rispondo al mittente, cioè a quel “c.balbo@restauratori.it”, mettendo Fabio Corsi per conoscenza.
Credo ci sia stato un errore, e che questa mail non fosse destinata a me, ma al mio collega Fabio Corsi, che ci legge in copia. Per favore mi dia conferma della cosa. Se fosse così, prenda nota della differenza di indirizzo, in modo da evitare in futuro il ripetersi dell’errore. Grazie.
Tempo due minuti e mi arriva un’e-mail di Fabio Corsi.
Non so niente né di questa mail, né di questo “c.balbo”. Può darsi che si tratti di spam, mi è già successo di riceverne di simili. Cancella e lascia perdere il tutto.
Qualcosa nel tono del messaggio mi lascia un po’ perplesso.
– Mi ha risposto Fabio. Dice che si tratta di spam.
– Giusto! Come abbiamo fatto a non pensarci? Non può che trattarsi di spam.
– Mi consiglia addirittura di cancellarla.
– Visto che avevo ragione? Cancellala, è meglio. Magari è qualche virus a scoppio ritardato.
Proprio in quel momento squilla il telefono. È il mio capo, che mi chiede di partecipare a una riunione per un’emergenza improvvisa. Per il resto della giornata mi dimentico di quell’e-mail.
La sera torno a casa tardi. Entro in soggiorno e accendo la tv: c’è il telegiornale delle venti. Mentre Parker e Betty rizzano le code e mi seguono, affamati, ascolto i titoli di testa.
La solita politica. La solita dichiarazione delirante del leader storico di uno dei partiti di governo. “Il popolo padano è pronto a imbracciare i fucili”.
Mentre preparo le ciotole ai gatti, mi sorprendo a riflettere sul significato di “popolo padano”. Quali persone lo compongono? Forse tutti quelli che hanno votato quel partito?
E poi imbracciare i fucili per cosa? In nome di quale ideale? Al fine di riconquistare quale libertà?
Il Nord Italia è la zona più ricca del paese, e una delle più ricche d’Europa.
Scuoto la testa.
Sto preparando una frittata quando mandano un’intervista al leader di governo.
“Non ci sono più i cattocomunisti al potere, per fortuna. Oggi grazie a noi l’Italia è un paese moderno. E allora la Costituzione va riscritta da cima a fondo”.
Già m’immagino il coro di dichiarazioni sdegnate, dal Quirinale al partito dell’opposizione. Questa volta, in effetti, ha esagerato. Ha parlato di “riscrivere”, non semplicemente di “modificare”.
Mi ritorna in mente quell’e-mail. Una frase in particolare, chissà poi perché. “La situazione si è rovesciata”.
Per fortuna non ho seguito il consiglio di Fabio Corsi e del compagno Giorgio; non l’ho cancellata.
Domani mattina voglio rileggerla. C’era qualcosa, in quelle parole, di troppo specifico. Non poteva trattarsi di un semplice spam.
Finisco in fretta di mangiare. Alle nove e mezza passa a prendermi il mio amico Gianluca. Ogni mercoledì sera andiamo a vedere un film in un cineforum del centro.
“Il Gattopardo”, la scena del ballo. È la terza volta che la vedo. Per Gianluca è la prima in assoluto.
Rimaniamo ipnotizzati dal fascino di quelle immagini. Nella piccola sala c’è poca gente, ma in fondo cosa importa? È la magia del cinema che conta.
Quando il film finisce si riaccendono le luci, Gianluca si alza in piedi e si volta a guardarmi. È alto poco più di un metro e sessanta. Ha gli occhi azzurri, quasi magnetici.
– Non credevo che fosse così bello -, dice, entusiasta. – Evidenzia alcuni aspetti che molti fanno finta di ignorare.
– Quali aspetti?
– Ti dicono niente le parole “Questione meridionale”?
Usciamo. A piedi ci affrettiamo verso un pub per bere una birra. È passata mezzanotte e pioviggina ancora, ma sento che Gianluca ha bisogno di parlare. Mi sembra bello carico.
– Era meglio se quell’altro tornava in Sudamerica, invece che partire da Quarto -, comincia.
– Non hai mai pensato che se davvero non si fosse imbarcato, e non si fosse fatta l’Italia, il tuo bel partito non avrebbe mai avuto ragione di esistere? -, lo punzecchio.
– Dovevano fermarsi all’Emilia e alla Romagna. Lasciar perdere il resto, dallo Stato Pontificio in giù. Come dici, il mio partito? Non avrebbe mai visto la luce, certo. E a ragion veduta. Perché lo Stato del Nord Italia sarebbe oggi una realtà, e sai meglio di me che in potenza è il più ricco d’Europa.
– E come si chiamerebbe? “Repubblica Padana”, o “Regno del Carroccio”?
– La Savoia ancora nostra. E scommetto che la Svizzera e l’Austria si sarebbero annesse spontaneamente dopo la Prima Guerra Mondiale. Ti rendi conto di che magnifica nazione avremmo potuto essere? Ordinata, pulita, laboriosa, ricca…
– Che incredibile raccolta di stronzate -, sorrido, sorseggiando la birra.
– Non sono stronzate. Anche il Sud Italia avrebbe avuto uno sviluppo più fiorente. Sotto i Borboni stavano meglio, anzi, prosperavano, lo sanno benissimo tutti.
– Sono storie del passato. Oggi l’Italia è unita. Dividerla sarebbe fare un passo indietro.
– Sarebbe fare un passo avanti, invece. Rimediare a un errore del passato.
– Soprattutto per noi ricchi e benestanti signori del Nord, vero?
Scuote la testa.
– Anche per quelli del Sud. Le cose vanno male, laggiù, perché non c’è mai stata fiducia nelle istituzioni. Anzi, odiano lo Stato, e fanno di tutto per fregarlo. È l’atavica eredità del Banditismo, dell’odio che provarono i contadini siciliani nei confronti di chi aveva cacciato i Borboni dalle loro terre. Lasciali soli, e vedrai che troveranno il modo di far andare avanti la barca. Magari dando carta bianca alle mafie. Un esempio come un altro di regime, in fondo, e anche dei meno ipocriti.
– Ora stai esagerando.
– È che sono un sognatore, tutto lì.
– Mi paiono più incubi che sogni, i tuoi.
Gianluca sorride e mi fissa, spalancando i grandi occhi azzurri.
– Sai cos’è incredibile? Che riesco a parlare di queste idee solo con te. L’unico dei miei amici che sta dalla parte avversa. Pazzesco…
Ricambio il sorriso.
– Perché se ne parlassi con i tuoi colleghi molto probabilmente ti caccerebbero dal partito. Sei troppo estremista anche per loro.
– Dici?
Sorseggiamo le birre. Il locale si sta svuotando. Guardo l’ora: è quasi l’una. Domani mattina in ufficio sarà dura. L’e-mail, mi viene in mente. Devo ricordarmi di rileggere l’e-mail.
– Sei pronto anche tu a imbracciare il fucile?
Di nuovo alza gli occhi e mi guarda, ma non sorride più.
– Certo che sono pronto. È inutile che fai quella faccia. Voi della sinistra non potete capire il senso di unità e di fedeltà al direttivo che c’è da noi.
– Ma tu credi davvero che esista questo “Popolo del Nord” pronto a scendere in battaglia?
– Esiste, esiste eccome. Siamo in tanti, e tutti determinati. Ci avete sempre sottovalutati e state continuando a sottovalutarci.
Non gli chiedo né per cosa dovrebbero combattere né che senso avrebbe una sommossa o una ribellione da parte di gente che non muore certo di fame.
Usciamo dal locale e mi riaccompagna a casa.
Ho conosciuto Gianluca a una festa da Cristina. È un collega di lavoro del suo ex fidanzato, Lorenzo. Mi è risultato subito simpatico, al di là delle differenti vedute politiche, per la verve e la schiettezza. Senza contare la comune passione per il cinema.
Quando si confida e mi parla dei suoi sogni, in fondo mi sta ancora più simpatico. Mi fa quasi tenerezza, perché capisco che si tratta di proiezioni idealizzate del suo bisogno di ordine. Della sua paura del diverso.
La mattina dopo entro in ufficio e il compagno Giorgio appena mi saluta.
– Ma cosa ti è successo? -, gli chiedo.
– Niente niente…
– Problemi al sindacato?
Si gira e mi pianta addosso uno sguardo quasi esasperato.
– Ma in che mondo vivi? Non l’ascolti la radio, non li leggi i giornali? E lasciamo stare la televisione che è meglio.
– A cosa ti riferisci?
– Alla crisi di governo, a cosa vuoi che mi riferisca?
Scuoto la testa, senza capire.
– E allora? Non dovresti essere contento?
– Contento? Vedrai quando cominceranno le prime sommosse come saranno tutti contenti.
Non ho mai sentito il compagno Giorgio così apocalittico. Meglio lasciarlo stare, lo conosco troppo bene. Accendo il computer e avvio il programma della posta.
Ho dieci mail non lette. Per il momento non mi interessano. Scorro la pagina delle mail in arrivo, alla ricerca del mittente “c.balbo@restauratori.it”.
Non lo trovo.
Faccio una ricerca inserendo “balbo” come parola chiave. Niente.
Anche la mia risposta è scomparsa.
C’è solo più il messaggio di Fabio Corsi, ma è senza cronologia, per cui dell’originale non è rimasta traccia.
Telefono al sistemista.
– Vorrei recuperare un’e-mail che mi è arrivata ieri. Intorno alle dieci di mattina. Mittente un certo “c.balbo@restauratori.it”.
– Aspetta che guardo. Ecco qua. Risulta cancellata ieri sera alle diciotto e dieci.
A quell’ora ero già fuori ufficio.
– È possibile recuperarla?
– Mi dispiace ma per i miracoli dobbiamo ancora attrezzarci.
– Ma non fate ogni sera il back-up del server di posta?
– Il back-up non riguarda i cestini e gli spam.
Metto giù. Ma chi può averla cancellata, se non sono stato io? Chi ha accesso alla mia posta?
Di sicuro il sistemista. E poi l’ingegner Martoni. Chi altri?
Il compagno Giorgio. Conosce la password. Potrebbe essersi connesso tramite Internet e averla cancellata da lì, ma perché l’avrebbe fatto?
– È strano. Non trovo più quell’e-mail che mi è arrivata ieri mattina.
– Eh? Quale e-mail?
– Quella che credevo fosse destinata a Fabio Corsi.
– Ah, lo spam. Ma non l’avevi cancellato?
– No. Tu non ne sai niente?
– Io? E a me che mi frega degli spam che ricevi tu?
Scuoto la testa e cerco di iniziare a lavorare, ma continuo ad avere il nervoso.
– Ricordati delle mie parole di prima -, dice a un certo punto il compagno Giorgio.
– Quali parole?
– Non hai sentito ieri sera? Quelli sono pronti a imbracciare i fucili.
– Ma per favore, e tu credi a quel pagliaccio?
Ha una secca risatina.
– Se ci credo io ha poca importanza. Ma certa gente è sicura che presto succederà un quarantotto. Ed è gente, quella, che sa il fatto suo.
– Di che gente vai parlando?
– Vedrai, vedrai…
Cerco nuovamente di concentrarmi sul lavoro. Per fortuna squilla il telefono, è un collega della progettazione che mi chiede informazioni. Riesco quasi a dimenticare le allusioni sibilline del compagno Giorgio.
La vita trascorre sui soliti binari. Forse la gente è solo un po’ più nervosa. Ma ci si saluta come sempre, si fanno le due chiacchiere in ufficio e al bar, di sera ci si trova in compagnia e si ride.
Eppure il paese è spaccato in due: così dicono alla televisione, così scrivono sui giornali.
La crisi di governo, causata da una nuova corrente nel partito di maggioranza, ha reso instabile l’equilibrio istituzionale del paese.
Mentre mi concedo un meritato riposo steso sul divano con Betty sulla pancia e Parker sulle cosce, sento una nuova dichiarazione del leader del partito secessionista.
“L’ipotesi di un governo tecnico è una buffonata. Non servono nemmeno le elezioni anticipate. Il Nord è stufo di tutta questa marmaglia romana”.
In studio alcuni giornalisti commentano che stavolta è impossibile fare previsioni su cosa accadrà.
Arriva la dichiarazione di un ex-ministro, il luogotenente del leader che ha appena parlato.
“Le Ronde Padane si stanno organizzando come nuclei di resistenza. Il Nord è pronto a insorgere.”
Subito dopo mandano la pubblicità.
E alla fine ecco il capo (o ex-capo) di governo.
“Il nostro storico alleato non ci tradirà mai.”
Ma cosa stanno dicendo? Non fanno parte anche loro, ormai, della “marmaglia romana”? E come possono dei “nuclei di resistenza”, tutto all’improvviso, “insorgere”?
La temperatura mediatica non è mai stata così alta. Fuori, nella vita reale, tutto sembra tranquillo. Ma forse qualcosa sta filtrando.
Forse nel segreto di stanze, magazzini o scantinati, nelle città, nelle campagne, nelle valli, davvero si sta preparando un colpo di stato.
La spaccatura del paese, questa volta irreparabile.
E nessuno la prende sul serio: tutti la considerano una specie di fiction.
La notte non riesco a dormire. È più forte di me: l’orecchio resta teso a captare rumori, da fuori o dagli altri appartamenti. Forse i miei vicini hanno già comprato delle armi, non per attaccare ma per difendersi.
Paranoie, paranoie, solo paranoie.
E capisco cosa sta alla loro origine. La misteriosa mail dell’altro ieri e la sua sparizione. Le strane allusioni del compagno Giorgio, la sua fretta di farmi cancellare il messaggio.
Lui e Fabio Corsi sono iscritti al sindacato. Sono anche iscritti a uno dei partiti di estrema sinistra, se non ricordo male. Cosa stanno tramando nell’ombra?
Quell’e-mail non era affatto uno spam. Forse è stata indirizzata a me per sbaglio. Ma si trattava di un messaggio vero, reale.
Mi rimbalzano in testa due frasi.
La situazione si è rovesciata. Rovesciata come? Rispetto a quale precedente “status quo”?
Oggi è Torino (Torino in senso lato) che dev’essere riconquistata. Perché riconquistata? Per sottrarla a chi?
E cosa significa in senso lato?
Forse sto esagerando. Non sarà uno spam, ma può essere benissimo un gioco di ruolo. Una specie di Fantacalcio applicato allo scontro politico.
Forse è così. Ma forse no. Devo cercare di saperne di più, altrimenti non potrò più chiudere occhio la notte, e con me non dormiranno i miei poveri gatti.
Che colpa ne hanno loro?
La mattina dopo aspetto che arrivi l’ora del caffè. Scocca alle dieci e un quarto. Entra Giampi dall’ufficio accanto, e il compagno Giorgio si alza.
Io rimango fermo e concentrato sullo schermo.
– Non vieni?
– Oggi no, grazie. Ho un po’ di acidità di stomaco. E poi devo finire un lavoro.
– Attento a non farti venire l’ulcera.
Si allontanano. Nessuno in giro. Mi alzo e vado al laptop del compagno Giorgio.
È bloccato. Ma io conosco la sua password: gliel’ho vista digitare milioni di volte. “Enricob61”.
Lo sfondo del desktop, una foto della figlia dodicenne, appare sullo schermo.
Scorro le cartelle della posta. Nulla di strano: tutta roba di lavoro. Controllo le mail ricevute, in particolare quelle dell’altro ieri.
Niente.
Vado in Gestione Risorse. Seleziono “C:”, il disco locale. Leggo i nomi delle cartelle.
Una si chiama “Alla larga”. È l’unica con un nome strano. Entro dentro.
Altre cartelle. “Foto”, “Articoli”, “Giochi”: nulla di importante. “Vivalitalia”; questa è sospetta.
Doppio clic.
Dentro c’è un’altra cartella. Il suo nome, per un attimo, mi fa mancare la terra sotto i piedi. È come se certi lontani e assurdi sospetti diventassero di colpo realtà.
“Nuova Carboneria”.
Ma che roba è?
Altro doppio clic. Appare un messaggio. Il testo è in una casellina grigia, accanto a una croce bianca in un cerchio rosso.
Impossibile accedere a C:\Alla larga\Vivalitalia\Nuova Carboneria.
Accesso negato.
Sento delle voci in avvicinamento. Giampi e il compagno Giorgio. Chiudo il messaggio, chiudo Gestione Risorse, torno rapido al mio posto.
– Ma sei ancora lì attaccato al computer? -, fa Giampi, come al solito a voce alta.
– In questi giorni lavora troppo, mi sa che ha deciso di fare carriera.
– Tanto è inutile, Fabri. Tu non c’hai la stoffa del dirigente.
Non li sento neppure. Quelle due parole ancora mi girano per la testa. “Nuova Carboneria”.
È un gioco di ruolo? Un club di nostalgici appassionati?
O forse qualcosa di più?
– Ehi! Hai toccato il mio computer?
– Cosa? No, perché?
– È strano. L’avevo bloccato prima di andare al caffè. E adesso è sbloccato.
Accidenti alla mia sbadataggine.
– Sicuro che l’avevi davvero bloccato? Qui dentro ultimamente sono un po’ tutti con la testa per aria.
– Tu per primo, mi sa. Guarda che ti tengo d’occhio. A proposito, sai cosa mi ha detto il Giampi?
– Cosa ti ha detto?
– Ha ricevuto una convocazione a una riunione nella sede locale del suo partito, per domani sera.
– Non sapevo che fosse un attivista.
– Attivista, figuriamoci. È iscritto a quella banda di razzisti, ma tu ce lo vedi col fucile a tracolla? A lui interessa solo la grana, per quello blatera sempre di federalismo.
– Ci andrà?
– Pensa di sì. È curioso soprattutto per l’oggetto dell’incontro. Preparati…
– Spara.
– “Istruzioni per tutti i militanti, gli attivisti e i simpatizzanti, in vista delle imminenti operazioni.”
Il compagno Giorgio mi sta fissando con uno sguardo duro, adesso. Sotto i grandi baffi il sorriso di prima è sparito.
– “Imminenti operazioni”… Ho paura, Fabrizio. Non so te, ma io ho paura.
Torniamo a dedicarci al lavoro, entrambi (io di certo) con la testa altrove.
“Nuova Carboneria”…
Per: c.balbo@restauratori.it
Da: f.corsi
Oggetto: Richiesta informazioni
Gentile signor Balbo,
mi chiamo Fabrizio Corsi e sono un collega di Fabio Corsi e Giorgio Forieri, che suppongo lei conosca molto bene.
Le scrivo perché la sua mail di mercoledì scorso, credo erroneamente a me indirizzata, mi ha a dir poco incuriosito.
Mi scuserà se mi permetto di porgerle delle domande tanto dirette, ma non trovo un modo migliore per arrivare al punto.
Dunque: chi siete? Cosa sono questi vostri “Appunti sulla Restaurazione”? Che cosa mi può dire di una società segreta che si fa chiamare “Nuova Carboneria”?
Mi sono fatto un’idea su di voi, ma non posso, ovviamente, sapere se risponde a verità. Se così fosse, e se ne fossi degno, sarei lieto di far parte della vostra Società. Capisco da molti segnali che lo scontro si avvicina, e se devo scegliere una parte da cui stare, scelgo la vostra (la nostra).
I vostri ideali sono i miei ideali, anche se non ho la vostra energia, la vostra perseveranza, e la vostra capacità mimetica.
Rimango in fiduciosa attesa di un suo riscontro.
Cordialmente.
Fabrizio Corsi.
Arriva di nuovo il mercoledì sera senza che nulla di rilevante accada. La mail è rimasta senza risposta. Cosa mi aspettavo, del resto?
L’ho scritta alle tre e trentacinque di una notte passata insonne, mentre Parker rovistava nel suo cassetto preferito e Betty non la smetteva di fare le fusa sdraiata sul termosifone.
Il governo è ufficialmente in crisi. Il Presidente della Repubblica ha iniziato le consultazioni. Il leader del partito secessionista ha alzato il tiro delle sue sparate.
“Le elezioni anticipate non ci spaventano. Ma siamo stufi di compagni di viaggio che pensano solo a salvare la poltrona e a evitare la galera. Popolo Padano, è giunta l’ora di imbracciare i fucili. La Milizia Verde è ormai una realtà, il tempo del reclutamento è venuto. Preparatevi! Perché, se non sarà federalismo, sarà secessione e il Nord finalmente verrà liberato!”
Nessuno ha commentato queste frasi. Sono stati messi da parte perché dichiaratamente non cercano alleati. Che senso può avere, del resto, corteggiare un pazzo delirante?
Qui a Torino la vita procede tranquilla. Dove sono queste fantomatiche Milizie Padane o Milizie Verdi? Se davvero esistono, io non le vedo.
Il compagno Giorgio appare sempre più cupo, ha sempre meno voglia di parlare. Giampi sembra sia andato a quella riunione del partito, ma non ne abbiamo saputo nulla perché si è chiuso in un silenzio impenetrabile. In quanto a Gianluca, lo vedrò stasera; ma, invece che al cineforum, andremo a prenderci una pizza.
Al telefono mi ha detto, con una voce quasi irriconoscibile: “Questa sera niente cinema. Ho bisogno di parlarti sul serio.”
Ho detto che Gianluca me l’ha presentato Cristina a una festa. Quella volta, mi ricordo, rimanemmo seduti sul divano a parlare di film. Avevamo visto entrambi “Le vite degli altri”, e ne cantavamo le lodi.
Con quel suo sguardo magnetico, la parlantina facile e la battuta pronta, era un piacere stare a sentirlo. Intuii quasi subito le sue simpatie politiche, forse per via dell’eccessivo astio – quasi fosse una questione personale – che metteva nel giudicare le circostanze storiche del film – gli anni della Stasi nella Germania dell’Est. In seguito seppi che le confidava a pochissimi amici, eppure trasparivano da ogni suo gesto e ogni sua parola.
Fu solo al terzo o quarto incontro che cominciammo a parlare di politica. Introdussi io l’argomento, con una battuta, poi parlò soprattutto lui. Per motivi misteriosi divenni da subito il suo confessore preferito; certe sue aspirazioni segrete credo di essere l’unico a conoscerle.
Abbiamo anche fatto un paio di viaggi insieme. Un anno a Salisburgo (meta scelta da lui), un altro a Praga (meta scelta da me). A Salisburgo andammo in auto, e guidai io per tutto il tempo, perché lui voleva godersi il panorama delle Alpi.
Inoltre guidare con dei passeggeri a bordo gli faceva venire l’ansia.
Arrivo a piedi alla pizzeria e lui è già davanti all’ingresso. Mi basta un’occhiata per capire che è nervoso. Si nota dalla piega della bocca, e dai gesti bruschi con cui mi saluta.
La pizzeria è quasi vuota. Ci sediamo in un angolo, un po’ al riparo dal resto della sala. Ha prenotato lui.
È stranamente silenzioso. Ordiniamo, poi mi guarda e domanda:
– Non sei un po’ curioso?
– Lo sai che sono curioso per natura.
– Sì, ma io intendevo curioso di quello che devo dirti stasera.
– Devi proprio dirmelo per forza?
Finalmente sorride.
– Se mi fai questa domanda, vuol dire che hai già capito.
– Non sono così sicuro di avere capito.
– Ascolta. Non ti sei accorto di quello che sta succedendo in giro?
Nascondo la bocca tra le mani giunte, i gomiti appoggiati sul tavolo.
– In giro dove?
– E va bene. Ho capito che è mio compito svegliarti. È di questo che devo parlarti, in fondo.
– Svegliarmi? Svegliarmi da cosa? Non credo di essere tanto addormentato.
– Smettila di scherzare. Sto parlando sul serio. Qualche sera fa c’è stata una grande adunata della nostra sezione del partito. Così è avvenuto in tutte le sezioni di tutta la Padania. Il leader ha finalmente pronunciato le parole che in fondo al cuore attendavamo da tempo. Abbiamo urlato la nostra totale adesione all’operazione. Dovevi esserci, Fabri. Era uno spettacolo. Siamo in tanti, tantissimi, non puoi neanche immaginare quanti. Il materiale necessario è già arrivato. Sono stati allertati tutti, iscritti e simpatizzanti. Chi vuole stare in prima linea può farlo, e io lo farò. Chi vuole rimanere a casa rimarrà a casa, ma dovrà prendere i dovuti accorgimenti. Dovrà legare un fazzoletto verde alla maniglia della porta. Solo in questo modo avrà la certezza di non subire conseguenze.
Il locale si sta riempiendo. Ecco là una coppia, lei indossa un abito scollato nero e scarpe coi tacchi, lui ha una polo e un paio di pantaloni bianchi. Più lontano si sta formando una tavolata di liceali.
– Fazzoletto verde? -, domando.
– Sì. Ricordatelo bene, Fabri. Un fazzoletto verde.
– Allora è per questo che volevi parlarmi…
Annuisce.
Arrivano le pizze. Per qualche minuto mangiamo senza dire nulla. Le sue parole mi hanno scosso, inutile negarlo. Non tanto per quello che significano. È una cosa più personale. È come se ciò che sempre sospettavo, e cioè che Gianluca è un esaltato, si fosse manifestato in tutta la sua lampante verità.
Capisco che l’unica è dargli corda.
– Come si svolgerà l’operazione?
Gli occhi gli brillano e al contempo sorride.
– Non posso dirtelo, Fabri. È coperto da segreto. Tu poi, con le tue idee comuniste…
– Non sono un comunista.
– Va bene, va bene. Ricordati solo il fazzoletto verde legato alla maniglia fuori dalla porta. È vero, non sei schedato. Non sei neppure iscritto a qualche partito avversario. Ma qualcuno sospetta le tue simpatie. Meglio non correre rischi. Io… non voglio averti sulla coscienza.
Rimane un attimo in silenzio.
– Quando inizierà l’operazione? Questo almeno puoi dirlo?
– In realtà è già iniziata. Le Milizie Padane esistono da anni, e sono ben addestrate. Poi ci sono i volontari come me.
– Ma quando… attaccherete? Quali sono gli obiettivi?
– Mi dispiace, Fabri. Non posso dirti nulla. Devi solo ricordarti del fazzoletto verde.
– Non provi neanche a reclutarmi?
Alza gli occhi azzurri, mi lancia uno sguardo incredulo e al contempo affettuoso.
– Ti conosco troppo bene. Tu non starai mai da nessuna parte. Anche se sei di sinistra, non ti sporcherai le mani aiutando la resistenza, e aspetterai semplicemente che tutto ritorni alla normalità. Come farà la maggior parte della gente, del resto.
Mi viene voglia di colpirlo in qualche modo. Con un pugno. Con il coltello.
Reprimo l’istinto; è solo un povero esaltato.
Continuo a dargli corda.
– Cosa intendi con “resistenza”?
– Che alcuni cittadini, soprattutto intellettuali ed esponenti della media borghesia, cercheranno di impedire il successo dell’operazione. Formeranno dei nuclei di resistenza. Ma è gente incapace di usare le armi, fisicamente e psicologicamente non preparata. Li spegneremo subito. E al momento opportuno verranno deportati oltreconfine, nelle terre della Chiesa o in quelle delle mafie.
Non riesco più a parlare. Nella pizzeria, oltretutto, il rumore è aumentato. Dalla tavolata di liceali proviene un baccano d’inferno.
Altri tavoli si sono riempiti. Famiglie, coppiette, colleghi di lavoro. Gente normale.
E se tutti loro avessero a casa un fazzoletto verde, da legare alla maniglia della porta il giorno convenuto?
– Sei stanco? -, mi chiede Gianluca.
– Un po’. E tu?
– No. Non mi sono mai sentito bene come in questi giorni.
Usciamo dal locale. L’aria della sera è frizzante. C’è poca gente a passeggio, siamo lontani dal centro.
– Allora ciao, ci sentiamo presto…
– Aspetta -, mi ferma.
Fruga in una tasca del giubbotto.
– Ecco il fazzoletto verde. Mi raccomando. Legato alla maniglia, fuori dalla porta, bene in vista.
Lo prendo. È piegato e ben stirato, tanto da sembrare nuovo. Un quadrato verde di pochi centimetri di lato.
– Come faccio a sapere quando dovrò usarlo?
Mi dà una pacca sulla spalla, sorridendo.
– Ti avvertirò io. Sei fortunato, Fabri. La nostra amicizia ti salverà.
– Cosa intendi dire?
– I tuoi spocchiosi compagni di sinistra difficilmente si abbassano a frequentare gente come me. E per questo la pagheranno. Tu invece, grazie alla mia amicizia, ti salverai.
Come dovrei reagire di fronte a queste parole? Arrabbiarmi, insultarlo? Oppure invece, al contrario, ringraziarlo?
Rimango in silenzio.
Rimango in silenzio, come di fronte a un malato di mente in pieno delirio.
Finalmente ci salutiamo.
Sono a pochi isolati da casa, immerso nei miei pensieri e avvolto dalla sera che si fa notte, quando sento degli spari.
Mi blocco di colpo.
Da dove provenivano? Forse dall’intrico di strade che s’incrociano dietro il palazzo che sto costeggiando?
Altri rumori. Urla. Gente che scappa.
Comincio a correre anch’io. È più forte di me.
Quando finalmente mi chiudo la porta di casa alle spalle, mi appoggio con la schiena al battente, e cerco di riprendere fiato.
Parker e Betty, tranquilli, mi fissano seduti sulle zampe posteriori.
Sono tutto sudato. Meccanicamente sfilo dalla tasca il fazzoletto verde. Lo spiego e mi netto la fronte e le tempie.
(Continua sabato prossimo)