di Fabrizio Demontis
L’impiegata delle poste torna dopo qualche minuto con un pacchetto. La classica scatola blu componibile che vendono in certi uffici postali. C’è disegnato un fiocco. So già cosa c’è dentro, naturalmente: un puzzle di legno che avevo spedito diversi mesi fa per Lorenzo che compiva due anni. Ho sbagliato qualcosa nell’indirizzo, oppure semplicemente nessuno ha potuto ricevere il pacco perché da troppi mesi ormai Lorenzo e i suoi genitori sono in carcere all’Asinara. Mi rendo conto, mentre torno a casa col pacco che salta da una parte all’altra del sedile del passeggero, che sono passati tre mesi dall’incontro coi cassintegrati della Vinyls di cui Carmilla ha parlato qui. Le occupazioni dell’isola e della torre aragonese continuano, talvolta gli operai fanno irruzione sui media generalisti: tute blu, caschi, magliette dove abitualmente si inquadrano costumi da bagno e vip. Di seguito una breve e personalissima scelta di iniziative portate avanti dagli operai in lotta, e un’intervista.
Porto Cervo
Ai ricchi seduti in piazzetta deve essere sembrato un carnevale fuori stagione: operai che piantano croci bianche per terra e attirano l’attenzione, quasi scusandosi, all’ora dell’aperitivo. Tute blu al posto dei costumi tradizionali, e un fantoccio con scritto ENI a sostituire quello tradizionale di Re Giorgio da bruciare a fine corteo. Nessun bambino in attesa del lancio di frittelle, solo agenti in tenuta antisommossa, non meno fuori contesto dei manifestanti. Il pupazzo si è salvato dalle fiamme, ma non dall’impiccagione. Appeso a un albero a pochi metri da registratori di cassa impazziti, dondola per un po’. Il due luglio è tempo di vacanze, e la Sardegna è già quella terra “che stupisce il visitatore per i suoi contrasti naturali, luci e colori di un paese di antichissime tradizioni, immerso in una natura selvaggia e incontaminata…” e dove “l’uomo, infatti, è in certe zone quasi una rara presenza” [dal sito Italia.it]. Poco importa se molti sardi sono senza lavoro, se i contratti interinali ad agosto spesso non sono rinnovati, se fare la stagione in nero è l’unica speranza di mettere qualcosa da parte, e l’emigrazione è il fantasma di ogni conversazione. La Sardegna diventa, nelle cronache e nell’immaginario, quei pochi chilometri di costa dove i potenti italiani e non vanno a passare qualche giorno tra un affare e l’altro. Un resoconto dell’impresa si trova qui.
Operai fucilati in piazza
Non si tratta di una proposta del governo per risolvere il problema dell’occupazione, anche se il dubbio resta. Il progetto di flash mob si realizza un mercoledì sera, il 21 luglio in Piazza Italia, il salotto buono di Sassari, nell’ora in cui si finisce di lavorare e si fa un giro per incontrare qualcuno e mangiare un gelato. L’idea è degli artisti Salvatore Scalora e Gigi Musa. Alle diciannove in punto, due individui in abito scuro sparano coi loro mitra agli operai. Tra i corpi stesi per terra cammina un suonatore di sassofono, passeggia nel silenzio innaturale della piazza in mezzo ai cadaveri. Il video “Operazione Goya 2010” si trova qui.
Linea notte
Pietro Marongiu è uno dei leader della protesta. Durante la puntata del cinque agosto del programma di approfondimento di Rai Tre, ha tenuto testa all’esponente del PDL Giorgio C. Stracquadanio che, mandato a provocare, è stato messo davanti alla cruda realtà: se non si è informati sui fatti, molto meglio tacere. Il marchio di fabbrica di Pietro è quel “buonuomo” rivolto all’interlocutore che gli manchi di rispetto. Se l’era sentito appioppare anche Alessandro Sallusti, vicedirettore de “il Giornale”, dopo aver suggerito ai cassintegrati, invece di perdere tempo a protestare, di mettere le loro cose dentro una valigia di cartone ed emigrare a cercare lavoro.
“Quando sono arrabbiato con qualcuno e sto per insultarlo, gli dico esattamente il contrario di quel che penso di lui. E credetemi, funziona”. Questo lo disse una sera durante una cena, gli altri operai sorridevano, gli estranei ci pensarono su un attimo e poi gli diedero ragione. Il video tratto da linea notte è rintracciabile qui, oppure su YouTube come molti altri tratti dalle trasmissioni che hanno ospitato gli operai.
Libri, domande e risposte
Dall’occupazione dell’Asinara per il momento sono usciti anche due libri. Il primo in ordine cronologico è quello di Tino Tellini: L’isola dei cassintegrati, Aliberti Editore. Racconta l’origine della vertenza e le varie fasi dell’occupazione, e si conclude proprio in concomitanza col pezzo già uscito su Carmilla. Il secondo libro è quello di Silvia Sanna, maestra disoccupata grazie alla politica ministeriale, che sull’isola ha trovato la forza di non arrendersi: 100 giorni sull’isola dei cassintegrati, Edizioni Maestrale, è in realtà un racconto corale in cui la voce dell’autrice molto spesso scompare e a parlare sono gli operai. Pochi giorni dopo l’uscita in libreria, Silvia Sanna ha accettato di essere intervistata: una buona occasione per porre all’autrice le domande che lei stessa ha posto agli operai nell’ultima parte del suo libro.
Come hai saputo della crisi della Vinyls?
Indirettamente dai media e direttamente da Andrea Spanu, uno dei cassintegrati che tramite Facebook ci aggiornava in tempo reale sulla lenta agonia della Vinyls. Credo che sia impossibile non aver mai sentito parlare della vicenda, tramite i media regionali e nazionali. Mi stupisce, infatti, che il ministro Tremonti abbia dichiarato, in una puntata di “Annozero”, di non conoscere la “questione Vinyls”. Il ministro dell’economia e delle finanze: incredibile. Tra l’altro, lui non abita molto distante da uno degli stabilimenti Vinyls, quindi se non come politico, almeno come cittadino, la notizia gli sarebbe dovuta arrivare.
Perché hai deciso di partecipare attivamente alla protesta incarcerandoti con gli altri?
L’ho sentito come un dovere morale: da semplice cittadina dotata di senso civico e sensibilità e da ex maestra precaria, ormai disoccupata fissa. Siamo nella stessa barca che sta affondando: questa barca si chiama Italia. Ora vivo nella cella numero 4 e faccio parte della grande famiglia cassintegrata. Lotto pacificamente per l’articolo 1 della costituzione, più volte calpestato, nel loro caso e nel caso dei miei colleghi insegnanti precari. Io ho 29 anni e posso trovare (non senza difficoltà) un’alternativa: ma su quest’isola ci sono operai di 57 anni che hanno lavorato sempre in fabbrica ed è già difficile ricollocare i giovani, figuriamoci i più grandi. Ecco: io, nella sfortuna, mi sento quasi fortunata e non me la sento di lasciarli soli. Per quanto possa servire, hanno il mio completo sostegno. Potrebbero essere e in un certo senso lo sono diventati, i miei padri, i miei fratelli.
In Sardegna ci sono numerose vertenze aperte, esiste una connessione tra le varie lotte?
L’Asinara è, sì, l’isola dei cassintegrati, ma anche di tutti gli altri non-lavoratori: qua sono passati i minatori di Furtei, gli operai dell’Alcoa, i piloti Alitalia, i cassintegrati dei call center, gli insegnanti precari, gli autoferrotranvieri precari, i disoccupati, i “cervelli in fuga” e tanti altri. Molti, moltissimi, erano sardi. Le connessioni tra le varie lotte in Sardegna sono senz’altro l’orgoglio e la caparbietà di questo popolo, che finalmente sta sollevando la testa. Non credo potrebbe fare altrimenti: siamo stati maltrattati per troppo tempo, è ora dei reagire.
Quando hai perso il lavoro, e pensando alla situazione della scuola, come ti senti?
In teoria, in questo momento, sarei la persona meno adatta a incoraggiare questi operai, perché io per prima mi sono arresa: non credo che riprenderò mai più il mio posto dietro la cattedra, non con questo governo, perlomeno. Non è pessimismo, ma realismo. Mi sento come un’imbarcazione allo sbaraglio, in un mare in tempesta. Ho perso la bussola, i punti di riferimento, la bellezza di trasmettere ciò che ho imparato, l’emozione di sentirmi chiamare “maestra”, la gioia che solo il sorriso di un bambino può dare. Mi sento orfana dei miei alunni e allo stesso tempo, so che anche loro si sentono abbandonati. Quando li incontro per strada mi chiedono: “perché te ne sei andata?”, come se la decisione fosse mia e non della politica scellerata del ministro della Pubblica Distruzione. Questo fa ancora più male della disoccupazione, della dipendenza economica, delle giornate passate in attesa di una supplenza che non arriva mai. Una maestra è maestra una volta e per sempre: mi dovrò accontentare di abbracciare i miei bambini durante la ricreazione, davanti alla loro nuova maestra. precaria, ovviamente.
Come ti vedi tra vent’anni?
Forse a occupare pacificamente Saturno con un gruppo di astronauti in cassa integrazione? Spero di no. Ho una risposta che mi fa rabbrividire: non mi vedo, tra vent’anni. Fortunatamente ho varie passioni, vari interessi, varie opportunità potenzialmente appetibili. Ma il mio futuro lo vedevo all’interno di un’aula scolastica, con i miei bambini, solo lì. Era il mio sogno da quando avevo sei anni. E’ spaventoso pensare che studio da ben 23 anni, ho fatto il liceo sociopsicopedagogico, sono laureata in Lettere eppure… sono così. Disoccupata e ora, chiusa in un carcere con l’unica colpa di non aver fatto un’università privata ma un’università pubblica e di non essere figlia di un governatore e quindi, di non avere una laurea immediatamente spendibile.
Quale indicheresti come frase simbolo della protesta?
Ne ho due, la prima è di Che Guevara ed è il motto dell’isola dei cassintegrati: “chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”. L’altra è un insegnamento di un mio maestro di vita, professore di letteratura italiana dell’università: “fare le cose per e mai contro”. E’ quello che accade qua all’Asinara: si lotta in modo pacifico e costruttivo, mai distruttivo. È questa, la vera forza di questa lotta. Gli operai, almeno in questo, hanno già vinto. Ora aspettiamo di vincere anche la lotta per un diritto sacrosanto, che sarebbe anche banale ricordare, se l’Italia fosse un paese normale: il diritto al lavoro.
[Dedicato a Lorenzo Spanu, che ha compiuto due anni in una cella del carcere dell’Asinara, e alla famiglia che ha trovato sull’isola: zii, fratelli, nonni in lotta anche per lui.]