di Simone Sarasso
Dmitry Glukhovsky, METRO 2033, Multiplayer.it 2010, pp. 779, € 17,90
Prologo
15 maggio 2010, Salone del libro di Torino, h 15.00.
Dmitry Glukhovsky, l’autore di METRO 2033 — il caso letterario russo dell’anno, il ponte transmediale tra letteratura e videogame — è in visita in Italia e sta per essere intervistato da Jaime D’Alessandro. È un’occasione imperdibile (chissà quando ricapita nel Bel Paese…), me la sono segnata da tempo sull’agenda. La platea è importante, forse anche per la presenza di Francesco Pannofino (l’eroe di Boris, la voce di George Clooney), accorso per leggere alcuni brani del romanzo. I fan scalpitano, stringono tra le mani l’imponente mole del volume (quasi ottocento pagine in hardcover) e si pregustano il momento del firmacopie.
Tutto perfetto: la presentazione è sulla rampa di lancio. Non manca proprio nessuno.
A parte il sottoscritto.
Già, perché la sera prima ho fatto tardi. O meglio, ho tirato mattina (alla festa di Minimum Fax). Sono rincasato alle sei e mezza a Novara, ho dormito il sonno dell’ingiusto e, quando mi sono svegliato, era troppo tardi per tornare a Torino.
Cazzo…
Chi c’era, racconta di un pomeriggio emozionante. A me non rimane che rosicare.
Ground Zero dell’esperienza METRO 2033: non ho ancora letto una sola pagina. E sono già perdutamente addicted.
Maledetta la mia anima geek.
Atto Primo
Giugno 2010.
Rincorro il romanzo ormai da qualche settimana, con alti e bassi degni di una sit-com con le risate registrate. Appena dopo il Salone, lo cerco in libreria ma non lo trovo. È finito.
Poi me ne dimentico. C’è ben altro che bussa alla porta: un bimbo in arrivo, a settembre. Un trasloco da fare in fretta e furia, una cameretta da montare.
Niente METRO 2033: Quasi me ne faccio una ragione.
Ma un pomeriggio afoso di metà mese, a Milano, eccolo spuntare dietro una vetrina. Lo noto, mi catapulto a comprarlo. Sono già alla cassa, mi frugo in saccoccia: niente.
Il portafogli sarà nell’altra tasca, è la legge di Murphy.
No, ciccio, nemmeno qui.
Nei tasconi dei bermuda: ma che, sei scemo?
Non è che c’è una tasca interna?
Ritenta, sarai più fortunato…
La commessa mi guarda come se fossi il ladro dei Gioielli della Corona.
“Ho perso il portafogli!”, urlo.
Sconvolto.
Sbatte gli occhioni, ripone METRO 2033 sullo scaffale.
Allarga le braccia, mi fa ciao ciao con la manina.
Cazzo…
Atto Secondo
22 luglio 2010.
Da giorni sono perso nei quadri di Anton Gretchko, l’illustratore ufficiale dell’universo di Glukhovsky: apocalisse e paranoia. Non avevo idea che l’orizzonte di METRO 2033 fosse così vasto. Non ho ancora letto una riga del libro, ma ho scoperto un sacco di cose. Questo strano, fantastico, immenso romanzo post-apocalittico sulla Mosca nuclearizzata e sotterranea del 2033 è stato rifiutato dalla maggior parte delle case editrici russe.
Il suo autore, hardcore gamer di vecchia data, ha passato nottate sottoterra: nel mondo di Fallout. Rimuginando, prendendo appunti, creando un universo. Prima, su un blocco giallo paglia. Poi, paragrafo dopo paragrafo, su un lungo file di Word.
Infine, in rete.
Nessuno vuole il suo romanzo? Dmitry se ne fotte. Non l’ha scritto per sé, ma per quella comunità di guerrieri digitali che consumano mouse e polpastrelli ogni notte.
Mette online un capitolo dopo l’altro.
E la sua gente lo acclama. Nel giro di pochi mesi, il suo sito esplode di contatti, le folle impazziscono. Una schiera di editori pentiti annusa l’affare, uno di loro si fa avanti, accende la miccia.
In pochi mesi, il romanzo deflagra. Migliaia di copie, traduzioni in 15 lingue. Il progetto prende finalmente corpo, così come Dmitry se l’era immaginato.
METRO 2033 corre a mille all’ora, ma non basta.
Glukhovsky vuole andare più a fondo, approfondire i personaggi, scavare tunnel nella psiche dei suoi character. Altre notti insonni al PC, un altro milione di battute et voilà: METRO 2034, il seguito, è realtà.
Questa volta è successo vero: 300.000 copie.
METRO 2034 è il libro russo più venduto del 2009.
Adesso si fa sul serio. Dmitry dà sostanza al sogno, espande i confini transmediali della sua creatura. Il comparto grafico viene affidato ai pennelli di Anton Gretchko, che dà vita alle visioni rugginose, oscure e sanguinanti del trentenne russo.
Mutanti, Tetri, Stalker e semplici sudici guerrieri delle gallerie prendono forma nell’ombra. Vedono la luce per la prima volta.
Poi, ancora, i suoni. La colonna sonora del libro viene commissionata a Dolphin, performer elettronico di gran classe.
Siamo alle soglie del 2010 quando la software house THQ si fa avanti con un’offerta che chiude il cerchio: METRO 2033 diventerà un videogame. Un FPS con gli attributi.
In mezza Europa è esploso un fenomeno e io, ancora, non ho letto una sola riga.
Cazzo…
L’estate, là fuori, mi manda a fuoco.
Sono bloccato in città e le librerie sono sguarnite. Chiuse per ferie.
Niente carta di credito, niente prepagata, zero acquisti internet.
Fa caldo. Dormo sogni appiccicosi e sogno la metro di Mosca.
È proprio allora che accade il miracolo.
Nella casella di posta, una mail dell’Ufficio Stampa Multiplayer.it:
Sul sito www.metro2033.it è finalmente consultabile il testo integrale di METRO 2033.
Strizzo gli occhi, non ci credo.
Eppure…
Opporca…!
Mi fiondo alla tastiera, occhi fissi sullo schermo.
Dio benedica il copyleft.
Atto terzo
Agosto 2010.
Scivolo, sempre più a fondo. Dopo le prime pagine sono già là sotto, nelle gallerie della Metro.
Mosca è esplosa, è esploso il resto del mondo. All’inizio del XXI secolo, le peggiori paure degli anni Ottanta si sono avverate. Le atomiche hanno fatto tabula rasa.
Non c’è più niente lassù, per la razza umana. I superstiti all’olocausto nucleare si sono rintanati nella metropolitana della capitale, hanno rifondato il mondo con quello che avevano.
Le stazioni della metro hanno smesso di essere luoghi di attesa per trasformarsi in vere e proprie città. I reduci hanno riconvertito banchine e gallerie in strade e abitazioni. La gente vive in tende da campo e si nutre di funghi, pollame e maiali. È il capitolo più oscuro della storia dell’uomo: la luce del giorno è bandita, il mondo esterno è violentato dalle radiazioni.
Seguo passo passo le avventure di Artyom, ventenne cresciuto al buio, nella stazione di VDNkh.
Mi accorgo che METRO 2033 è soprattutto un romanzo di formazione, un viaggio verso le profondità della terra, una disperata cavalcata verso il centro nevralgico della città. Artyom diventa uomo una stazione dopo l’altra, sbatte contro le contraddizioni di un protosistema paranoide: lo spettro del regime comunista è risorto dalle proprie ceneri e ha armato la mano dei soldati della Linea Rossa, a imperituro presidio dell’arteria che taglia in due la metro.
Intorno alla Linea Rossa, in tutto l’anello che abbraccia il centro della rete di gallerie, la fa da padrona la Lega Hanseatica, ultimo baluardo di civiltà di fronte a un mondo morente. In mezzo alle due fazioni sguazzano folli (i post-ariani del Quarto Reich, che conducono una folle crociata razzista contro i caucasici dai capelli neri), mitomani, selvaggi, spettri psichici e chimici, avidi mercanti e disperati pronti a vendersi il figliolo per un paio di cartucce di AK-47 (nel mondo sotterraneo di Glukhovsky non c’è più traccia dell’euro. Le munizioni per Kalashnikov sono l’unica moneta accettata).
All’inizio e alla fine della strada ci sono i Tetri, pericolosi mutanti metafisici che premono alle porte della VDNkh, minacciando di invadere il mondo sotterraneo e fare piazza pulita dei cari vecchi bipedi in carne e ossa.
La prosa è da brivido. Impiego pochi giorni a sbafare interi, sconfinati capitoli. Scrivo all’ufficio stampa di Multplayer.it e mi faccio finalmente mandare una copia cartacea. Manuela, l’addetta stampa, è così gentile da spedirmi il pacco prima di andare in ferie.
Pagina dopo pagina, il caldo della città infuocata svanisce, vengo risucchiato dalla prosa di Dmitry in un sotterraneo umido e freddo. Leggo forsennato, ripenso alle immagini di Gretchko, ho incubi terribili.
La cavalcata è lunga (779 pagine) ma per nulla faticosa. Quando arrivo in fondo, non vedo l’ora di ricominciare.
Epilogo
02 settembre 2010.
Sono alla tastiera. Getto parole sul monitor, cerco un’idea per un capitolo ambientato tanto tanto tempo fa.
Giro a vuoto, bevo acqua sgasata.
Il suono della citofono. Assordante.
La voce del ragazzo di là dall’apparecchio: “Corriere”.
L’accento magrebino.
Scendo le scale, saluto, firmo, acchiappo la busta.
Sul dorso, il mittente a chiare lettere: Multiplayer.it
Un brivido. Fuori ci saranno trenta gradi.
Soppeso il pacco: leggerino.
Straccio la carta, la plastica.
Un dvd: METRO 2033 — GAMES FOR WINDOWS.
Cazzo…
Salvo il capitolo malmesso.
Collego il controller, abbasso la tapparella.
L’installazione richiede un po’ di pazienza.
Ma prima di cena sono di nuovo là sotto.
Quattro proiettili nel caricatore della “Bastarda”, dieci mutanti incollati al culo e una disperata voglia di portare a casa la pelle…