di Alessandra Daniele
Il faccia a faccia in diretta televisiva fra il premier del governo uscente e il leader dell’opposizione di centrosinistra volgeva al termine. Gli oppositori avevano accolto l’appello alla moderazione del moderato presidente della Repubblica, mentre il premier s’era esibito nel suo consueto repertorio di invettive e sproloqui. I sondaggi in tempo reale lo davano vincente, ma di stretto margine.
Durante l’ultimo segmento della trasmissione, il premier prese particolarmente di punta il leader dell’opposizione di centrosinistra, il quale, all’ennesimo insulto personale ricevuto, si alzò, si tolse il microfono, e si voltò per andarsene, brontolando qualcosa sottovoce.
Il premier estrasse una pistola, e gli sparò alla nuca.
Il leader dell’opposizione di centrosinistra crollò in avanti col cranio sfondato.
La trasmissione fu bruscamente interrotta.
Poco dopo, sulle principali reti nazionali, sia quelle di Stato che le private appartenenti al premier, partirono le edizioni straordinarie dei telegiornali. Tutte ritrasmettevano di continuo le immagini dell’omicidio, fermandosi però un attimo prima dell’impatto della pallottola, per ”rispetto” della vittima e del pubblico, precisavano gli anchormen. Sia in collegamento che in studio erano presenti vari commentatori fra politici e intellettuali, ripartiti in due fazioni rigorosamente bilanciate. Gli oppositori cercavano di dichiararsi sgomenti per l’accaduto, i governativi li zittivano assordandoli con una canea di invettive e sproloqui. Senza però essere capaci di fornire una valida giustificazione per il premier, che comunque l’immunità parlamentare proteggeva dall’arresto.
Intanto sul web, dove le immagini erano disponibili senza tagli, si svolgeva un dibattito più articolato e dai toni più estremi in entrambe le direzioni. Per ogni post o commento che accusava il premier di essere ”un boia nazista”, ce n’era almeno un altro che lo esaltava per aver ”ammazzato quel comunista di merda”. Il gruppo Facebook ”Uno di meno” raccolse in poche ore decine di migliaia di iscritti, quello ”Resistenza 2.0” ne ottenne quasi altrettanti.
Nonostante l’ora tarda, molti giornali fecero in tempo a rifare la prima pagina. I titoli esclamativi e le foto pixelate si susseguivano nelle rassegne stampa che intervallavano i dibattiti sui vari canali. I principali quotidiani avevano improvvisato anche qualche editoriale cupo e dai toni drammatici, ma quasi sempre concluso da un’esortazione a mantenere la calma, evitando il rischio di guerra civile. Facevano eccezione un paio di fogli propagandistici appartenenti al premier, che invece esibivano caricature del leader dell’opposizione assassinato, con un bersaglio disegnato sulla testa, contornato di invettive, sproloqui, e giochi di parole fra il suo nome e la parola ”bersaglio”.
In alcune piazze del paese si cominciarono a coagulare manifestazioni spontanee.
Dopo un’intera nottata di dirette Tv, verso le otto del mattino il telegiornale della prima rete statale annunciò di avere uno scoop clamoroso, in grado di fare luce sui veri moventi dell’accaduto.
Al termine di uno stacco pubblicitario – definito”tassativo” dall’anchorman – il Tg rimandò in onda le immagini dell’omicidio. Stavolta però il volume del video s’impennava poco prima dello sparo: il brontolio indistinto del leader dell’opposizione che si girava per uscire era così diventato una frase chiara e distinta: «Ho inghiottito una bomba atomica miniaturizzata, adesso l’attivo!»
Alla fine del video, il direttore del Tg comparve in studio, col cranio calvo lucido per l’agitazione.
«Il premier ci ha salvato da un’apocalisse nucleare! – Annunciò – Ha salvato la capitale, ma anche l’intero pianeta. E’ infatti certo che l’Iran, ovvio mandante dell’atroce attentato, cercasse di trascinare il mondo in una guerra totale, colpendo il cuore della cristianità, e della civiltà occidentale».
Gli ospiti in studio, già sfiniti dalla maratona notturna, rimasero attoniti come in un fermo immagine.
Dopo alcuni lunghissimi secondi, un rappresentante dell’opposizione chiese se durante l’autopsia l’ordigno fosse stato ritrovato e disinnescato. Il direttore del Tg annuì energicamente, mentre sul maxischermo alle sue spalle comparivano nuove immagini: una mano guantata di latex medico reggeva fra il pollice e l’indice una piccola capsula di metallo insanguinata. «Il detonatore era a vibrazioni gastriche – disse il direttore – Al kamikaze sarebbe bastato ruttare. Sparandogli alla testa il premier gliel’ha provvidenzialmente impedito».
Entro mezzogiorno questa era diventata la versione ufficiale. Anche la parte maggioritaria dell’opposizione di centrosinistra l’aveva abbracciata totalmente, sconfessando il suo stesso leader appena ucciso, e chiedendo l’inasprimento delle leggi speciali antiterrorismo. La parte minoritaria era oggetto di rastrellamenti e arresti preventivi secondo le leggi speciali antiterrorismo.
Le manifestazioni spontanee erano state stroncate sul nascere a manganellate.
Sul web, molti che avevano esaminato il video dell’omicidio protestavano, sostenendo che non ci fosse in realtà alcun modo di rendere intellegibile il confuso brontolio della vittima, e che quindi la frase sulla bomba dovesse essere un falso. Venivano però perlopiù bollati come complottisti.
La sera stessa, il premier concesse una breve conferenza stampa. Tra applausi, sorrisi, e scariche di flash, l’inviata d’un piccolo quotidiano locale gli chiese perplessa: «Ma come ha fatto a sentire quella frase che nessun altro…»
Il premier estrasse la pistola, e le sparò alla testa.
Poi allargò le braccia a calmare il coro di urla.
«I terroristi ci hanno riprovato – disse, stentoreo – ma finché ci sarò qui io, potrete stare tranquilli – sorrise – e io, lo sapete, sono immortale».
La piccola folla scoppiò in un applauso entusiastico.