di Mister Tony e Danilo Arona
Caro Danilo, d’accordo con te, mi sono interrotto sul più bello (crf. Egyptian Connection). Ma giusto il tempo di riordinare le idee e ripartire. Però, stavolta, per evitare di scivolare nella metafisica più pura. Così, in nome dell’obiettività, voglio “frenare” un attimo, e proporre a te e a chi ti legge una breve analisi sulle tre opinioni generali che esistono sulla natura delle intromissioni “spirituali” nelle vite di singoli e agenzie (governi e organizzazioni, cfr. Sumerian Connection…) e proporti altrettanti esempi concreti.
Posizione 1: Tutte balle! Al mondo esistono matti, allucinati, squilibrati, violenti, sadici, maniaci, paranoici e schizofrenici. Poi ci sono uomini veramente malvagi. che danno vita a organizzazioni altrettanto malvagie. Tutto squisitamente e totalmente umano: è la nostra natura.
Posizione 2: Esistono entità spirituali, e a volte influiscono su individui e organizzazioni, seguendo certi parametri. Tali entità sono tutte maligne, così qualsiasi azione che ispirano. Tendenze in grado di influenzare, percorsi che avallano e che hanno come unico scopo quello di fare del male in modo diretto o indiretto a persone senzienti e ad altri esseri viventi. Lo scopo finale è la distruzione della vita, possibilmente nel modo più doloroso possibile. Quindi è meglio starne lontani mille miglia, e proteggersi.
Posizione 3: Ci sono certo entità spirituali, ma la loro interferenza con il mondo materiale non è dettata da scopi o mete precise. Semplicemente il loro modo di agire è diverso, non legato a logiche umane, e quindi difficilmente decifrabile. A volte causano danni agli esseri fisici, ma non necessariamente in modo intenzionale. Interessanti da studiare.
Come possiamo saperne, capirne? Possiamo usufruire di un metodo scientifico, o qualcosa di simile, che con prove, indizi e quant’altro possa fare luce sull’argomento? Suggerimenti a casaccio: vagliare le esperienze vissute (in prima persona), le testimonianze (dirette, non di seconda mano), selezionando attentamente il tutto, è un modo di indagare razionale e logico;
scrutinare la memoria collettiva dell’uomo (testi sacri, leggende) che è un’altra fonte di informazioni preziose; incrociare le due linee di indagine di cui sopra, e il trarne deduzioni logiche potrebbe portarci a conclusioni che si avvicinano molto alla verità, o per lo meno a parte di essa.
Ma torniamo ad analizzare fatti e, appunto, testimonianze. Ti parlavo qualche settimana fa del modo in cui certe entità spirituali possano riuscire a “influire” sulle persone. Abbiamo argomentato sulle “menti deboli”. Ma che dire della predisposizione?
M. A. settantenne, siciliano, una vaga somiglianza con Anthony Quinn di Zorba, il greco. La sua è una storia interessante ed emblematica: nel villaggio dov’è nato operava un potente e temuto “stregone”. Alla nascita, M. viene “scelto” dallo “stregone” come suo erede e depositario di potere. Così si avvia ad avere la possibilità di gestire magia nera, bianca e rossa, a essere temuto e rispettato. Ma succede qualcosa, qualcosa di non previsto. M. si ribella, avverte qualcosa di intrinsecamente malvagio nei poteri che è destinato a gestire e nelle entità da cui è stato scelto. E con un percorso che qualcuno potrebbe definire di “redenzione”, si libera da tali influenze e rinuncia ai poteri, apparentemente con successo. Ma da parte di queste entità riceve un messaggio chiaro: “Ok, ti lasciamo perdere. Ma gira alla larga! Non darci fastidio! Non provare neanche a disturbare altri con cui trattiamo, se no la paghi.”
E così è: se M. viene interpellato per aiutare persone con problemi di sospetta natura spiritica (e capita di sovente, visto che il nostro è persona autorevole e rispettata nella comunità), e lui si lascia coinvolgere, immediatamente dopo finisce in ospedale con malesseri inspiegabili, addirittura in punto di morte, a volte con malesseri che poi si risolvono tra lo sconcerto del personale medico.
Predisposto?
E., ghanese di mezza età, mi racconta la sua storia. Sua madre all’apparenza era sterile, e dato che desiderava ardentemente un figlio, si rivolge a un potente “witch doctor” della zona. Il quale, dopo i rituali del caso, le disse di recarsi presso uno specifico corso d’acqua, abitato da entità spirituali e di immergersi a una certa ora; quindi di tornare a casa e aspettare. La donna si comportò da istruzioni e, nel giro di qualche settimana, si rese conto di essere incinta. Allora il “witch doctor” le anticipò che il bambino sarebbe stato un “mamy water”, un figlio dello spirito del fiume che sarebbe divenuto suo erede e depositario del potere (solita storia). Così accadde. Ma il giovane E. nel tempo si ribella, e dopo aver lottato a lungo per affrancarsi da tale influenza di natura spirituale, si trasferisce in Europa dove lo attende una vita strana e piena di problemi. Ogni volta che riesce a sistemarsi alla meno peggio, qualcosa lo fa tornare in Ghana per brevi periodi e nonostante le esperienze precedenti è quasi costretto a tornare a interpellare il “witch doctor”. Tutte le volte la sua vita va in pezzi: si ammala, perde il lavoro, si spezza gambe, si trova coinvolto in reati vari senza volerlo. ma non può fare a meno di tornare in patria.
Segnato?
R. era una felice moglie veneta, madre di tre figli. Improvvisamente il marito si ammala. Mesi di consulti medici non portano ad alcun risultato. Come ultima risorsa, R. si rivolge a una fattucchiera che rilascia il seguente responso: “Tuo marito è vittima di una ‘fattura a morte’ da parte di sua madre… apri il suo cuscino stanotte e guarda cosa trovi.” R. si attiene alle istruzioni e trova dentro il cuscino una piccola cassa da morto e una ghirlanda intessute nelle piume. Brucia tutto, ma è troppo tardi. Da lì a poco il marito muore. Lei nel frattempo partorisce il quarto figlio. Il bambino appena nato comincia a manifestare gli stessi sintomi del padre. R. è terrorizzata. poi si rende conto che il bimbo peggiora quando indossa un paio di calzoncini di maglia fatti dalla suocera. Glieli toglie e li brucia. Istantaneamente il bimbo sta meglio. Quella notte stessa la suocera viene ricoverata in ospedale con ustioni gravissime nella zona inguinale. Da allora R. ha cresciuto i quattro figli senza ulteriori problemi, ma la vecchia in quel paesino se la ricordano ancora tutti. Ogni notte per mesi si aggirò per il paese urlando come un lupo, finché non la ritrovarono morta una mattina in un vicolo.
Effetto boomerang?
Queste non sono storielle. Sono fatti vissuti da me in prima persona e testimonianze raccolte direttamente. Non percepiamo forse un “male” di fondo che pervade questi contatti con entità ultraterrene? Possiamo ipotizzare un metodica di protezione?
Ma prima di tutto, che relazione intercorre tra corsi d’acqua e presenze spirituali?
Sono sicuro che tu ne sai molto in proposito…
Caro Mister Tony, dovendoti la risposta — ma gli episodi da te narrati, quasi svisate sull’archetipo, non necessitano di un mio commento… -, vorrei farlo in modo indiretto. Quindi parlerò proprio dell’acqua che scorre, da te opportunamente menzionata a proposito del mamy water, in relazione a luoghi (città, paesi o semplici località) dove il senso del magico e gli eventi di frontiera sono di casa. Pensiamo allora a Torino, bagnata in sincrono dal Po e dalla Dora; Pavia, la stessa Roma capitale, Palermo, Lione, Selinunte e quante altre ancora, per arrivare a quella che conosco meglio per motivi anagrafici, Alessandria- Bassavilla. Sono Zone (Zero?) dove l’occulto e gli eventi desueti autentici vengono custoditi gelosamente in certi armadi, giusto quel che basta di tanto in tanto per le città più famose e frequentate a soddisfare un fisiologico appetito mediatico. Sono luoghi segnati da un simbolismo magico così evidente e così tante volte raccontato che non è il caso che mi dilunghi.
Però vorrei citare della nostra Liguria due borghi che grondano magia e “segreti” e dove quelle che tu chiami “presenze spirituali” (a me, per personale forma mentis, concedi un più laico distacco…) hanno trovato casa da secoli: parlo di Molini di Triora e della sovrastante Triora, in valle Argentina sopra Sanremo, attraversate dal torrente fresco e impetuoso che regala il suo nome alla valle. Qui, come saprai, la cultura stregonesca “al femminile” ne ha fatto capitali di un sommesso turismo esoterico che negli ultimi anni ha visto accrescersi le iniziative tra convegni, narrativa “triorasca” e festival in tema (quello di Autunno Nero, per citarne uno). Ovvio che sul termine “strega”, qui chiamata “bàgiua”, bisogna intendersi. E’ noto che lo starter del tutto è l’antica vicenda persecutoria contro le presunte ancelle del Diavolo che in realtà qui durò solo due anni, dal 1587 al 1589. Però il computo delle vittime non fu basso: quando le accusate ancora in vita attendevano una risposta da Roma, si contavano nove donne morte nei tormenti e nelle prigioni improvvisate di Badalucco e Triora e cinque nelle carceri genovesi, su trentatré processate.
Delle truci vicende di quell’epoca è rimasta ancora oggi nella memoria collettiva delle donne di Molini e di Triora una integra eredità culturale fatta di conoscenze delle virtù terapeutiche delle piante medicinali, utilizzate spesso e volentieri come ingredienti per squisite leccornie. Sono queste le streghe contemporanee della valle: guaritrici, erboriste, ma con poteri in più (uno per tutti, la possibilità di separare il corpo astrale dalla sua fisica prigione) che le avvicinano agli sciamani e ai curanderos dell’America Latina. E alle — o ai… – mamy water del Ghana.
Alla Cabotina, alla fine degli affascinanti vicoli di Triora, ritenuta nel XVI° secolo il luogo d’incontro delle seguaci di Satana, si respira ancora un po’ dell’aria leggendaria e vagamente blasfema del “volo delle streghe”. Da qui si diceva, infatti, che le donne si librassero nottetempo nell’aria per raggiungere il versante opposto della valle, oppure che lanciassero le loro tenere vittime (in genere pargoli rapiti con l’inganno) giù nell’abisso, sghignazzando turpemente alle grida degli innocenti. Per un curioso caso d’assonanza quasi sincronica, poco lontano da Triora, al Ponte di Loreto, ponte sospeso tra i più alti d’Europa, si pratica il Bungee Jumping, lo spericolato e rabbrividente salto con l’elastico nel vuoto. Sarà un caso, ma qualcuno ha dichiarato di avere visto durante la lunga caduta lo svolazzare di forme strane a pochi metri dal proprio corpo. Sarà un altro caso, ma qui ci si viene troppo spesso per suicidarsi… Ebbene, qui l’acqua domina, mister Tony. L’Argentina corre e “chiama”. L’onda energetica è enorme, te lo assicuro. Non c’è stata volta che io mi sia recato a Triora che non abbia avvertito le viscere contrarmi semplicemente per avere soggiornato in un albergo sotto il quale scorre l’acqua del torrente. I “punti” di riunione delle “bàgiue” lungo il corso torrentizio sono innumerevoli. Come molte sono state, e sono, le apparizioni di entità “acquatiche” in tutta la valle. Persino fantasmi, o quelli che si dicono tali, di persone annegate.
Al proposito, voglio citare brevemente un’esperienza dell’amico Gian Maria Panizza, da lui riportata in forma narrativa nel libro Le tre bocche del Drago. Leggi bene:
“A un certo punto una discesa, una radura fra gli alberi soffocati dall’edera e dalla vitalba, e nel silenzio lo scrosciare del torrente, sempre più vicino. Il sentiero valicava un piccolo ponte medievale, poi si perdeva dopo pochi metri in un viluppo inestricabile di rovi. Accanto al ponte si poteva scendere, fra alcuni enormi massi, verso l’acqua: mi calai giù scivolando e sbucciandomi i palmi delle mani, e all’improvviso mi trovai davanti un laghetto circolare, di un verde intenso, sepolto fra la vegetazione e le ripide pareti di roccia. Il sole spuntò da una nuvola, un soffio di vento fece rabbrividire la superficie dell’acqua e io decisi all’improvviso che avrei fatto il bagno, asciugandomi sopra una roccia. Non avevo portato il costume, ma non c’era anima viva intorno, pensai, non correvo certo il rischio di dare scandalo. Così mi spogliai e mi buttai nell’acqua. Fu come ricevere una pugnalata nel petto. L’acqua non era fredda: si trattava di puro ghiaccio, e in un istante di assoluto terrore un pensiero mi lampeggiò nel cervello: non ce la faccio ad arrivare dall’altra parte, l’acqua scura mi tira giù, resterò sul fondo e nessuno mi troverà mai, ma mi stavo già arrampicando, intirizzito, sulla grande roccia dall’altra parte, dove restai disteso a lungo, battendo i denti in pieno sole, il cuore che mi saltava in gola, i muscoli delle gambe irrigiditi in crampi dolorosi.
Dopo un po’ cominciai a sentirmi meglio. Osservavo, disteso sulla pietra calda, il volo capriccioso di due libellule blu che s’inseguivano a fior d’acqua, e sullo sfondo la massa di vegetazione che strapiombava nel lago. Qualcosa di chiaro spiccava sul verde. Si muoveva. Mi tirai su a sedere. Accidenti, pensai, ecco, arriva qualcuno, sono nudo e i vestiti sono dall’altra parte dell’acqua…
Era un ragazzo, forse di quindici o sedici anni, che scendeva giù lungo il sentiero. Arrivato sul ponte, si fermò a contemplarmi, appoggiato al parapetto, poi alzò un braccio indicando il cielo, e mi gridò Tra un po’ piove!
Guardai lo squarcio di cielo perfettamente blu a picco sulle pareti di roccia che mi circondavano e pensai: Ecco lo scemo del villaggio. Ma quale pioggia?
Adesso lo vedevo in piedi sulla riva. Da dove era sceso così in fretta? Portava un paio di brache di panno scuro, tutte impolverate, e una camicia un po’ frusta macchiata di scuro — sembrava terra, fango – ed era a piedi nudi. E mi fissava. Mi alzai e mi guardai attorno, cercando una via per tornare al ponte. Non avevo nessuna intenzione di ributtarmi in quell’acqua buia, gelata e profonda. Di là! gridò il ragazzo, indicando un masso tutto venato di rosso scuro.
In effetti, facendo un giro tortuoso riuscii a riguadagnare i miei vestiti, m’infilai le scarpe, presi lo zaino e risalii sul ponte. Come ti chiami?, chiesi al silenzioso osservatore. Invece di rispondermi, mi voltò le spalle e si avviò lungo il sentiero. Lo seguii: era comunque ora di tornare, doveva essere già quasi mezzogiorno. Tentai ancora: Sei di Triora?, e stavolta rispose, girandosi a guardarmi senza fermarsi. Io sono sempre qui.
Facevo fatica a seguirlo. Guardavo stupito i suoi piedi scalzi, bianchi, certo non da montanaro o da contadino, meravigliandomi che non presentassero né calli né graffi. Andava leggero e veloce: sembrava che non toccasse terra. Fatto sta, che ci crediate o no, a metà del cammino il sole scomparve, prese a soffiare un vento freddo e minacciose nubi nere si ammassarono nel cielo. In vista di Triora scoppiò un tuono formidabile, che rimbombò echeggiando nella vallata, e caddero le prime, grosse gocce di pioggia. Arrivai all’albergo tutto fradicio.
Mentre correvo sotto la pioggia battente, d’un tratto mi accorsi che il ragazzo non mi precedeva più: l’avevo perso di vista, magari abitava in una delle prime case del paese. Sostai sotto un grande tiglio e mi voltai a guardare la strada: nessuno. Gli alberi si piegavano sotto le raffiche di vento, la ghiaia luccicava di pozzanghere e rivoli d’acqua.”
Ed ecco la conclusione del racconto che spiega il mistero dell’incontro:
“Mancava ancora qualcosa. Un debito andava pagato: sapevo che avrei dovuto tornare a Triora, e ci ritornai a novembre, quando nella vallata tutti i boschi sono gialli, qua e là si accendono le fiammate scarlatte del sommacco, e sui prati fradici, al mattino, si trovano cerchi di funghi nerastri spuntati durante la notte, che la gente chiama e trumbette di morti.
Un vento gelido soffiava sotto il cielo grigio quando raggiunsi il ponte di Mauta. Dovunque volavano turbinando le foglie secche, e i giunchi erano avvizziti. L’acqua del laghetto posava nera e immobile fra le grevi rocce. Mi sedetti, alzando il bavero della giacca a vento, e pensai a Roberto io sono sempre qui, aveva detto Ma Roberto non c’era, non c’era nessuno, l’acqua giaceva gelida, le foglie cadevano frusciando. Mi alzai per andarmene, per tornare indietro, e fu allora che una ventata scostò l’edera dalle rocce davanti al ponte, sotto gli antichi castagni contorti, e vidi la lapide incastrata nella pietra:
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A ROBERTO MORALDO
DI ANNI 17
DA CADUTA MORTALE
DECEDEVA IL 14. 9. 1927
I GENITORI E PARENTI
INCONSOLABILI
POSERO
Caro Mister Tony, anche questo — come i tuoi — è un episodio vero, una testimonianza raccolta direttamente. E la succitata lapide è lì a testimoniarlo, proprio sotto il ponte di Mauta. L’acqua — Dark Water — ha poteri straordinari, a volte al di là dell’accettabile. Non so se ti ho risposto, ma questa è in ogni caso una delle risposte possibili.