di Alessandra Daniele
Parecchi episodi della serie originale di Star Trek condividono lo stesso plot di base: un arrogante antagonista – alieno, mutante, computer – approfitta del suo potere per farsi credere dio. Kirk e soci lo smascherano, liberando i suoi seguaci. Nonostante le connotazioni colonialiste, questo plot esprimeva, seppure in modo semplicistico, anche l’anima eretica e iconoclasta della fantascienza dalla quale sono nati capolavori come L’alba delle Tenebre (“Gather, Darkness”) di Fritz Leiber, Perché sono un dio geloso (“For I Am a Jealous People”) di Lester Del Rey, La fede dei nostri padri (“Faith Of Our Fathers”) di Philip K. Dick.
Star Trek, pur con tutti i suoi limiti, in quegli anni riusciva così a portare in TV un’eco di quella rivolta anti autoritaria.
Oggi, la tendenza dominante è quella opposta.
La disastrosa virata religiosa di Lost e Battlestar Galactica è infatti parte d’una degenerazione che da anni riguarda gran parte della sf televisiva e cinematografica. Una deriva non genericamente metafisica o ”mistica”, ma biblica, confessionale, che ricalca la mitologia cristianoide più conformista anche quando finge di non farlo, e che più spesso lo fa esplicitamente, da Signs, a Io sono Leggenda, da Segnali dal futuro (“Knowing”) a Codice Genesi (”The Book of Eli”).
Una particolare attitudine della sf ad affrontare tematiche metafisiche, con le relative implicazioni filosofiche e sociologiche, è ovviamente sempre esistita, e alcuni autori nel corso degli anni ne hanno esplorato narrativamente tutto lo spettro interpretativo, come il Philip José Farmer di Notte di luce (”Night of Light”) e Cristo marziano (“Jesus on Mars”), o il Philip K. Dick di Le tre stimmate di Palmer Eldritch (“The Three Stigmata of Palmer Eldritch”) e VALIS. Varie forme di misticismo e religione hanno inoltre spesso un ruolo fondamentale nelle più intricate saghe galattiche, come il ciclo di Hyperion di Dan Simmons, e quello di Dunes, di Frank Herbert (padre) Brian Herbert (figlio) e Kevin J. Anderson.
Rispetto a questo variegato filone però, nell’attuale tendenza c’è un’essenziale allarmante differenza: l’intervento del più letterale dei Deus Ex Machina viene imposto in modo acritico, e adoperato per annullare le contraddizioni della trama, dissolverne l’eventuale complessità, ridicolizzarne gli elementi scientifici o anche semplicemente razionali, e ricondurre tutto l’universo nel recinto della più convenzionale e schematica cosmogonia cristianoide. Si pretende che gli spettatori accettino questa normalizzazione per fede, e non osino più farsi domande, né tantomeno discutere l’autorità da cui proviene. Tutto questo è peggio che cattiva sf, è la negazione stessa della sf, che esiste innanzitutto per mettere in questione l’esistente.
Più che l’esplicito tentativo di indottrinamento, la prima intenzione di certi espedienti è spesso quella di sopperire malamente alla mancanza di originalità, coraggio, e coerenza narrativa, ricorrendo a un rozzo ipse dixit, che il pubblico dovrebbe sentirsi obbligato ad apprezzare in nome d’un presunto primato ”spirituale” della credulità sulla logica, dell’obbedienza cieca sull’indipendenza di giudizio.
Il messaggio che ne deriva è comunque decerebrante, quanto gradito agli sponsor economici e/o politici dell’operazione. Sempre più soddisfatti a ogni mappa stellare che finisce trasformata nella carta del presepe.
La vignetta è di Davide La Rosa