di Alessandra Daniele
Estate, tempo di repliche. Il governo Nano replica la decomposizione del Pentapartito durante Tangentopoli, e Fini replica Veronica, fingendo di scoprire solo adesso con orrore chi sia Papi. Io potrei replicare il titolo “Addio porco”.
Le due destre sono ai materassi, e stavolta non quelli del lettone di Putin, ma i metaforici materassi citati nel Padrino a proposito di guerra tra famiglie rivali. Se è vero che la mafia ha scelto il partito Nano come nuovo referente, oggi si sentirà truffata nel vederlo già a brandelli. Avrebbe dovuto controllare prima le cuciture.
Come le singole cellule de La Cosa però, quei brandelli si stanno già ri-agglomerando per formare una nuova apparenza, per replicare una nuova faccia da indossare. Una nuova faccia come il culo.
Qualche anno fa, la Rai d’estate aveva l’abitudine di replicare, perlopiù nottetempo, varietà italiani degli anni sessanta. Io, che li vedevo per la prima volta, ero colpita dall’atmosfera rarefatta, asettica, quasi aliena, che li contraddistingueva. Gli enormi studi bianchi e semivuoti, gli scarni arredi scenografici in plexiglass, le geometrie optical dei costumi, e dei balletti. La rigorosa assenza praticamente totale di qualsiasi riferimento alla realtà esterna, all’attualità dell’epoca, a parte qualche raggelante freddura sui ”giovani d’oggi”, di un anacronismo siderale. Sembrava che quegli omini perennemente in smoking, e quelle donnine cotonate fossero gli unici, sintetici abitanti di un universo tangente, un’inquietante bolla di semivita in lenta ma percettibile implosione. La simmetria delle gemelle Kessler accentuava l’effetto replicanti. L’eco spettrale degli applausi registrati evocava le gemelle dell’Overlook Hotel.
Eppure l’attuale produzione televisiva nostrana, con tutta la sua sguaiata pretesa di realismo, è persino più lontana dalla realtà della condizione umana di quanto lo fosse il Continuum di Kessler. Con la terribile differenza d’essere invece in costante espansione. Il Continuum di Papi (inteso sia come Enrico, che Silvio) ogni giorno sottrae spazio vitale al mondo reale, fagocitando progressivamente intere categorie di persone per trasformarle in pupazzi da reality, arredi da fiction, tranci surgelati da televendita. La resistenza a questa pandemica necrosi reificante è stata finora perlopiù drammaticamente inefficace. Gli esempi più fallimentari sono venuti da chi s’è illuso di attaccare dall’interno.
Mesi fa, Gad Lerner ha accusato Antonio Ricci d’essere il Goebbels della figa in TV. Ricci ha scritto un discorso, e l’ha messo in bocca alle sue veline (il discorso) facendo loro spiegare quanto la figa in TV fosse adoperata anche prima di Drive In, e come pure Macario avesse la figa (non personalmente) e la sfruttasse nei suoi spettacoli come fa Striscia la Notizia. Ciò che questa ricostruzione, peraltro veritiera, astutamente elude è che l’attuale puttanizzazione dell’immagine femminile non è che un tassello della puttanizzazione – nel senso di mercificazione – dell’intera società. Ciò su cui Lerner volutamente sorvola è che i veri papponi – nel senso di sfruttatori – non sono gli Antonio Ricci, sono i Marchionne.
La necrosi avanza. Se non saremo capaci di trovare in fretta qualcosa che la fermi, di noi umani non resterà che un’eco persa fra le repliche di una notte d’estate.